Sudan

Crisi in Sudan: aumento delle tensioni e sfide per gli aiuti umanitari

Un gruppo di di sfollati arriva in camion al campo di Zamzam, Sudan, 2009
© UN Photo

La situazione in Sudan continua a deteriorarsi, come ha sottolineato il Consigliere speciale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio, Chaloka Beyani, che ha espresso preoccupazione per le numerose segnalazioni di crimini di guerra commessi a El Fasher, in Darfur. “Stiamo assistendo a violazioni diffuse del diritto internazionale dei diritti umani, ad attacchi diretti contro i civili e a un palese disprezzo del diritto internazionale umanitario che disciplina la condotta delle ostilità, con i civili che subiscono il peso maggiore di questi attacchi”, ha dichiarato il funzionario ONU.

L’ufficio del Consigliere speciale, ha osservato che in Sudan sono evidenti gli indicatori di potenziali crimini atroci, ma ha sottolineato che solo un tribunale internazionale o altra autorità giuridica competente può determinare se si sia verificato un genocidio. Alla fine del mese scorso, sono circolate online immagini e testimonianze che sembrano mostrare crimini di guerra compiuti dalla milizia delle Forze di Supporto Rapido (RSF), che dopo oltre 500 giorni d’assedio hanno preso il controllo di El Fasher, capitale del Darfur, sottraendola alle truppe governative.

Le Nazioni Unite hanno denunciato il rapido deterioramento della situazione umanitaria nel Darfur settentrionale, dove migliaia di famiglie sfollate da El Fasher stanno vivendo gravi difficoltà. “A Tawila e nelle zone limitrofe, le comunità sfollate non dispongono di cibo, acqua potabile, alloggi e assistenza medica sufficienti”, ha dichiarato il vice portavoce delle Nazioni Unite Farhan Haq.

L’Ufficio del Procuratore della Corte penale internazionale (CPI) ha espresso “profonda preoccupazione” per le denunce di massacri, stupri e altre atrocità che sarebbero state commesse dalle RSF durante l’assalto alla città. Questi atti fanno parte di un più ampio quadro di violenze che hanno devastato il Darfur dall'aprile 2023 e, se verificati, potrebbero costituire crimini di guerra e crimini contro l'umanità ai sensi dello Statuto di Roma.

Ai sensi della risoluzione 1593 (2005) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la CPI ha giurisdizione sui crimini commessi nel Darfur e sta indagando attivamente su quelli commessi dal momento della ripresa del conflitto nel 2023. L'Ufficio sta adottando misure urgenti per garantire le prove relative agli attacchi di El Fasher, lavorando a stretto contatto con i gruppi di vittime, la società civile e i partner internazionali. Inoltre, è stato ricordato il recente processo al leader janjaweed Ali Muhammad Ali Abd-Al-Rahman, come segnale che la giustizia internazionale continuerà a perseguire i responsabili.

Nel frattempo, la crisi umanitaria si aggrava di giorno in giorno. Nella regione di Tawila, nel Nord Darfur, gli sfollati — oltre 650.000 solo in quell’area — vivono senza risorse essenziali. Le organizzazioni umanitarie, insieme ai partner locali, stanno allestendo nuovi campi per far fronte al crescente afflusso di persone in fuga.

A Tawila Al Omda, più di 3.000 nuovi arrivati necessitano urgentemente di teli di plastica, stuoie e coperte, mentre le temperature notturne continuano a calare. Molti dormono all’aperto, inclusi feriti, persone con disabilità e bambini non accompagnati. Condizioni altrettanto critiche si registrano nei campi di Daba Al Naira e Um Jangour, che ospitano oltre 6.500 sfollati.

Il 14 novembre il Consiglio dei Diritti Umani ha convocato una sessione speciale per affrontare le preoccupazioni riguardanti la situazione dei diritti umani a El Fasher e nelle aree circostanti, in Sudan. Durante la riunione, il Consiglio ha adottato all’unanimità una risoluzione che sollecita la Missione Internazionale Indipendente di Accertamento dei Fatti sul Sudan ad avviare un’indagine immediata sulle presunte recenti violazioni del diritto internazionale nella zona. Il Consiglio ha inoltre condannato fermamente quella che ha definito una serie di atrocità da parte delle Forze di Supporto Rapido (RSF) e dei loro alleati a seguito dell’assalto alla città, tra cui uccisioni motivate da ragioni etniche, torture, esecuzioni sommarie e l’uso diffuso della violenza sessuale e di genere come arma di guerra.

La risoluzione chiede alla Missione di individuare, quando possibile, le persone che si ritiene ragionevolmente responsabili degli abusi e di contribuire a garantire che eventuali responsabili siano chiamati a risponderne. L’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra richiede inoltre all’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani di fornire un aggiornamento orale sulla situazione prima della sessantunesima sessione del Consiglio, cui seguirà un dialogo interattivo.

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