Nazioni Unite: La giustizia a misura di bambino secondo la Convenzione sui diritti del bambino e il secondo Protocollo opzionale
1. La Convenzione sui diritti del bambino: il diritto alla partecipazione e la giustizia a misura di bambino
L’articolo 12: diritto all’ascolto
La Convenzione sui diritti dell’infanzia delle Nazioni Unite (CRC), adottata nel 1989 ed entrata in vigore l’anno successivo, è considerata una pietra miliare del riconoscimento di bambini e ragazzi come soggetti portatori di diritti e non più attori passivi.
La CRC è un testo esaustivo, in quanto copre tutte le aree tradizionali dei diritti umani: diritti civili, politici, economici, sociali e culturali. Tuttavia, il testo non prevede una distinzione netta delle diverse tipologie di diritti, dando invece risalto alla loro indivisibilità e interconnessione. Data questa scelta operativa, i diritti sanciti sono stati descritti in base alle “3 P”: protection (protezione), provision (previsione di servizi e benefici materiali) e participation (partecipazione).
La partecipazione, così come intesa nella CRC, riguarda il diritto di bambini e ragazzi di esprimere la propria opinione su questioni che li riguardano e di ricevere la debita considerazione di (art.12), assieme agli altri diritti civili come la libertà di espressione e di informazione (art. 13), la libertà di pensiero, coscienza e religione (art. 14), associazione (art. 15) ed il diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 16).
Fondamentale in tema di giustizia a misura di bambino è, in particolare, l’art. 12, il quale stabilisce che:
1. Gli Stati parti garantiscono al bambino capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo riguarda, le opinioni del bambino essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.
2. A tal fine, si darà in particolare al bambino la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale.
Il Comitato sui diritti del bambino, organo convenzionale incaricato di monitorare l’implementazione della Convenzione e relativi Protocolli opzionali, ha identificato l’articolo 12 come uno dei quattro principi generali della Convenzione - assieme al diritto alla non discriminazione, al diritto alla vita e allo sviluppo, alla considerazione primaria del migliore interesse del bambino - il che sta ad indicare che l’articolo non stabilisce solo un diritto di per sè, ma che tale diritto deve essere preso in considerazione nell’interpretazione e attuazione di tutti gli altri diritti.
Al fine di una comprensione effettiva del diritto, risulta utile l’analisi letterale dei termini utilizzati:
1. garantiscono (shall assure): il termine legale utilizzato non lascia margine discrezionale agli Stati, imponendo un rigoroso obbligo.
2. capace di discernimento: gli stati devono presumere che i bambini siano in grado di esprimere la propria opinione e devono valutare la capacità di formarsi un’opinione autonoma nel senso più ampio possibile, senza imporre limiti d’età, rispettando tutte le forme di comunicazione, anche quelle non verbali. Nel caso in cui, per ragioni attinenti alla sua persona (disabilità, problemi psicologici etc.) il minore non può essere effettivamente ascoltato, prevale l’articolo 3, ossia la valutazione della decisione deve basarsi sul principio del miglior interesse del minore.
3. il diritto di esprimere liberamente la sua opinione: il minore deve poter esprimere la sua opinione senza pressioni o manipolazioni, potendo anche scegliere se esercitare o meno questo diritto.
4. su ogni questione che lo riguarda: il minore deve essere ascoltato se la questione in discussione lo riguarda. Al termine “questione” deve essere data la più ampia accezione possibile e ricomprende, perlomeno, tutte le provvisioni della Convenzione.
5. essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità: le opinioni non devono essere solo ascoltate, ma devono essere prese in considerazione seriamente, in base non solo all’età ma anche al grado di maturità, il quale varia da bambino a bambino. Inoltre, deve essere tenuto in conto l’impatto della materia sulla vita del singolo bambino: maggiori sono le conseguenze imminenti e gravi sulla vita del bambino, tanto più l’opinione del minore merita una considerazione maggiore.
