programma di dottorato

Alex Barović, dottorando in “Human Rights, Society, and Multi-level Governance” presso il Centro Diritti Umani, riceve il Premio per l'eccellenza accademica negli studi sul genocidio

Immagine del dott. Barović con il premio per l'eccellenza accedemica negli studi sul genocidio dall'Associazione internazionale degli studiosi del genocidio.

Alek Barović, dottorando in “Human Rights, Society, and Multi-level Governance presso il Centro per i diritti umani dell'Università di Padova, ha ricevuto il Premio 2025 per l'eccellenza accademica negli studi sul genocidio dall'Associazione internazionale degli studiosi del genocidio (IAGS). I suoi studi vertono sul tema “La commemorazione del genocidio: tra politica, religione e costruzione della nazione” e analizzano il modo in cui la religione influenza la costruzione dell'identità nazionale e della memoria collettiva attraverso la commemorazione del genocidio, con particolare riferimento alla Bosnia, all'Armenia e al Kurdistan iracheno.

 

Dott. Barović condivide le sue riflessioni su questo importante riconoscimento: 

«Partecipare alla Conferenza IAGS in Sudafrica quest’anno è stato uno di quei momenti che riescono a essere al tempo stesso scoraggianti ed energizzanti. Ricevere l’Emerging Scholar Award dalla International Association of Genocide Scholars - una comunità che ammiro profondamente da anni - è stato più di un semplice onore; è stata una conferma del percorso che sto costruendo attraverso la ricerca, il lavoro sul campo e il dialogo.

La conferenza in sé è stata uno spazio in cui voci provenienti da tutto il mondo si sono incontrate, fondendo il rigore accademico con testimonianze personali e un forte senso di urgenza morale.

Presentare il mio intervento sul ruolo della Comunità Islamica nella preservazione della memoria del genocidio di Srebrenica è stato particolarmente significativo in quel contesto. Condividere in che modo le istituzioni religiose contribuiscano a mantenere la memoria collettiva e l’identità dei bosgnacchi mi ha permesso di entrare in contatto con studiosi che lavorano su temi simili - all’intersezione tra religione, trauma e ricostruzione post-genocidio - dal Ruanda all’Armenia. Le discussioni seguite alla mia presentazione sono state al tempo stesso stimolanti e profondamente gratificanti; mi hanno ricordato che lo scambio accademico può anche essere una forma di guarigione e solidarietà.

Trovandomi a Johannesburg, circondato da persone impegnate a comprendere e prevenire il genocidio, ho sentito un rinnovato senso di scopo. Questo riconoscimento non è solo una tappa, ma una motivazione a continuare a esplorare come memoria, fede e resilienza si intrecciano nelle società segnate dalla perdita — e come quelle storie possano ancora indicare la strada verso la speranza.»

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