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Personale medico all'interno di un'ambulanza, Costarica.
© UNESCO/Dominique Roger

I diritti umani nel sistema delle Nazioni Unite: i diritti economici, sociali e culturali

Autore: Andrea Cofelice

Dichiarazione universale dei diritti umani
• Art. 22 Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.
• Art. 25 Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari […]

Introduzione
I diritti economici, sociali e culturali (all’alimentazione, alla casa, all’educazione, al lavoro, alla salute, all’assistenza, ecc.) sono diritti di seconda generazione: i primi riconoscimenti di questi diritti si ebbero in taluni Stati europei a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Sono definiti anche come diritti “positivi”, perché la loro realizzazione implica atti di intervento da parte delle pubbliche istituzioni (cfr., ad esempio, il testo dell’articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana). Diversamente che all’interno degli Stati, sul piano internazionale il riconoscimento dei diritti delle due categorie o generazioni è avvenuto contemporaneamente, anche se non contestualmente: nella Dichiarazione universale del 1948, infatti, si trovano enunciati insieme sia i diritti civili e politici sia i diritti economici, sociali e culturali. Tale impostazione è legittimata dal riferimento al principio di interdipendenza e indivisibilità di tutti i diritti umani, enunciato e più volte ribadito dagli organi delle NU e da altre istituzioni internazionali.

Normativa: Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali
Adottato dall’Assemblea Generale il 16 dicembre 1966
Entrato in vigore il 3 gennaio 1976
Stati parte: 161 
L’Italia ha ratificato in data 15 settembre 1978.

Nel 1976, insieme al Patto sui diritti civili e politici, entrava in vigore anche il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. Il Preambolo comune ai due Patti, infatti, afferma che “in conformità alla Dichiarazione universale dei diritti umani, l’ideale dell’essere umano libero, che goda della libertà dal timore e dalla miseria, può essere conseguito soltanto se vengono create condizioni che permettano ad ognuno di godere dei propri diritti economici, sociali e culturali, nonché dei propri diritti civili e politici”. I diritti riconosciuti dal Patto sui diritti economici, sociali e culturali sono suddivisi in 10 articoli (Parte terza, artt. 6-15) e riguardano essenzialmente diritti legati al lavoro, ad un’equa remunerazione e alle formazioni sindacali (diritti economici); diritti atti ad assicurare un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere personali e della propria famiglia (diritti sociali); il diritto all’educazione e alla partecipazione alla vita culturale della comunità (diritti culturali).

Meccanismi di controllo: Comitato sui diritti economici, sociali e culturali
Diversamente dal Patto sui diritti civili e politici, il Patto sui diritti economici, sociali e culturali non prevedeva in origine nessuno specifico comitato di controllo. Solo nel 1985 il Consiglio Economico e Sociale delle NU (ECOSOC) decise di istituire il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali (CESCR), composto da 18 esperti indipendenti incaricati di monitorare l’implementazione del Patto da parte degli Stati, analizzando i rapporti periodici che questi ultimi sono tenuti a preparare ai sensi della parte IV, artt. 16-25 del Patto.

Il 10 dicembre 2008, al termine delle celebrazioni per il 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, l’Assemblea Generale ha adottato all’unanimità, con Risoluzione A/RES/63/117, il Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, che istituisce un meccanismo di comunicazioni individuali per gravi violazioni dei diritti sanciti nel Patto. Il Protocollo impegna gli Stati a riconoscere la competenza del Comitato a ricevere e considerare comunicazioni provenienti da individui, o gruppi di individui, che si reputano vittime di violazioni di uno o più diritti sanciti nel Patto.

Il Protocollo, inoltre, attribuisce altre competenze al Comitato, tra cui:

  • ricevere e considerare comunicazioni inter-statali;
  • richiedere ad uno Stato di adottare misure urgenti, in circostanze di eccezionale gravità, per impedire danni irreparabili per le vittime di presunte violazioni;
  • in caso di violazioni grave e sistematiche, predisporre una missione di inchiesta sul campo.

Il testo del Protocollo è stato elaborato all’interno di un gruppo di lavoro (WG) ad hoc istituito nel 2002 all’interno del Consiglio diritti umani, a cui hanno partecipato rappresentanti di Stati, ONG, agenzie specializzate, nonché numerosi esperti indipendenti. Il WG ha terminato i suoi lavori nel giugno 2008, presentando la propria bozza al Consiglio diritti umani, che ha adottato il Protocollo nel corso della sua VIII Sessione ordinaria (giugno 2008) con Risoluzione 8/2. Il testo è stato poi nuovamente discusso e approvato, sempre all’unanimità, dal Terzo Comitato (Sociale, Umanitario e Culturale) dell’Assemblea Generale nel novembre 2008 (Risoluzione A/63/435).

Il Protocollo, aperto alla firma e ratifica da parte degli Stati il 24 settembre 2009, è entrato in vigore il 5 maggio 2013. Ad oggi sono parti del Protocollo 15 Paesi. L'Italia, che ha firmato il documento il 28 settembre 2009, ha adottato la legge n. 152 di ratifica e esecuzione in data 3 ottobre 2014. 

Si segnala, infine che in ambito NU opera anche il Relatore Speciale nel campo dei diritti culturali, istituito nel 2009 dal Consiglio diritti umani (risoluzione 10/23). 

Aggiornato il

3/11/2014