Marcia PerugiAssisi

Appello della Marcia per la pace Perugia-Assisi “Noi popoli delle Nazioni Unite”, 24 settembre 1995, nel 50° anniversario dell’ONU

Logo Centro di Ateneo per i Diritti Umani "Antonio Papisca", Università di Padova

“Noi popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra (...), a riaffermare la fede nei diritti fondamentali della persona (...), a promuovere il progresso sociale (...), abbiamo risoluto di unire i nostri sforzi per il raggiungimento di tali fini”
(Dallo Statuto delle Nazioni Unite, 26 giugno 1945) 

Questa solenne affermazione di soggettività originaria dei popoli e della loro volontà di pace segna la Carta delle Nazioni Unite: per la prima volta nella storia delle relazioni internazionali, un accordo giuridico fra stati invoca a proprio fondamento la sovranità delle comunità che compongono la famiglia umana universale. Il Preambolo della Carta mantiene intatta la sua attualità nonostante che gli stati abbiamo impedito che il protagonismo dei popoli si esprimesse in adeguate forme di democrazia internazionale, cioè di legittimazione diretta delle istituzioni decisionali e di partecipazione politica popolare al loro funzionamento. 

A cinquantanni di distanza, noi, popoli delle Nazioni Unite, ribadiamo la nostra concorde volontà di pace, di giustizia e di sviluppo umano sostenibile e, in questo spirito costruttivo, vogliamo far sentire la nostra voce. Per valutare e, soprattutto, per proporre. 

Il bilancio delle Nazioni Unite presenta numerose ombre ma anche molte luci. 

I primi cinquantanni di vita dell’ONU e del più ampio sistema delle Nazioni Unite sono stati fortemente condizionati dal regime bipolare delle relazioni internazionali, ovvero dall’equilibrio del terrore fra i blocchi dell’Est e dell’Ovest, che ha riversato drammatici costi sui popoli del sud del mondo e ha impedito di realizzare quel sistema di sicurezza globale che, secondo le disposizioni esplicite della Carta di San Francisco, avrebbe dovuto essere gestito dall’Organizzazione delle Nazioni Unite con funzioni di autorità inequivocabilmente sopranazionale.

A questa gravisima carenza strutturale, la cui responsabilità primaria ricade sugli stati membri e in particolare sui più potenti, l’ONU ha cercato di ovviare con le operazioni cosiddette di mantenimento della pace e l’impiego dei Caschi blu. Nonostante le inadeguatezze e i ritardi, l’esperienza maturata con queste operazioni costituisce oggi la premessa reale per costruire un efficace sistema di prevenzione e contenimento dei conflitti. 

In altri settori l’ONU ha operato al positivo. In particolare ha presieduto al processo della decolonizzazione politica, ha sollevato e affrontato il problema del sottosviluppo, elaborato la filosofìa dello sviluppo umano sostenibile e messo in opera, sia direttamente sia attraverso le Agenzie specializzate delle Nazioni Unite, molteplici e complessi programmi di cooperazione, ha sviluppato una fitta rete di cooperazione multilaterale in numerosi settori – dalla sanità all’ambiente alla codificazione del diritto internazionale –, ha contribuito alla crescita dell’associazionismo su scala transnazionale mediante la prassi dello status consultivo delle Organizzazioni nongovernative (ONG). Soprattutto con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, l’ONU ha dato origine al diritto internazionale dei diritti umani, cioè ad un corpo organico di norme che, insieme con l’enunciazione dei diritti fondamentali delle persone e dei popoli, obbliga gli stati a rispettarli e a sottoporsi a forme di controllo sopranazionale. 

Finito il bipolarismo e caduto l’alibi del disimpegno degli stati in ordine al disarmo reale e alla sicurezza collettiva mondiale, l’ONU deve ora essere messa in grado di rispondere alla sfida dell’interdipendenza mondiale, cioè all’esigenza di promuovere la sicurezza globale in campo economico, sociale, ambientale e dell’ordine pubblico internazionale. 

Si tratta in particolare di dare un governo al processo di mondializzazione dell’economia che tenga innanzitutto conto dei bisogni vitali delle comunità umane, in particolare di quelle più vulnerabili, oltre che delle leggi dell’economia e della disomogenea collocazione delle risorse nel pianeta. 

La messa in opera di un sistema di pubblica sicurezza mondiale, in grado di prevenire efficacemente e far cessare i conflitti armati, esige in via pregiudiziale che gli stati abbandonino la vecchia, nefasta logica della cosiddetta sicurezza nazionale da perseguire ciascuno per proprio conto, a difesa degli interessi nazionali, ovunque nel mondo e con ogni mezzo. Occorre quindi che si proceda al disarmo reale, alla riconversione degli eserciti nazionali in forza di polizia internazionale sotto autorità e comando delle Nazioni Unite, alla creazione di una forza non armata e nonviolenta da impiegare, sotto autorità delle Nazioni Unite, nelle operazioni di ingerenza umanitaria. 

