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Bandiera della Repubblica di Corea
© UN Photo - Loey Felipe

Diritti umani in Corea del sud: UPR, pareri dei comitati delle Nazioni Unite e ruolo delle istituzioni nazionali per i diritti umani

Autore: Riccardo Nanni, studente MA Human Rights and Multilevel Governance, Università di Padova

Esame periodico universale (UPR): rapporto nazionale, shadow reports e raccomandazioni

L’ultima UPR della Repubblica di Corea (Corea del Sud), è stata nel 2023, nell’ambito del quarto ciclo di UPR, la cui conclusione è prevista per il 2027. La Corea del sud è uno dei tre paesi non membri dell’ASEAN che fanno parte del forum ASEAN Plus Three (APT) e nell’ultima UPR ha accettato 97 delle 263 raccomandazioni ricevute.

Nel suo rapporto nazionale la Corea del Sud espone le misure messe in atto per implementare le raccomandazioni ricevute nella UPR del 2017. In particolar modo si annovera il ritiro delle riserve concernenti l’articolo 25 della Convenzione sui diritti di persone con disabilità (CRPD) in seguito all’emendamento di un articolo di legge che proibiva a persone con disabilità mentali di accedere a servizi di assicurazione sulla vita. 

Nell’ambito del business e dei diritti umani, viene annoverata la Legge Quadro sulle Politiche dei Diritti Umani (Framework Act on Human Rights Policies) presentata al governo nel 2021. Il provvedimento ha l’obiettivo di introdurre ottiche di responsabilità d’impresa rispetto alla protezione e promozione dei diritti umani nel campo imprenditoriale. 

Nel rapporto trova anche spazio una sezione incentrata sui diritti umani nel contesto militare, una tematica molto sentita nel paese, che ha riacquisito particolare rilevanza a seguito anche del noto suicidio del soldato privato Yoon avvenuto nel 2014 a causa di abusi da parte dei suoi commilitoni. il governo sudcoreano sottolinea in particolare il suo impegno nell’adozione di sistemi di prevenzione e nell’assicurare consulenza e trattamento psicologico ai soldati in difficoltà durante il servizio. 

In materia di diritti economici e sociali, la Corea del Sud esprime soddisfazione in merito a varie politiche adottate negli ultimi anni. In ottica di diritto all’istruzione, il rapporto sottolinea come dal 2021 il governo garantisca a tutti gli studenti l’opportunità di ricevere un’istruzione senza l’onere dei costi educativi fino alla scuola superiore. Inoltre, per bambini provenienti da famiglie con un reddito inferiore alla media nazionale, vengono offerti programmi di assistenza pubblica, come ad esempio sussidi e l’esonero dal pagare le tasse nel caso di scuole private. 

Anche nel caso della politica di genere, il rapporto annovera vari provvedimenti e iniziative. La Legge Quadro sulla Prevenzione della Violenza contro le Donne (Framework Act on Prevention of Violence against Women), è stata approvata nel 2019 con la finalità di promuovere misure anti-violenza e di chiarire la responsabiltà del governo verso le vittime della violenza di genere. L’apertura del Centro di assistenza alle vittime di crimini sessuali digitali introduce una ulteriore prospettiva di prevenzione contro le ultime evoluzioni del fenomeno nell’era digitale. Nel rapporto, in merito a provvedimenti ancora in implementazione, attenzione viene rivolta anche a legislazioni in materia di aborto. Il Ministero della Sanità coreano ha infatti presentato un disegno di legge nel 2020 per stipulare misure di supporto all’aborto artificiale. 

La parte finale del documento, dedicata alle raccomandazioni non ancora implementate, fa emergere le difficoltà del governo coreano ad omologarsi a temi chiave del sistema internazionale dei diritti umani. Va sottolineato il continuo fallimento da parte dell’Assemblea Nazionale di adottare un disegno di legge complessivo sulla discriminazione nel suo senso più globale, a causa di controversie sociali legate alle ragioni discriminatorie. Altro aspetto è l’abolizione della pena di morte, che nonostante non venga più ufficialmente adottata dal 1997, persiste ad essere considerata come un aspetto fondante del sistema penale coreano. 

