Pacta sunt servanda, i Trattati devono essere rispettati: Quali? Riflessioni in punto di legalità interna e internazionale
1. La “Giornata” del 3 ottobre 2008 si svolge a Vicenza nell’anno in cui coincidono tre ricorrenze altamente significative nel segno dell’universale: il centenario del Palladio, il 60° della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il 60° anniversario della Costituzione della Repubblica Italiana.
Il Comune di Vicenza è un’entità territoriale che fa parte della Repubblica. La sua autonomia – local self-government – è attributo originario, non derivato (octroyè).
Il principio democratico della sussidiarietà ha il suo polo originario nel Comune. Si parte quindi dai bisogni “vitali” (materiali e spirituali) delle persone umane che vivono nel territorio comunale – bisogni che il legislatore riconosce quali diritti umani o diritti fondamentali o diritti della persona – per articolare e far funzionare il sistema della governance su più livelli (multi-level e supra-national governance).
I diritti fondamentali preesistono alla legge scritta, sono innati, quindi inviolabili e inalienabili, come esplicitamente proclama l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ripresa da tutte le successive Convenzioni giuridiche internazionali sui diritti umani: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Anche l’articolo 2 della Costituzione italiana proclama l’inviolabilità e l’inalienabilità dei diritti della persona.
C’è interconnessione fra diritti fondamentali e autonomia locale.
Le persone, le famiglie, i gruppi vivono la loro vita quotidiana nelle comunità locali, sempre più si concentrano nelle Città. In queste, avvengono le violazioni dei diritti umani, in queste i diritti fondamentali devono essere promossi e realizzati.
Le Istituzioni di governo locale sono le dirette destinatarie delle rivendicazioni dei diritti di cittadinanza.
Sui Local Governments incombe, in via primaria, la “responsabilità di proteggere” – responsibility to protect – i diritti umani (civili, politici, economici, sociali, culturali) di tutti coloro che vivono nei loro territori.
La Dichiarazione delle Nazioni Unite del marzo 1999 sul ‘diritto e la responsabilità di promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali universalmente riconosciuti’ annovera gli ‘organi della società’, dunque anche i Governi Locali, tra i soggetti legittimati ad esercitare questo altissimo compito costituzionale “a livello nazionale e a livello internazionale”.
Le Istituzioni dello Stato hanno l’obbligo di facilitare, anche mediante appropriate iniziative di politica estera, le funzioni dei governi locali nell’esercizio della “responsabilità di proteggere” la vita e la sicurezza delle persone nonchè l’integrità dei loro territori e dei beni artistici e culturali che vi sono insediati.
2. Vige oggi un ‘nuovo’ Diritto internazionale che si radica nella Carta delle Nazioni Unite, nella Dichiarazione Universale e nelle successive Convenzioni giuridiche e che ha come suo fondamento, non la sovranità degli Stati, ma il principio secondo cui “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, inviolabili e inalienabili, costituisce il fondamento della giustizia, della libertà e della pace nel mondo”. È un Diritto che ha recepito principi di etica universale e se ne fa traghettatore, con la forza appunto del vincolo giuridico, nei campi della politica e dell’economia. L’Italia è obbligata a rispettare, ai sensi dell’articolo 10 della Costituzione, i principi di altissima precettività giuridica (Ius cogens) contenuti nella Dichiarazione Universale e in tutte le Convenzioni internazionali in materia da essa ratificate, compresa quella sui diritti dei bambini.
Il vigente Diritto internazionale ha introdotto nell’ordinamento della Comunità “di tutti i membri della famiglia umana” il principio Humana dignitas servanda est (la dignità umana deve essere rispettata, cioè la vita e i diritti che ineriscono alla persona) rendendo funzionali (subordinati) alla sua realizzazione i tradizionali principi del Diritto interstatuale Pacta sunt servanda (i Patti devono essere rispettati) e Consuetudo servanda est (la consuetudine deve essere rispettata). I trattati, perché siano legittimi, devono essere finalizzati ad bonum faciendum.