Noi, popoli delle Nazioni Unite, ribadiamo con forza i principi del ripudio della guerra, della soluzione pacifica delle controversie internazionali, del rispetto della eguale dignità e degli eguali diritti di tutte le persone e di tutti i popoli, della universalità, interdipendenza e indivisibilità di tutti i diritti umani – economici, sociali, culturali, civili e politici; diritti alla pace, all’ambiente e allo sviluppo; diritti delle generazioni future –, nonché il principio secondo cui i diritti umani delle donne e delle bambine fanno indissociabilmente parte dei diritti umani universalmente riconosciuti.

Appellandoci a questi principi, che fondano la legalità della vita di relazione tra i popoli e tra gli stati nel pianeta, noi, popoli delle Nazioni Unite, vogliamo un ordine internazionale più umano, giusto, equo, solidale e democratico. Ci opponiamo con forza a quei governi che perseguono un disegno di nuovo ordine mondiale che antepone la sovranità armata degli stati ai diritti fondamentali delle persone e dei popoli, l’egoistico interesse nazionale al bene comune della famiglia umana universale e alla sicurezza collettiva, che svilisce l’ONU a cassa di risonanza della volontà degli stati più forti, che pone in crisi o impedisce l’esperienza della democrazia costringendola dentro la camicia di forza dello stato-sovrano-nazionale-armato-confinario, che tenta di rilegittimare l’istituto della guerra giusta militarizzando l’ingerenza umanitaria, che in nome del mercato e della sua liberalizzazione preferisce avallare i comportamenti dei centri decisionali, verticistici e opachi della mondocrazia finanziaria, commerciale e tecnologica piuttosto che riformare e potenziare in senso democratico le istituzioni economiche internazionali multilaterali.

Noi, popoli delle Nazioni Unite, ci riappropriamo della Carta delle Nazioni Unite e ci impegnarne a lottare perché venga rispettato il diritto internazionale dei diritti umani.

Richiamiamo i governi al pieno rispetto della legalità internazionale e da loro esigiamo che, senza ulteriore indugio, assolvano all’obbligo giuridico di dare all’Organizzazione delle Nazioni Unite tutte le risorse, materiali e umane, che sono necessarie per prevenire i conflitti armati, assicurare il mantenimento della pace e contribuire allo sviluppo umano sostenibile a cominciare dalle zone più povere e svantaggiate del pianeta.

Ci impegnamo ad agire affinché all’interno del sistema delle Nazioni Unite si creino le condizioni idonee all’esercizio della democrazia internazionale mediante la creazione di una Assemblea parlamentare delle Nazioni Unite e di un Congresso dei poteri locali alle Nazioni Unite, il potenziamento dello status consultivo delle organizzazioni nongovernative e la composizione tripartita (esecutivo, parlamento, associazionismo nongovernativo) delle delegazioni nazionali nei vari organi delle Nazioni Unite, nonché la riforma del Consiglio di sicurezza perché sia più rappresentativo e democratico. 

Ci impegnamo e impegnamo i governi dei nostri stati:

  • a mobilitare tutte le risorse necessarie per rafforzare il sistema di garanzie sopranazionali dei diritti umani gestito dalle Nazioni Unite, dando tra l’altro vita al Tribunale penale internazionale permanente con il compito di giudicare sui crimini di guerra e contro l’umanità;
  • ad intensificare le azioni di pace e di solidarietà transnazionale per fermare la guerra e aiutare le popolazioni coinvolte nei conflitti armati palesi e in quelli occulti o dimenticati;
  • a promuovere e potenziare Pinformazione sui principi e i fini delle Nazioni Unite e sul diritto internazionale dei diritti umani e a incentivare programmi di educazione alla pace, alla comprensione e alla solidarietà internazionale nonché ai diritti umani e alla democrazia.

Noi, popoli delle Nazioni Unite, ci impegnamo a far sì che i principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale dei diritti umani siano espressamente richiamati negli ordinamenti costituzionali e negli statuti degli Enti locali dei nostri rispettivi paesi. 

Ci impegnamo altresì a che le nostre città si autoproclamino città della pace, pienamente consapevoli che i due poli terminali della governabilità democratica, nell’era dell’interdipendenza mondiale e dei diritti umani, sono la città e l’ONU. 

Noi, popoli delle Nazioni Unite, siamo fermamente risoluti a dare piena legittimazione all’ONU dei popoli, perché sia in grado di esercitare con efficacia la propria autorità sopranazionale, democratica e pacificatrice.

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