Per quanto riguarda la posizione delle società civili, la Commissione nazionale coreana per i diritti umani ha invitato in particolar modo il governo ad accedere al secondo Protocollo Opzionale dell’ICCPR e all’OP-CAT. Successivamente, la Commissione ha raccomandato le autorità di considerare alternative alla pena capitale. Inoltre ha richiesto una maggiore prevenzione sulle possibili violazioni di diritti derivanti dall’utilizzo di database gestiti da intelligenze artificiali. In materia di migrazione, la stessa Commissione ha posto l’accento sulle eccessive restrizioni imposte ai lavoratori migranti nel cambiare occupazione, oltre ai possibili abusi cui questi ultimi sono soggetti presso le apposite strutture di detenzione. Vengono inoltre portati all’attenzione il basso tasso di riconoscimento dello status di rifugiato e la mancanza di un sistema d’appello per le domande respinte, entrambi aspetti non conformi alla Convenzione sullo status dei rifugiati. La categoria dei migranti è ancora particolarmente soggetta a discriminazione e casi di hate speech, nonostante costituisca buona parte della forza lavoro del paese.      

La società civile ha inoltre rivolto l’attenzione verso la condizione degli obiettori di coscienza, in particolare sulla inesistenza, in passato, di servizi civili alternativi. Alcune organizzazioni hanno riportato l’adozione nel 2019 di un articolo di legge preposto a fornire tali tipi di servizi in sostituzione a quello militare. Tuttavia,come sottolinea Amnesty International, la legge in questione persiste nel violare la libertà di espressione, coscienza e religione in quanto imporrebbe un malus eccessivo a chi decidesse di fare domanda per il servizio alternativo (verrebbero infatti richiesti 36 mesi obbligatori invece dei 18-21 del servizio militare). 

Altri membri della società civile si sono concentrati su altre tematiche. Sia Amnesty International che Human Rights Watch hanno espresso preoccupazione in merito all’uso sproporzionato di leggi penali sulla diffamazioni e il loro rischio di restringere la libertà di espressione. La violenza di genere, in particolare nel campo della sua natura digitale, viene dipinta come un ambito necessario di riforme più persistenti ed efficaci. Nonostante la suddetta introduzione di centri di emergenza preposti, infatti,  questi non sembrano produrre l’effetto sperato. Tra le altre categorie bisognose di più salvaguardia vengono inclusi i bambini, il cui numero di abusi riportati è ancora in aumento. Infine, nessuna miglioria è stata apportata alla condizione della comunità LGBT in Corea del Sud, ancora vittima di marginalizzazione e discriminazione, oltre ai casi di abuso e violenza registrati nel contesto militare. 

Tortura, donne e bambini: i pareri dei comitati delle Nazioni Unite competenti

Tortura, discriminazione e violenza contro le donne e abusi sui minori sono i temi principali emersi dalla UPR del 2023. La Corea del sud ha ratificato i trattati su questi tre temi ed è stata soggetta a monitoraggio da parte dei comitati competenti del CAT, CEDAW e CRC rispettivamente nel 2017,2018 e 2019.  

Nel suo ultimo rapporto, il Comitato sulla tortura lamenta innanzitutto il ritardo da parte della Corea del sud nell’inviare i suoi report periodici, fattore che ha ritardato di 4 anni il processo di monitoraggio. Nella parte iniziale il Comitato commenta alcuni aspetti positivi, come  l’accesso del governo coreano al protocollo opzionale della CEDAW e la ratifica nel 2008 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. Tuttavia, prosegue nell'evidenziare vari elementi di criticità rispetto al contenuto della Convenzione. Primo fra tutti è la mancanza nel sistema penale di una definizione di tortura che rispecchi tutti gli elementi contenuti nell’articolo 1 della Convenzione (vengono infatti indicati solo gli aspetti fisici della tortura e solo specifici individui nei processi investigativi e processuali). A seguire il Comitato continua, come nei report precedenti, a esprimere preoccupazione verso la Legge di sicurezza nazionale, un piano legislativo nato nel periodo della Guerra Fredda nell’ottica della lotta al comunismo nordcoreano. In particolare il Comitato evidenzia l’evidente propensione della legge a violazioni dei diritti umani, come ad esempio arresti e detenzioni arbitrarie e confessioni forzate. Il tema della pena capitale continua ad essere oggetto di attenzione, nonostante il Comitato apprezzi gli effetti della moratoria introdotta nel 1997. A tal proposito viene sempre raccomandato l’accesso al secondo protocollo dell’ICCPR nella prospettiva di un percorso verso l’abolizione della pena di morte. 

