Nazioni Unite: istituito il tribunale internazionale per il Libano

Con la risoluzione 1757 (2007) del 10 maggio scorso, il Consiglio di Sicurezza, agendo in base al capitolo VII della Carta dell’Onu, ha istituito il tribunale internazionale per il Libano. Il tribunale entra in vigore il prossimo 10 giugno, ma potrà operare solo se il Libano adotterà le misure necessarie di ordine nornativo e pratico.

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Lo scopo di questo nuovo tribunale speciale è giudicare le persone responsabili dell’attentato del 14 febbraio 2005 che uccise a Beirut l’ex primo ministro libanese Rafiq Hariri (e altre 22 persone). Indagherà anche su reati di pari gravità collegati con l’attentato ad Hariri, commessi tra il primo ottobre 2004 (giorno del ritiro dell’esercito siriano dal Libano) e il 12 dicembre 2005 (il 13 dicembre il  governo libanese chiedeva alle Nazioni Unite di sostituire la commissione d’inchiesta creata all’inizio dell’anno, e che aveva accertato pesanti responsabilità di ambienti siriani nell’attentato terroristico, con un vero e proprio tribunale).

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Lo statuto del tribunale è stato messo a punto nel 2006 dal governo libanese e dal Segretario Generale dell'Onu.

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Le autorità libanesi non ritenevano infatti possibile svolgere serenamente un processo su un crimine di tale portata. Era diffusa l’opinione che il tentativo di fare luce su quella vicenda avrebbe fatto riesplodere le violenze tra filosiriani e antisiriani.

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Il nuovo tribunale avrà sede fuori del Libano (si parla di Cipro). Avrà 11 giudici: sette internazionali e quattro libanesi. Tutti saranno eletti dal Consiglio di sicurezza, anche quelli libanesi (ma sulla base di una lista fatta dal governo di Beirut). Il procuratore sarà straniero, ma avrà un vice libanese. I reati indagati saranno tratti dalla legge penale libanese: terrorismo e altri gravi delitti. In linea di principio quindi non verranno accertati crimini di diritto internazionale (crimini di guerra, contro l’umanità o genocidio). Questo spiega perché non si è pensato di affidare il caso Hariri alla Corte penale internazionale, che ha giurisdizione solo per i reati internazionali. Oltretutto, nessuno degli stati della regione che potrebbero avere a che fare con il delitto Hariri aderisce allo statuto della Corte penale internazionale.

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Il tribunale sorge dunque sulla base del capitolo VII della Carta dell’Onu: ciò significa che nessuno stato può rifiutarsi di collaborare. Ciò differenzia il tribunale per il Libano dalla Corte speciale per la Sierra Leone, creata con un meccanismo simile (un accordo bilaterale con l’Onu) nel 2000, e l’avvicina piuttosto ai due tribunali speciali per il Ruanda e l’ex Iugoslavia. Questi ultimi però sono completamente internazionali. Il finanziamento è condiviso: per il 51% è a carico dell’Onu, mentre il 49% lo pagherà il Libano. Lo stato libanese si impegna a non accordare amnistie in realzione ai delitti indagati.

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Alcuni stati hanno criticato la scelta dell’Onu, poiché rappresenterebbe un’eccessiva interferenza  nella sovranità degli stati (del Libano, si dice, ma in realtà si ha in mente la Siria). Così, 5 stati sui 15 del Consiglio di sicurezza si sono astenuti (tra essi Cina e Sudafrica). Dal tribunale ci si aspetta che sia uno strumento di emancipazione del Libano e che diffonda in tutta la regione un messaggio forte di lotta all’impunità più convincente di quello dato dal tribunale iracheno che ha giudicato Saddam Hussein.