Corte europea dei diritti umani: Italia nuovamente condannata per trattamenti disumani e degradanti in relazione alle condizioni carcerarie
Con sentenza resa il giorno 11 febbraio 2014 in merito al caso Contrada (n. 2) (n. 7509/08), la Corta europea dei diritti umani ha nuovamente rilevato una violazione dell’art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU) ad opera dello Stato italiano, legata, in particolare, alla detenzione di persone affette da malattie gravi.
Il ricorrente, un ex funzionario di polizia condannato ad una sanzione detentiva per concorso esterno ad associazione di tipo mafioso, si è rivolto alla Corte di Strasburgo in ragione del fatto che, pur essendo le sue gravi condizioni di salute manifestamente incompatibili con la sanzione comminata, era stato costretto alla permanenza in carcere per un periodo di quasi un anno prima di ottenere la possibilità di scontare la pena tramite gli arresti domiciliari.
La Corte, considerate le prove della grave indigenza del ricorrente portate all’attenzione dei giudici italiani anche all’epoca dei processi, ha accolto il ricorso del detenuto e rilevato una violazione dell’art. 3 della Convenzione da parte dell’Italia, poichè la permanenza in carcere del ricorrente era effettivamente incompatibile con il divieto di trattamenti disumani e degradanti, stabilendo di conseguenza anche un equo indennizzo per i danni subiti.
La Corte ha invece respinto il primo ricorso in merito a questo stesso caso (Contrada c. Italie), riguardante una presunta violazione dell’art. 6 della Convenzione.