6. la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne. Tra le procedure giudiziarie rilevanti occorre ricordare: separazione e divorzio dei genitori e affidamento dei figli, adozione, minori in conflitto con la legge, minori vittime di reato, minori stranieri non accompagnati. Tra le procedure amministrative si includono, per esempio, le decisioni sull’educazione dei minori, la salute, le condizioni di vita e le misure di protezione.
7. sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato: il minore deve poter decidere come intende esprimere la sua opinione, se direttamente o tramite un rappresentante od organo appropriato.
8. in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale: tale provvisione non deve essere interpretata come la possibilità di restringere il godimento di tale diritto, ma bensì gli Stati sono incoraggiati ad attenersi alle regole del giusto processo, come il diritto alla difesa.
Nell’attuare tale diritto, tuttavia, non può venire meno la protezione del suo migliore interesse: tale elemento protettivo deve prevalere e può sia determinare il rifiuto di ascoltare il bambino, sia indurre il decisore a scegliere una soluzione alternativa a quella suggerita dal bambino. Gli stati sono quindi chiamati ad un giusto equilibrio tra partecipazione e protezione.
Gli articoli 37 e 40: l’approccio alla giustizia minorile
Rispetto all’amministrazione della giustizia minorile e i minori autori di reato privati della libertà, disposizioni specifiche sono riportate negli articoli 37 e 40 della Convenzione.
L’articolo 37 riguarda il divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti e protegge quindi i minori di anni 18 da:
- tortura
- trattamenti e punizioni inumane e degradanti
- pena di morte
- l’incarcerazione a vita senza possibilità di rilascio
- privazione della libertà non a norma di legge e arbitraria
Quanto stabilito dall’articolo 37 rientra tra gli obblighi assoluti in capo agli Stati e non riguarda solo i minori in conflitto con la legge, bensì anche situazioni di privazione della libertà in istituzioni totali per malati mentali, persone con disabilità, richiedenti asilo e immigrati.
L’articolo 37 è complementare all’articolo 19, in quanto quest’ultimo protegge bambini e ragazzi da ogni forma di violenza, oltraggio o brutalità fisiche o mentali, abbandono o negligenza, maltrattamenti o sfruttamento, compresa la violenza sessuale, non lasciando quindi spazio a nessuna violenza legalizzata, tanto meno se perpetrata dallo Stato.
L’articolo 40 protegge invece i diritti dei minori che hanno commesso o sono accusati di aver commesso un reato penale. Tale protezione si attua dal momento dell’accusa, passando per l’indagine, l’arresto, l’imputazione, il periodo pre-dibattimentale o antecedente il giudizio, il processo e la sentenza.
L’articolo stabilisce delle garanzie minime che devono essere messe in atto:
- Non retroattività della pena (art. 40.2 (a)),
- Presunzione d’innocenza (art. 40.2 (b) (i),
- Diritto ad essere prontamente informato rispetto alle accuse a suo carico e di beneficiare di assistenza legale in preparazione della propria difesa (art. 40.2 (b) (ii),
- Diritto ad un equo processo davanti ad un’autorità competente, in presenza di un legale rappresentante e tenendo conto del superiore interesse del minore (art. 40.2 (b) (iii) - (v)),
- Presenza di un interprete nel caso in cui il minore non comprenda la lingua usata (art. 40.2 (b) (vi),
- Diritto alla privacy (art. 40.2 (b) (vii).
Il combinato dell’articolo 37 e dell’articolo 40 fa da cornice agli Stati rispetto ad una politica complessiva od organica per la giustizia minorile.
Tale politica complessiva si basa su alcuni principi fondamentali:
- La non discriminazione (art. 2 CRC) specialmente le discriminazioni de facto che possono subire alcuni gruppi di minori (ragazzi di strada, appartenenti ad alcuni gruppi etnici o religiosi, bambine e ragazze, minori già precedentemente condannati, etc), oltre a tenere in considerazione la criminalizzazione di alcuni comportamenti antisociali o discutibili che discendono da problemi psicologici o socio economici (vagabondaggio, fuga da casa etc.)