Il Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne ha apprezzato alcuni sviluppi normativi degli anni precedenti al 2018, ma ha raccomandato di coinvolgere ogni organo di potere dello stato nell’implementazione della CEDAW e di adottare una definizione di discriminazione contro le donne coerente con gli articoli 1 e 2 della Convenzione, considerando sia la discriminazione diretta sia quella indiretta. Inoltre, il Comitato richiede l’adozione del Protocollo delle Nazioni Unite per la prevenzione, soppressione e punizione del traffico di esseri umani, soprattutto donne e bambini, aggiuntivo alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale e raccomanda una riforma del codice penale per de-criminalizzare il coinvolgimento delle donne nella prostituzione in quanto vittime e non artefici del traffico di esseri umani finalizzato allo sfruttamento sessuale. Sulla questione della violenza di genere, il Comitato commenta positivamente le misure adottate per combattere il fenomeno, mantenendo tuttavia riserve su alcuni aspetti. Più specificatamente: il fatto che lo stupro maritale non sia incluso come reato a sé stante nella legge penale (appunto fatto anche dal Comitato sulla tortura); la stigmatizzazione e il pregiudizio istituzionale ai quali vanno incontro le vittime di violenza sessuale, incluso il pregiudizio diffuso nei confronti della veridicità delle denunce di violenza; l’aumento negli ultimi 10 anni delle violenze sessuali online unito al basso grado di procedimenti giudiziari in merito. 

Il Comitato raccomanda anche l’adozione di misure temporanee speciali per la rappresentanza femminile nella sfera pubblica, compresi i pubblici uffici, la politica, le aziende e le università. Inoltre, la legislazione sull’acquisizione della nazionalità sudcoreana risulta discriminatoria e il rapporto presentato dal governo non presenta dati sul lavoro disaggregati per sesso. Il comitato raccomanda infine la de-criminalizzazione dell’aborto.

Quest’ultima raccomandazione è ribadita anche dal Comitato sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza per proteggere le donne incinte dagli aborti illegali e dalle adozioni forzate, il tutto nel pieno rispetto del miglior interesse del minore. Quest’ultimo principio, fondativo della CRC, deve essere applicato anche alle decisioni giudiziarie secondo il Comitato. Le raccomandazioni si estendono al sistema educativo, nel quale sono rilevati livelli di stress eccessivo per i bambini.

Infine, per quanto concerne i casi di violenza sui minori, in particolare le punizioni corporali, il Comitato ricorda come quest’ultima pratica sia ancora legale in alcuni contesti e la carenza di agenzie locali, consulenti, psicologi e avvocati specializzati in abusi sui minori. A tal proposito viene raccomandata la formulazione di una strategia complessiva e di un piano di azione per prevenire, combattere e monitorare tutte le forme di violenza e abuso contro i minori, incluse quelle online. 

La Commissione nazionale coreana per i diritti umani

La Commissione nazionale coreana per i diritti umani è l’istituzione nazionale per i diritti umani della Corea del sud. Ha status A presso l’International coordinating committee of national human rights institutions (ICC), ovvero è ritenuta coerente con i Principi di Parigi sulle istituzioni nazionali per i diritti umani, ed è membro a pieno titolo dell’Asia-Pacific forum of national human rights institutions (APF). Tuttavia, la forte riduzione subita in termini di dimensioni nel 2009 ha sollevato numerose critiche da parte della società civile sulla sua effettiva capacità di funzionamento come già enunciato sopra.

Anche durante il quarto ciclo dell’UPR la società civile ha ulteriormente espresso disappunto sulla mancata volontà dell’autorità competenti di espandere i fondi e le risorse umane preposte alla Commissione, oltre a sottolineare la necessità di garantire la sua indipendenza dal governo per assicurare il suo corretto funzionamento.  

Aggiornato il

6/3/2024