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L’attuazione della Convenzione di Istanbul sulla violenza di genere: i Rapporti Ombra sulla situazione in Italia riguardo le donne con disabilità

Bruno Angel, “Woman in pieces” (“Donna in pezzi”)
© Saatchi Art

E’ stato da poco presentato al GREVIO, l’organo indipendente preposto a verificare l'attuazione della  Convenzione di Istanbul, ovvero la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, il  secondo “Rapporto Ombra” (o “Alternative Report”, cioè prodotto da soggetti della società civile diversi dalle istituzioni) delle organizzazioni femminili italiane, disponibile, in lingua inglese, aquesto link.

Realizzato con il coordinamento di D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, recepisce gli elementi più significativi dell’ultimo Rapporto Ombra elaborato dalFID-Forum Italiano sulla Disabilità (a questo link è disponibile la versione italiana, mentre a quest’altro è pubblicato un approfondimento sullo stesso).

Queste relazioni riportano un quadro sconfortante. Di fatto, nonostante un ampio quadro giuridico, il sistema italiano ostacola l’accesso alla giustizia alle donne sopravvissute alla violenza di genere e non esistono meccanismi per valutare l’efficacia della legislazione italiana. L’insieme di regole in atto non riesce ad affrontare il sessismo profondamente radicato che colpisce la condizione delle donne in generale, e di coloro che sono esposte alla violenza di genere in particolare.

Si rileva inoltre la  crescente tendenza a reinterpretare le politiche di parità di genere  ridefinendole in termini di politiche familiari e di maternità.

La prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne sono escluse sia dalla Strategia Nazionale per la Parità di Genere 2021-2026, sia dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): n altre parole, il principio di uguaglianza non è pienamente integrato nell’azione governativa come componente essenziale e indispensabile nell’attuazione di ogni politica.

Guardando le donne con disabilità si presentano ovviamente ulteriori criticità, essendo vittime di doppia discrimanzione. Evidenziamo innanzitutto l’inaccessibilità delle strutture di accoglienza e sostegno, quali Centri Antiviolenza e Case Rifugio (l’ “accessibilità” non è nemmeno inclusa tra i requisiti minimi richiesti); le campagne di prevenzione e sensibilizzazione non sono rivolte alle donne con disabilità,  in particolare a quelle con disabilità intellettive e/o psicosociali e sensoriali, data l’assenza di informazioni fornite in formati alternativi, quali Linguaggio ETR (Facile da Leggere e da Capire), Braille, linguaggio dei segni o altro e nessun riferimento in video, spot e/o comunicazioni.

Quando le donne con disabilità si rivolgono al servizio pubblico di assistenza 1522, non trovano il sostegno necessario a causa della mancanza di coordinamento con Centri Antiviolenza,  rifugi, forze dell’ordine, reti territoriali e sistema giudiziario.

Il Piano Strategico Nazionale sulla Violenza Maschile contro le Donne 2021-2023include alcuni riferimenti specifici alla loro condizione mai considerati prima. In esso tuttavia sono richieste procedure di attuazione per un prossimo piano che finora non è stato presentato.

Il Comitato Tecnico-Scientifico non include alcuna organizzazione non governativa che rappresenti le donne o le persone con disabilità, in palese contrasto con le disposizioni  sulla partecipazione del Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (Commento Generale n. 7).

L’attuazione del Piano è delegata a livello regionale, provocando discriminazioni su base territoriale: solo pochi piani regionali menzionano la discriminazione intersezionale e le differenze tra Regioni creano disuguaglianze.

Mancano riferimenti alle donne con disabilità nell’Asse Perseguire e punire che comprende l’intero settore dell’“accesso alla giustizia”, ambito in cui sono spesso discriminate ed esposte a vittimizzazione secondaria: nel momento in cui denunciano violenza, infatti, si attivano procedimenti di valutazione delle loro capacità genitoriali, senza tenere conto della condizione di disabilità, utilizzando invece parametri standard in modo indifferenziato con conseguenti esiti negativi. Anche nella Relazione intitolata La vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale, approvata dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul femminicidio nell’aprile 2022, le donne con disabilità sono completamente e gravemente ignorate (se ne legga a questo link).

Per quel che poi riguarda le risorse finanziarie, è rilevato che non sono previsti fondi specifici per il coordinamento o per azioni a favore delle donne e delle ragazze con disabilità.

Non è stata ancora avviata una raccolta sistematica dei dati da parte di importanti fonti istituzionali in campo sanitario, legale e sociale; la Legge 53/22 (Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere) prevede che i dati raccolti siano disaggregati per la variabile del genere, ma non per la disabilità. Le ricerche specifiche su questo fenomeno provengono solo da organizzazioni femminili o delle donne con disabilità, evidenziando la necessitàdi promuovere una nuova indagine demografica aggiornata sul fenomeno della violenza, che raccolga dati disaggregati per il genere e per la disabilità al fine di attuare politiche e programmi mirati.

Come già evidenziato, è inoltre urgente avviare una raccolta dati sull’accessibilità dei Centri Antiviolenza e delle case rifugio, per abbattere le diverse barriere esistenti per le donne con disabilità nell’accesso ai servizi.

E’ fondamentale quindi che le istanze  delle donne con disabilità siano integrate sia nelle politiche per le pari opportunità di genere, sia in quelle che riguardano le persone con disabilità per evitare che si concretizzino in percorsi separati e poco inclusivi.

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Consiglio d'Europa persone con disabilità donne inclusione