- Il superiore interesse del minore (art. 3 CRC): i minori differiscono dagli adulti nello sviluppo psicologico e nei bisogni emotivi ed educativi; da questo discende una minore colpevolezza dei minori in conflitto con la legge.
- Il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo (art. 6 CRC): la deprivazione della libertà ha un impatto negativo sull’armonico sviluppo dei minori, perciò deve essere utilizzata come ultima risorsa e per un periodo il più breve possibile.
- Il diritto ad essere ascoltato (art. 12 CRC): il minore deve poter esprimere la sua opinione liberamente prima, durante e dopo il processo penale. Tale diritto è alla base di un equo processo e significa che al minore deve essere assicurata una partecipazione effettiva nel procedimento, deve avere ogni informazione rispetto non solo alle accuse a suo carico ma anche sul sistema della giustizia minorile.
- Il rispetto della dignità (art. 40.1): il minore ha diritto ad un trattamento rispettoso della sua dignità e del suo valore; tale trattamento deve elevare il suo rispetto dei diritti umani altrui, deve tenere in conto della sua età e promuovere il suo reintegro nella società. Il rispetto della dignità ricomprende il divieto di qualsiasi forma di violenza.
Una politica organica per la giustizia minorile deve prendere in considerazione i seguenti elementi centrali: la prevenzione della delinquenza minorile, gli interventi giudiziari ed extragiudiziari, l’età minima per la responsabilità penale e l’età massima per ricadere nella giustizia minorile, le garanzie per un equo processo e la privazione della libertà come misura cautelare antecedente prima e durante il procedimento e la pena detentiva.
2. L’accesso alla giustizia nel secondo protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti del bambino
Nell’articolato del primo protocollo della CRC riguardante il coinvolgimento di bambini nei conflitti armati (2000), non rientra alcuna previsione in termini di accesso alla giustizia per i minori nelle Forze armate, perciò la trattazione passa direttamente al secondo protocollo, riguardante il traffico di bambini, la prostituzione infantile e la pornografia infantile (2000).
L’articolo 8 del secondo protocollo della CRC obbliga gli Stati Parti ad adottare misure appropriate per proteggere i diritti e gli interessi dei bambini vittime delle pratiche proibite dal presente Protocollo durante tutte le fasi del processo di giustizia penale. In tale frangente l’interesse del minore vittima deve essere preminente e, senza pregiudizio per i diritti di difesa e l’equo processo, il sistema giudiziario deve aiutare i minori vittima e/o testimoni:
a) Riconoscendo la loro vulnerabilità e adeguando le procedure al riconoscimento dei loro bisogni particolari;
b) Informando i bambini vittime circa i loro diritti, il loro ruolo e lo scopo, i tempi e lo sviluppo dei processi e delle disposizioni relativi ai loro casi;
c) Consentendo che le opinioni, i bisogni e le preoccupazioni dei bambini vittime siano presentati e presi in considerazione nei processi nei quali sono coinvolti i loro interessi personali;
d) Fornendo appropriati servizi di sostegno ai bambini vittime nel corso del procedimento giudiziario;
e) Proteggendo adeguatamente la privacy e l'identità dei bambini vittime;
f) Provvedendo alla sicurezza dei bambini vittime rispetto a intimidazioni e ritorsioni;
g) Evitando ritardi non necessari nella predisposizione dei casi e nella esecuzione degli ordini o dei decreti che garantiscono compensazione ai bambini vittime.
L’articolo 8 non prevede esplicitamente la depenalizzazione per i minori vittima, per esempio fornendo l’immunità ai minori che si sono prostituiti; tuttavia, il Comitato raccomanda di evitare ogni criminalizzazione o stigmatizzazione nei confronti dei minori vittima.