Africa

Sudafrica, Burundi e Gambia verso l'addio alla Corte penale internazionale

Una panoramica dell'aula vuota della Corte Penale Internazionale a L'Aia
© ICC/CPI

Sudafrica, Burundi e Gambia sono prossimi a lasciare la Corte penale internazionale. I tre Stati, per ragioni diverse, hanno avviato l’iter istituzionale per recedere dallo Statuto di Roma, come previsto dall’articolo 127. In particolare, la procedura prevede una notifica, in forma scritta, da indirizzare al Segretario Generale ONU. Procedura che il Governo sudafricano è l'unico ad aver già formalizzato.

Riguardo le ragioni di queste decisioni, la Repubblica del Burundi ha specificato che la causa è da ricercare nell’incapacità della Corte penale internazionale di operare universalmente. Secondo il Governo burundese, infatti, è inspiegabile che la quasi totalità delle condanne giunte dalla Corte, dalla sua istituzione ad oggi, coinvolga solo stati del continente africano. Simili sono le ragioni addotte dal presidente del Gambia, Yahya Jammeh, che accusa anche la Corte di non aver investigato a sufficienza sulle morti dei migranti nel Mediterraneo e sulle responsabilità degli stati membri dell’Unione Europea.

Diverse invece sono le ragioni che hanno spinto il Sudafrica a recedere dallo Statuto di Roma. Queste sono collegate alla questione dell'immunità diplomatica da riconoscersi a capi di Stato e di Governo. Sulla decisione, in particolare, ha pesato il fatto che nel 2015 il Sudafrica garantì l'immunità al presidente sudanese Bashir, sebbene questi fosse oggetto di un mandato di arresto da parte della Corte penale internazionale. La decisione di permettergli di prendere parte ad un summit a Pretoria e tornare liberamente in Sudan, ha provocato una scissione politica interna, che ha avuto come conseguenza la messa in discussione dell’efficacia della Corte penale internazionale e dei suoi meccanismi di protezione

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