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Diritti umani in Cina: UPR, pareri dei comitati delle Nazioni Unite e ruolo delle istituzioni nazionali per i diritti umani

Autore: Riccardo Nanni, studente MA Human Rights and Multilevel Governance, Università di Padova

Esame periodico universale (UPR): rapporto nazionale, shadow reports e raccomandazioni

La Cina è uno degli attori politicamente ed economicamente più rilevanti delle relazioni esterne dell’ASEAN e dei suoi paesi membri, nonché membro dell’ ASEAN Plus Three (APT). L’ultima UPR della Cina da parte del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite ha avuto luogo a gennaio 2024, durante il quarto ciclo di UPR, la cui fine è prevista per il 2027. In questa sessione la Cina ha ricevuto 428 raccomandazioni.

Il rapporto nazionale presentato dalla Cina ha esposto ottimisticamente gli sviluppi in termini di diritti umani avvenuti nel paese, sia in ambito di diritti economici, sociali e culturali sia in ambito di diritti civili e politici. Dal documento emerge la grande importanza, derivante dall’impianto socialista della Repubblica Popolare Cinese (RPC), data ai diritti umani di seconda categoria, in particolare lo sviluppo sociale ed economico e la lotta alla povertà. Anche in occasione del quarto ciclo dell’UPR, il governo cinese non ha mancato di proclamare il suo impegno alla protezione e promozione dei diritti umani. Uno dei temi principali del XX Congresso del Partito Comunista Cinese è stato infatti sottolineare che “[la Cina] seguirà un percorso cinese di sviluppo dei diritti umani, parteciperà attivamente alla governance globale dei diritti umani e promuoverà l'avanzamento globale dei diritti umani".

Nel rapporto nazionale la Cina illustra importanti miglioramenti messi in atto nell’area dei diritti economici e sociali. In particolare, la lotta contro la povertà e la garanzia di un costante e accessibile sviluppo economico e sociale, soprattutto nelle aree rurali; aumento del reddito medio, riduzione del tasso di disoccupazione e maggiori servizi legali per i lavoratori migranti; investimenti sull’istruzione e aumento del supporto finanziario alle famiglie in difficoltà; maggiore impegno sulla normativa ambientale, con gli obiettivi di raggiungere la carbon neutrality entro il 2060 e porre freno alla costruzione di nuove centrali elettriche alimentate a carbone.

In tema di diritti civili e politici il rapporto presentato dalla Cina presenta una situazione ottimistica. Innanzitutto, la Cina sottolinea il suo impegno nell’emendamento di alcuni strumenti legislativi nell’ottica di esplicitare ulteriormente l’impegno governativo nel rispettare i diritti umani. Nell’ambito giudiziario il rapporto annovera le riforme in corso nel sistema di procedura penale, in particolare sulla prevenzione,  tramite  sistemi di videosorveglianza, rispetto alle pratiche della tortura e delle confessioni estorte durante gli interrogatori. A questo si aggiunge una maggiore salvaguardia dei diritti degli avvocati nella loro facoltà di partecipazione nel contenzioso giudiziario. In materia di libertà di espressione, la Cina allega riferimenti quantitativi al numero di quotidiani e libri in circolazione, oltre ad evidenziare la protezione del diritto di cronaca nel condurre interviste e monitorare l’opinione pubblica. Infine, il rapporto nazionale dipinge in maniera positiva le politiche attuate nei confronti delle minoranze etniche, come il traguardo raggiunto nell’assicurare l’istruzione gratuita in parti del Tibet e del Xinjiang.

Meno ottimistica è invece la società civile, che tramite gli shadow reports - rapporti sulle situazioni nazionali dei diritti umani presentati dalle ONG durante le UPR - pone l’attenzione sulla permanenza di criticità nella situazione domestica della Cina. Organizzazioni da varie parti del mondo, sia religiose che laiche, hanno raccomandato al governo cinese di ratificare il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR). Inoltre, Amnesty International evidenzia come la Cina abbia continuato a classificare le statistiche riguardanti le esecuzioni e le sentenza di morte come “segreti statali” nel mentre si sospetta che oltre un migliaio di persone siano state giustiziate ogni anno dall’ultima revisione. Secondo indagini da parte della stessa AI, il governo cinese avrebbe commesso crimini contro l’umanità (tra i quali l’imprigionamento, la persecuzione e la tortura) nei confronti degli Uiguri, dei Kazachi ed altre minoranze etniche musulmane. La società civile ha fatto presente anche la condizione di forte subalternità in cui versano gli avvocati in Cina, molto spesso soggetti a molestie, persecuzioni, sparizioni forzate e tortura. Riguardo la libertà di espressione, è stato evidenziato come il governo abbia fortemente limitato l’operatività dei difensori dei diritti umani, in particolare nella sensibilizzazione e diffusione di argomenti quali femminismo, il movimento #MeToo, la situazione COVID-19,.

