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La Commissione europea ha pubblicato il suo primo rapporto sulla lotta alla tratta di esseri umani nel territorio dell’UE. Il rapporto copre il periodo 2013-2014, fa seguito ai dati Eurostat del 2015 relativi al periodo 2010-2012 ed è volto a monitorare l’implementazione della direttiva 2011/36/EU sulla prevenzione e il contrasto della tratta di esseri umani e sulla protezione delle vittime.
Il rapporto evidenzia che gli sforzi compiuti dalla comunità e dagli stati membri che hanno recepito la direttiva sono insufficienti o comunque inefficaci. Le vittime registrate nel periodo 2013-2014 all’interno del territorio dell'UE sono 15.846, il 67% delle quali è vittima di tratta ai fini dello sfruttamento sessuale, mentre il 21% lo è ai fini dello sfruttamento lavorativo. Più di tre quarti delle vittime è donna (76%) mentre almeno il 15% è minorenne.
Il 65% delle vittime registrate ha cittadinanza comunitaria, i principali paesi dell'UE da cui provengono le vittime sono Romania, Ungheria, Olanda, Bulgaria e Polonia. I cinque principali paesi di provenienza extracomunitari sono Nigeria, Cina, Albania, Vietnam e Marocco.
L’aspetto ancora più allarmante, sottolinea la Commissione europea, è che trattandosi di dati su un fenomeno illegale e sommerso, i dati reali sono sicuramente maggiori rispetto a quelli registrati.
Solo 6.324 vittime hanno avuto contatti formali con la polizia o col sistema giudiziario in merito alla loro situazione e per il biennio considerato si registrano poco più di quattromila processi e 3129 condanne per crimini legati alla tratta.
La direttiva sulla prevenzione e il contrasto della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime è in vigore dal 2011 ed è stata recepita da 26 stati membri. L’Italia ha recepito il provvedimento con decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24.
7/6/2016