A A+ A++

Le difficoltà delle organizzazioni internazionali nell'ottenimento della pace: il caso del Sud Sudan

Autore: Andrea Premarini (2021)

Andrea Premarini ha concluso il corso di laurea magistrale “Human Rights and Multi-level Governance” presso l'Università di Padova. Questo articolo è un estratto della tesi di laurea “The role of international organisations and major powers in the South-Sudan crisis”, discussa il 26 ottobre 2021 sotto la supervisione del prof. Lorenzo Mechi.

---------------------------------------------------------------------------------------------

Figure 1- Le famiglie dell'insediamento per sfollati di Tong Ping

 

Il 14 luglio 2011, mediante referendum, il Sud Sudan è diventato il 193° paese ad aderire alle Nazioni Unite, l'ultimo Stato ad ottenere l'indipendenza formale riconosciuta dalla Comunità Internazionale. La regione del Sud Sudan è sempre stata geograficamente e culturalmente diversa dal Sudan del nord, ma alla fine del XIX secolo, quando i differenti popoli sono entrati in stretto contatto, i sudanesi del Nord hanno iniziato ad imporre la religione e la tradizione musulmana ai popoli del Sud. Il lungo conflitto tra il Sudan del Nord e del Sud, e successivamente l'attuale civile, ha spinto milioni di sud sudanesi a migrare; l'Uganda e il Sudan sono tra i paesi che ospitano il maggior numero di migranti sud sudanesi, seguiti dagli altri stati vicini (Etiopia, Kenya e Repubblica Democratica del Congo). Nel 2020, il numero di sfollati ha raggiunto quasi due milioni, un numero enorme se paragonato alla popolazione totale del Sud Sudan, che nel 2019 era di circa 11 milioni.

L'articolo si concentra sul fallimento dei diversi attori internazionali nel facilitare il processo di pace tra le diverse fazioni in campo. Sarà possibile osservare come gli interessi nazionali e lo sfruttamento delle materie prime abbiano rallentato i processi di pace, con conseguenze drammatiche per la popolazione locale. L'articolo è diviso in due parti, nella prima verrà analizzato il ruolo delle superpotenze e degli altri attori internazionali, la seconda parte, invece, si concentrerà sul ruolo delle organizzazioni regionali africane nel raggiungimento di una pace duratura.

Il ruolo delle superpotenze e delle Nazioni Unite

La prima guerra civile sudanese è scoppiata all’indomani della proclamazione d’indipendenza del Sudan dal Regno Unito nel 1956 perché la maggioranza nord-sudanese escluse la minoranza del sud dal processo di formazione del nuovo Stato. A causa delle ripercussioni sul contesto locale della guerra fredda, durante il primo conflitto il Sudan fu un campo di battaglia per dispute e accuse reciproche tra gli Stati Uniti e l'URSS, di conseguenza il ruolo delle organizzazioni internazionali nella risoluzione del conflitto risultò estremamente marginale. Le ONG e i diversi rami delle Chiese cristiane giocarono un ruolo cruciale nell’ottenimento di un accordo che prevedesse due sistemi di governance separati, uno mussulmano l’altro laico, dentro un unico Stato. Durante la prima guerra civile sudanese, i civili hanno pagato il prezzo più alto, le ricerche stimano che circa l'80% delle vittime non erano combattenti armati.

Durante la guerra fredda, il Sud Sudan non è riuscito a ottenere l'indipendenza per due motivi: in primis il Regno Unito aveva mantenuto ottime relazioni politiche ed economiche con l'ex colonia e non meno determinante fu la preoccupazione di Washington per l’influenza comunista maggioritaria all’interno gruppi ribelli riuniti sotto il nome 'Sudanese People Liberation Movement/Army' (SPLM/A).

