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I diritti umani nel sistema delle Nazioni Unite: i diritti civili e politici

Un cittadino di Timor Est con un bambino in braccio durante l'elezioni del Consiglio Nazionale, 9 ottobre 2009.
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Dichiarazione universale dei diritti umani

Articolo 3: Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 18: Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione […]

Articolo 21: Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.[…]

Introduzione
I Diritti civili si distinguono in: diritti della persona (ad es. il diritto alla vita, alla sicurezza, alla libertà) e in diritti della persona in rapporto ai gruppi sociali (diritto al matrimonio, libertà religiosa, diritto alla riservatezza). 
I Diritti politici fanno riferimento, invece, al diritto di riunione, di elettorato attivo e passivo, di accesso alla amministrazione pubblica e al governo. Sono i diritti di più antico riconoscimento sul piano interno, a partire dalla Dichiarazione dei diritti della Virginia del 1776 e dalla Dichiarazione francese del 1789. Per questo, sono anche identificati come diritti di prima generazione e definiti come diritti “negativi”, perché comportano l’obbligo di non ingerenza dei pubblici poteri nella sfera di libertà della persona.

Normativa
Patto internazionale sui diritti civili e politici
Adottato dall’Assemblea Generale il 16 dicembre 1966
Entrato in vigore il 23 marzo 1976
Stati parte: 174
L’Italia ha ratificato in data 15 settembre 1978

Il Patto si compone di 53 articoli che fanno riferimento alle tradizionali responsabilità degli Stati nel campo dell’amministrazione della giustizia e del mantenimento dello stato di diritto: molte delle disposizioni del Patto regolano i rapporti tra la singola persona e lo Stato. Tra i diritti riconosciuti figurano il diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza personale; la libertà di movimento; la libertà di pensiero, di coscienza e di religione; la libertà di opinione, di espressione, di associazione e di riunione pacifica, il diritto di votare e di essere eletto; la libertà dalla tortura, dalla detenzione arbitraria e dalla schiavitù. L’art. 2 sancisce che tali diritti devono essere garantiti a tutti, senza distinzione alcuna, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l’opinione politica o qualsiasi altra opinione, l’origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione (principio di non-discriminazione). L’art. 20 sancisce che “1. Qualsiasi propaganda a favore della guerra deve essere vietata dalla legge. 2. Qualsiasi appello all’odio nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento alla discriminazione, all’ostilità o alla violenza deve essere vietato dalla legge.” 
Il Patto ha due Protocolli opzionali: il primo, entrato in vigore nel 1976 (attualmente ha 116 stati parte), istituisce una procedura per ricevere e analizzare le comunicazioni provenienti da persone che ritengono di essere state vittima di violazioni di un diritto enunciato nel Patto; il secondo, entrato in vigore nel 1991 (attualmente ha 91 stati parte), prevede l’abolizione della pena di morte.

Questo Patto e l'ICESCR si basano sui diritti della Dichiarazione universale dei diritti umani. Insieme, la Dichiarazione universale e questi due Patti formano la Carta internazionale dei diritti umani.

Meccanismi di controllo
Comitato diritti umani 
Il Patto internazionale sui diritti civili e politici prevede l’istituzione del Comitato diritti umani, composto da 18 esperti indipendenti che si riuniscono in sessione ordinaria 3 volte l’anno a Ginevra o New York, con il compito di monitorare l’implementazione del Patto da parte degli Stati membri. Questi ultimi hanno l’obbligo di presentare al Comitato dei rapporti periodici sul modo in cui vengono garantiti i diritti civili e politici a livello nazionale. Il primo rapporto va presentato un anno dopo la ratifica del Patto; i successivi su richiesta del Comitato (generalmente ogni 4 anni). Il Comitato esamina ciascun rapporto e indirizza le proprie raccomandazioni allo Stato parte sottoforma di “osservazioni conclusive”. Il primo Protocollo opzionale, inoltre, autorizza il Comitato a ricevere e considerare le comunicazioni individuali. 

Al luglio 2024, l’Italia è stata interessata da 26 comunicazioni individuali: di queste, 14 sono state dichiarate irricevibili, 11 sono giunte alla fase della “constatazione” (rilevando, peraltro, violazioni da parte dell’Italia in 8 casi diversi) e soltanto in un caso la comunicazione è stata archiviata prima di giungere all’esito finale del procedimento.

Il Comitato pubblica anche la sua analisi del contenuto delle disposizioni sui diritti umani, nota come commenti generali, su questioni tematiche o sui suoi metodi di lavoro. Il Comitato si riunisce a Ginevra e tiene normalmente tre sessioni all'anno.

Nel corso degli anni, il lavoro del Comitato ha portato a molti cambiamenti nelle leggi, nelle politiche e nelle prassi, sia a livello nazionale sia nel contesto di singoli casi. Pertanto, l'esercizio da parte del Comitato delle funzioni di monitoraggio affidategli dal Patto ha migliorato la vita delle persone nei Paesi di tutte le parti del mondo.

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