Oltre alla ratifica dell’ICCPR, molte sono state le richieste di ratifica dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale (ICC), della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata (CPED) e del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (OP-CAT). La ratifica di quest’ultimo autorizza il Sottocomitato per la prevenzione della tortura (SPT) a condurre visite nel paese e obbliga questo a dotarsi di meccanismi nazionali di prevenzione.

Come già accennato prima, durante questa 45esima sessione dell’UPR, la Cina ha ricevuto un totale di 428 raccomandazioni. Queste ultime si sono concentrate su tematiche quali i diritti delle minoranze etniche; l’adozione di legislazioni per porre fine alla discriminazione basata sull’orientamento di genere;  la protezione dei giornalisti, gli avvocati e dei difensori dei diritti umani nell’esercizio della loro libertà di espressione, associazione e di riunione. Altre raccomandazioni hanno incitato la Cina a promuovere l’implementazione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), ridurre il consumo di combustibili fossili e aumentare le sue iniziative di mitigazione climatica.

Durante la Working Group session, la delegazione cinese ha posto l’accento soprattutto agli sforzi compiuti nel campo delle strategie di sviluppo e diminuzione dei livelli di povertà, confermando ancora una volta il suo disimpegno verso i diritti civili e politici.

Pareri e raccomandazioni del Comitato contro la tortura nella revisione del 2015

Viste le criticità emerse durante la UPR, è interessante osservare le raccomandazioni formulate nel 2015 nei confronti della Cina dal Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite, comitato che supervisiona l’implementazione della CAT, ratificata dalla Cina nel 1988.

Il Comitato ha rilevato sviluppi positivi, soprattutto grazie alle riforme che hanno riconosciuto la tortura psicologica come forma di tortura e introdotto il controllo audiovisivo degli interrogatori al fine di prevenire l’estorsione di confessioni tramite tortura. Inoltre, il Comitato accoglie positivamente l’abolizione nel 2014 del sistema di “rieducazione tramite il lavoro”, più volte criticato durante la UPR del 2013.

Tuttavia, molte delle raccomandazioni formulate nelle revisioni precedenti al 2009 non hanno avuto seguito, comprese quelle relative alletutele legali per le vittime di tortura, alla mancanza di statistiche su tali pratiche e alle accuse di aggressione ai danni di avvocati, spesso a causa del loro lavoro anche quando svolto secondo la legge. Il Comitato rileva che l’attuale definizione di tortura prevista dalla legislazione cinese non garantisce la perseguibilità penale di tutti i pubblici ufficiali che possono praticare o avallare pratiche di questo genere. Inoltre, i periodi di detenzione preprocessuale sono eccessivamente lunghi e non garantiscono la possibilità per il detenuto indagato di essere portato di fronte al giudice in quarantotto ore, come previsto invece dal diritto internazionale. Anche la possibilità del detenuto di incontrare il proprio avvocato è eccessivamente ristretta secondo il Comitato, che invita la Cina ad abolire la legge che permette la detenzione in isolamento degli indagati.

Per quanto riguarda il trattamento carcerario, al di là delle questioni strettamente legate alla tortura, il Comitato accoglie positivamente le misure adottate per fornire ogni carcere di un centro medico, ma raccomanda che il personale sia indipendente dalle forze di polizia, che il servizio sia accessibile e che le visite mediche siano confidenziali e soprattutto svolte in assenza di ufficiali di polizia. Inoltre, il Comitato raccomanda che l’isolamento sia utilizzato come ultima risorsa regolamentata con criteri chiari e mai applicata a tempo indeterminato su detenuti con problemi psichiatrici o altre categorie di detenuti con problemi di salute e bisognosi di assistenza medica. Infine, il controllo audiovisivo degli interrogatori deve sempre applicarsi agli interrogatori nella loro interezza ed essere utilizzabile come prova in tribunale.

Il Comitato contro la tortura ha anche invitato la Cina ad aderire alla moratoria internazionale sulla pena di morte in vista dell’adesione al secondo protocollo all’ICCPR che abolisce la pena capitale.

Istituzioni nazionali per i diritti umani

L’idea della Cina di dotarsi di una istituzione nazionale per i diritti umani indipendente e in linea con i Principi di Parigi è nata nel 2004, nell’ambito di una conferenza sulle istituzioni nazionali per i diritti umani organizzata dalla China University of political science and law (CUPL) e dal Raoul Wallenberg institute of human rights and humanitarian law. Tuttavia, a distanza di vent’anni il paese non si è ancora dotato di una istituzione di tal genere. La Cina ha però avviato alcuni tentativi di creazione di questo ente con l’assistenza dell’Asia-Pacific forum of national human rights institutions (APF).

Aggiornato il

11/3/2024