Figura 2- Sudan: FCO briefing for MT (“Call by President Nimeiri: Aid”)  - page 11

Secondo le fonti desegretate (vedi figura2) di Downing Street, la paura per lo scoppio di una nuova guerra civile iniziò nel 1981, quando il presidente sudanese Nimeiri fece una drammatica svolta verso un governo politico islamista alleandosi con il partito dei Fratelli Musulmani. Nel 1983, l'imposizione della sharia nel Sudan meridionale fu vista come una dichiarazione di guerra dello Stato centrale contro le province meridionali.

Durante la seconda guerra civile (1983-2005), il ruolo delle superpotenze fu nettamente diverso rispetto al primo conflitto. Con la caduta del muro di Berlino, vennero meno le divisioni ideologiche, e dopo l'attentato al World Trade Centre (1993), gli Stati Uniti intervennero con decisione nel conflitto dichiarando il Sudan “State Sponsor of Terrorism”. Washington fece pressione sulle organizzazioni regionali africane per promuovere un processo di pace volto a ottenere il diritto all'autodeterminazione dei popoli a favore di un nuovo Stato sovrano del Sud Sudan. Solo nel 2005 alla fine di una complessa mediazione si raggiunse un accordo di pace (CPA) il quale prevedeva l’immediato inizio della Missione delle Nazioni Unite in Sudan (UNMIS). I principali obiettivi della missione erano il controllo sul rispetto del “cessate il fuoco” e il monitoraggio di tutte le fasi del processo di preparazione del referendum sulla separazione dal Sudan. Nonostante gli accordi raggiunti nel 2005 prevedessero la fine della UNMIS con la creazione del nuovo Stato, l'instabilità sul confine con il Sudan ha portato il Consiglio di Sicurezza a stabilire una nuova missione, la Missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan (UNMISS), attiva ancora oggi.

Alla fine degli anni '90, a causa delle sanzioni il Sudan fu politicamente isolato, ma allo stesso tempo ricco di materie prime quindi il governo sudanese cominciò una importante relazione commerciale con la Repubblica Popolare Cinese; Pechino iniziò ad investire nell’estrazione petrolifera al posto delle tradizionali compagnie occidentali. Con la firma del Comprehensive Peace Agreement, le relazioni della Cina con Juba seguirono il principio di un Sudan, due sistemi, riconoscendo e coinvolgendo il governo centrale di unità nazionale del Sudan e il governo del Sudan meridionale. Il dialogo politico con il Sud Sudan presentava una sfida particolare per Pechino a causa del suo precedente sostegno politico, economico e militare al governo centrale di Khartoum durante la seconda guerra civile. Pechino partecipò alla missione in corso nel Darfur occidentale (UNAMID) e al processo di formazione della nuova geografia politica di pace formale Nord-Sud in Sudan attraverso l’UNMISS. Con lo scoppio della guerra civile sud sudanese nel 2012, Pechino è stata nuovamente chiamata all'azione per garantire uno degli investimenti energetici a più alto rischio. La guerra ha portato a un nuovo arresto della produzione di petrolio, i lavoratori delle compagnie petrolifere sono stati costretti a cercare rifugio nelle basi delle Nazioni Unite, i funzionari di alto livello furono immediatamente evacuati.

L'impasse africana

Le guerre civili nel Sud Sudan mostrano anche tutti i limiti delle organizzazioni internazionali regionali nella risoluzione dei conflitti civili. Sia durante gli anni '90 che durante il conflitto civile del Sud Sudan, l'interesse nazionale e la sovrapposizione di competenze tra le organizzazioni dell'Unione Africana e l’organizzazione dei paesi del Corno d'Africa (Autorità per lo sviluppo - IGAD, chiamata IGADD fino al 1996), hanno avuto effetti drammatici sulla continuazione del conflitto e sulle popolazioni civili.