Il Diritto internazionale vigente proscrive la guerra di qualsiasi natura. La Carta delle Nazioni Unite sancisce il ripudio della guerra, definita quale ‘flagello’, vieta agli Stati di usare la forza tranne che, in via di rigorosa eccezione, per motivi di ‘autotutela’ successiva ad attacco armato, e fa obbligo agli stati di porre l’ONU nella condizione di esercitare i poteri coercitivi, anche usando il militare, ai sensi delle disposizioni del Cap.VII della Carta delle Nazioni Unite. L’art. 20 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ratificato dall’Italia nel 1977 è esplicito al riguardo: “Qualsiasi propaganda a favore della guerra deve essere vietata dalla legge”.
3. La Costituzione italiana è in perfetta consonanza con la Carta delle Nazioni Unite e con il ‘nuovo’ Diritto internazionale che ne è derivato. Articolo 10: “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”, dunque a partire dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Dichiarazione Universale.
Articolo 11: “’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizione di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Pertanto, l’Italia non può consentire insediamenti militari nè tanto meno avallare o partecipare ad operazioni militari che abbiano carattere “offensivo” o che, comunque, non rientrino nelle finalità e nelle modalità definite dalla Carta delle Nazioni Unite: per es., la cosiddetta “guerra preventiva” e quanto (stabilimenti e basi militari, italiani o stranieri) è organizzato in previsione o in funzione di essa, incorre in un perentorio divieto di Ius Cogens universale, oltre che in quello sancito dalla Costituzione nazionale. Contravvenendo a questo divieto, si versa in una condizione che è di flagrante illegalità.
Accordi internazionali che contravvengano ai divieti dello Ius Cogens universale vanno ascritti alla tipologia del Pactum sceleris, come tali, de iure, nulli in radice.
Articolo 80 della Costituzione: “Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazione di leggi”.
Gli accordi internazionali che riguardano stabilimenti o uso del militare hanno un contenuto che è di altissimo profilo politico, poiché attengono alla sicurezza, e quindi alla vita, delle persone e delle comunità, all’integrità del territorio e degli insediamenti urbani, nonché alla conservazione dei beni artistici (specie se facenti parti del ‘World Heritage’, d’interesse e ‘proprietà’ quindi dell’intera Comunità internazionale).
Tali accordi non possono essere segreti (tale rimane quello bilaterale Italia-USA del 20 ottobre 1954 riguardante le ‘infrastrutture’-basi militari) né stipulati in forma semplificata, così come espressamente vietato dalla Legge 11 dicembre 1984, n.839.
4. L’Italia ha ratificato il 23 giugno del 1978 la Convenzione UNESCO del 1972 portante sulla Protezione del Patrimonio Culturale e Naturale Mondiale, nel cui preambolo si sottolinea che ‘il patrimonio culturale e naturale sono sempre più minacciati non soltanto dalle tradizionali cause di deperimento e obsolescenza, ma anche dalle mutevoli condizioni sociali ed economiche che aggravano la situazione con fenomeni apportatori di ancor maggiore danno o distruzione”. La Convenzione fa obbligo allo Stato di proteggere il patrimonio culturale e naturale, in modo da trasmetterlo alle generazioni future, predisponendo e mettendo in atto “programmi di pianificazione organica” (art.5). È appena il caso di sottolineare che la protezione dei monumenti-patrimonio dell’umanità non è soltanto contro le infiltrazioni d’acqua e le cementificazioni, ma anche contro la loro messa a rischio quale target militare.
L’articolo 6 della citata Convenzione UNESCO dispone che, pur nel rispetto della sovranità dello stato e dei diritti di proprietà previsti dalla legge nazionale, gli Stati parti riconoscono che determinati beni culturali e naturali “costituiscono patrimonio mondiale per la cui protezione la Comunità internazionale nel suo insieme ha l’obbligo di cooperare”.
In questa materia, l’UNESCO è appunto l’istituzione che rappresenta la Comunità internazionale. In quanto tale, deve essere sollecitata a intervenire laddove lo Stato interessato non soltanto non adempie ai suoi obblighi, ma addirittura contrasta l’esercizio della “responsabilità di proteggere” degli enti di governo locale.
5. I principi ‘forti’ del Diritto internazionale e della Costituzione hanno trovato esplicito recepimento negli ordinamenti degli enti di governo comunale, regionale e provinciale.
Statuto del Comune di Vicenza
Principi Fondamentali
Art. 2 - Pace e cooperazione
1. Il Comune, in conformità ai principi costituzionali ed alle norme internazionali che riconoscono i diritti innati delle persone umane, sanciscono il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e promuovono la cooperazione fra i popoli, riconosce nella pace un diritto fondamentale della persona e dei popoli.
