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Il Rapporto di Amnesty International sulla pena di morte nel 2020 mostra come nonostante la sfida senza precedenti posta dalla pandemia da Covid-19, alcuni Stati abbiano perseguito senza sosta condanne ed esecuzioni, registrando 483 esecuzioni in 18 Stati nel 2020.
Sebbene il rapporto mostri una tendenza globale verso una diminuzione dell’uso della pena capitale, registrando i dati più bassi relativi alle esecuzioni in almeno un decennio, emergono casi eclatanti: secondo Amnesty, la Cina rimane al primo posto per il numero di condanne a morte note, poiché il Paese, così come Corea del Nord, Siria e Vietnam, considera i dati sulle esecuzioni come segreti di Stato.
Seguono, per il numero di esecuzioni svolte, Iran, Egitto, che ha triplicato le esecuzioni rispetto al 2019, Iraq e Arabia Saudita: questi ultimi quattro Paesi si sono resi responsabili dell’88% delle esecuzioni note nel 2020. India, Oman, Qatar e Taiwan hanno a loro volta eseguito condanne a morte. Gli USA sono l’unico Stato delle Americhe ad aver eseguito condanne a morte: a luglio 2020 l’amministrazione Trump ha ordinato la prima esecuzione federale degli ultimi 17 anni, portando a termine 10 esecuzioni in meno di sei mesi.
La campagna di Amnesty International contro la pena di morte si oppone incondizionatamente a questa pratica crudele e disumana che viola il diritto alla vita; è irrevocabile, non ha effetto deterrente e può essere inflitta a persone innocenti. Nel 2020 il Ciad e, negli USA, il Colorado hanno abolito la pena di morte; il Kazakhistan si è impegnato ad abolirla ai sensi del diritto internazionale e nelle Barbados è stata cancellata l’obbligatorietà della condanna alla pena capitale. Oggi più di due terzi dei Paesi al mondo ha abolito la pena capitale per legge o nella pratica.
Per approfondire il lavoro di Amnesty International sulla pena di morte e per vedere gli appelli collegati alla campagna, vi invitiamo a visitare il loro sito dedicato.
7/9/2021