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Con sentenza del 15 dicembre 2016, la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti Umani ha in parte confermato la condanna dell’Italia per il caso Khlaifia, relativo al trattenimento e all’espulsione di un gruppo di cittadini stranieri giunti a Lampedusa nel 2011, trattenuti nel centro di accoglienza e a bordo navi militari italiane al largo di Palermo, trasformate in centri di detenzione.
L’Italia era già stata condannata dalla Camera lo scorso 1° settembre 2015, ma il Governo italiano aveva presentato una richiesta affinché la Grande Camera si ripronunciasse sul caso.
Mentre non sono state confermate le violazioni dell’art. 3 CEDU (divieto di tortura, trattamenti inumani o degradanti) relativamente alle condizioni di detenzione all’interno del centro di accoglienza di Lampedusa e dell’art. 4 Protocollo IV CEDU (divieto di espulsioni collettive di stranieri), i 17 giudici della Grande Camera hanno confermato le violazioni dell’art. 5(1) CEDU (diritto alla libertà e alla sicurezza), 5(2) CEDU (diritto di essere informato dei motivi dell’arresto e dell’accusa formulata a carico dell’arrestato), 5(4) CEDU (diritto ad una rapida decisione di un tribunale sulla legalità della detenzione).
La Grande Camera ha infatti stabilito che, tenuto conto che le strutture ove i ricorrenti sono stati trattenuti erano costantemente sorvegliate dalle forze di polizia e che ai ricorrenti non era permesso alcun contatto con l’esterno, la sistemazione dei ricorrenti nel CSPA di Lampedusa e a bordo delle navi costituiva una privazione della loro libertà personale. Secondariamente, avendo accertato che i ricorrenti non erano stati informati dei motivi di fatto e di diritto per i quali sarebbero stati sottoposti a, la Corte conclude che il diritto di questi ultimi a far esaminare la legalità della loro detenzione si era trovato completamente privato della sua sostanza.
Infine, la Grande Camera ha confermato anche la violazione dell’art. 13 CEDU (diritto ad un ricorso effettivo) in combinato disposto con l’art. 3 CEDU (non invece in relazione all’4 Protocollo IV CEDU), per non aver potuto i ricorrenti beneficiare nel diritto italiano di alcuna via di ricorso attraverso la quale poter denunciare le condizioni di accoglienza nel CSPA o a bordo delle navi.
7/1/2017