2. A tal fine il Comune promuove una cultura della pace e dei diritti umani mediante iniziative culturali e di ricerca, di educazione e di informazione, e con il sostegno alle associazioni che promuovono la solidarietà con le persone e con le popolazioni più povere.
3. Il Comune promuove l’inserimento degli immigrati e dei rifugiati politici nella comunità locale rimuovendo gli ostacoli che impediscono alle persone dimoranti nel territorio comunale di utilizzare i servizi essenziali offerti ai cittadini.
4. Il Comune, con riferimento alla “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” approvata dall’ONU, riconosce il valore della vita umana e promuove ogni iniziativa di concreta solidarietà verso ogni persona indipendentemente dalle sue condizioni fisiche, psichiche, economiche e sociali, dalle sue convinzioni politiche e religiose, dalla sua razza e dalla sua età.
Regione del Veneto - Legge regionale 16 dicembre 1999, n. 55
“Interventi regionali per la promozione dei diritti umani, la cultura di pace, la cooperazione allo sviluppo e la solidarietà”
Disposizioni generali
Art. 1 - Finalità
1. La Regione del Veneto, riconosce la pace e lo sviluppo quali diritti fondamentali della persona e dei popoli, in coerenza con i principi della Costituzione italiana e del diritto internazionale che sanciscono la promozione dei diritti dell’uomo e dei popoli, delle libertà democratiche e della cooperazione internazionale.
2. Per le finalità di cui al comma 1 la Regione promuove i diritti umani, la cultura di pace e la cooperazione allo sviluppo, mediante iniziative culturali e di informazione, di ricerca, di educazione, di cooperazione decentrata e di aiuto umanitario. Omissis.
6. “Quod in aure auditis, praedicate super tecta” (Mt. X, 27) …..
“Quanto può dirsi, si può dir chiaro” (L.Wittgenstein).
Nel “caso Pietro Venezia”, sollevato davanti alla Corte Costituzionale, si era in presenza di un trattato di estradizione Italia-Usa, il cui rispetto da parte dell’Italia avrebbe comportato il rischio della pena capitale per l’imputato. La Corte Costituzionale dispose che il principio costituzionale del divieto della pena di morte avesse la prevalenza sull’obbligo di rispettare un Pactum internazionale (sentenza 26 giugno 1996).
“Accordi” internazionali per finalità che violano principi fondativi del Diritto internazionale e del Diritto costituzionale, che assommano alla non pubblicità la ‘forma semplificata in flagrante violazione della Costituzione, che avallano l’uso del territorio nazionale per l’impiego del militare a fini non strettamente difensivi, che fanno di un insediamento urbano un target militare ad altissimo rischio, che coinvolgono nel rischio intere popolazioni, territori e beni artistici internazionalmente protetti, che offendono la retta coscienza, vanno denunciati unilateralmente per manifesta incostituzionalità e manifesta illegalità internazionale.
Il Comune di Vicenza, in virtù dell’articolo 2 del suo Statuto e appellandosi al principio della ‘responsabilità di proteggere’ oltre che ai principi della Costituzione e all’articolo 1 della Legge regionale 55/1999, è pienamente legittimato a promuovere presso le sopraordinate istituzioni dello Stato la denuncia unilaterale degli impegni ‘pattizi’ manifestamente illegali.
Dal canto suo l’UNESCO, quale istituzione rappresentativa degli interessi della ‘Comunità internazionale’ per quanto attiene alla salvaguardia dei beni facenti parte del “Patrimonio dell’Umanità”, deve sentirsi sollecitata ad intervenire quanto meno con una ‘nota’ che richiami lo Stato italiano, la Regione del Veneto e il Comune di Vicenza agli obblighi che hanno assunto, rispettivamente, con la ratifica della Convenzione del 1972 e con Leggi e Deliberazioni di portata regionale e locale.
Costituzione dell’UNESCO, art. 1: “Lo scopo dell’Organizzazione è di contribuire alla pace e alla sicurezza promuovendo la collaborazione tra le nazioni attraverso l’educazione, la scienza e la cultura al fine di agevolare il rispetto della giustizia, dello stato di diritto e dei diritti umani e delle libertà fondamentali che sono affermati per tutti i popoli del mondo senza distitnzione di razza, sesso, lingua o religione, dalla Carta delle Nazioni Unite”.