Nel 1993, l'IGADD incaricò Kenya, Uganda, Etiopia ed Eritrea di intraprendere negoziati di pace, nel 1994, l'IGADD ha istituito un comitato permanente per trovare una soluzione pacifica al conflitto in Sudan e nello stesso anno sono iniziati a Nairobi i negoziati tra lo SPLM/A e il governo. Il tenente generale Malual Ayom Dor ha sottolineato che durante il primo periodo del processo di pace sono stati fatti pochi progressi “perché i disaccordi sulla questione dell'autodeterminazione del Sud hanno impedito alle discussioni di andare avanti, poiché il governo sudanese ha minacciato di boicottare se la questione dell'autodeterminazione fosse stata all'ordine del giorno”. Lo stallo incontrato dagli Stati membri dell'IGAD nei primi anni '90 fu superato solo dall'intervento degli Stati Uniti, quando dopo l'attacco terroristico dell'11 settembre fu chiaro che la strategia per colpire gli stati islamici era quella di sostenere le richieste separatiste dell'SPLM istituendo uno stato democratico e indipendente del Sud Sudan.

I limiti dell'Unione Africana sono più visibili nella guerra civile scoppiata alla fine del 2012 in Sud Sudan. La guerra civile mostrò la sovrapposizione di autorità tra l'UA e l'IGAD che ha portato a diverse fasi di immobilità nei processi di pace. Il perseguimento degli interessi nazionali dei paesi del Corno d'Africa è una delle ragioni principali delle difficoltà di dialogo e cooperazione tra le due organizzazioni internazionali. L'UA non possiede gli strumenti giuridici necessari per imporre delle sanzioni efficaci con il fine di poter ottenere indebolire ed isolare le parti in conflitto, infatti la chiara avversione della sub-regione all’utilizzo delle misure punitive è dovuta alla volontà di proteggere i loro partner sud-sudanesi, questo ha portato l'IGAD a bloccare qualsiasi tentativo di imporre sanzioni. Nel luglio 2018, ad esempio, prima del Comitato ad hoc dell'UA sul Sud Sudan, l'IGAD ha tenuto una riunione e ha esortato l'UA a non considerare alcuna misura punitiva visto che l'IGAD stava già sviluppando altre strategie. Commentando la vicenda il Dr. Ndubuisi Christian Ani  ha evidenziato come "la tempistica del comunicato dell'IGAD mostra anche la tendenza più ampia di come l'organizzazione sub-regionale tende ad evitare interferenze e input dalla più grande configurazione dell'UA." Non di minor importanza è il non-ruolo del Consiglio di pace e sicurezza dell'Unione Africana (CPS), composto da tutti gli stati africani. Tecnicamente, il ruolo del CPS è di fornire una risposta continentale alle situazioni di crisi, fornendo adeguati controlli ed equilibri ai punti di vista sub-regionali in conflitto. La mancanza di risorse e di autorità ha evidenziato tutte le fragilità del CPS, il caso del Sud Sudan mostra l’incapacità di una risposta umanitaria coordinata a livello dell’UA. L'UA ha anche proposto la creazione di una forza regionale in conformità con il suo impegno per la soluzione africana dei problemi africani, che, tuttavia, non è stata schierata.

Conclusione

     Secondo il rapporto del Consiglio dei diritti umani, l'intervento dell'UNMISS non riesce a garantire la pace e il rispetto degli accordi di pace e le condizioni del Sud Sudan nel 2021 sono ancora tragiche. Il petrolio, la scarsa importanza del Sud Sudan nello scenario africano, le fragili alleanze regionali e i vari conflitti per procura sono i motivi per cui la comunità internazionale non è mai riuscita ad intervenire con efficacia per prevenire atrocità di massa e violazioni dei diritti umani durante i conflitti. Le continue guerra hanno inoltre causato una fortissima proliferazione di armi, anche da guerra, in tutto il Sud Sudan aumentando le difficoltà nel mantenere una pace duratura. Il caso del Sud Sudan mostra chiaramente come gli interessi nazionali siano ancora superiori alla protezione della popolazione e al rispetto dei diritti umani. Finché lo sfruttamento delle risorse naturali sarà alla base di tutti i rapporti di forza locali e internazionali, non ci sarà pace per alcune province del fragile stato del Sud Sudan.

Figure 3- Un’operazione della UNMISS

Risorse

Documenti

Aggiornato il

1/4/2022