Articolo 25 - Abbiamo cura di te
Articolo 25
1.
Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire
la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare
riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure
mediche e ai servizi sociali necessari; e ha diritto alla sicurezza in
caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in
altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze
indipendenti dalla sua volontà.
2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed
assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso,
devono godere della stessa protezione sociale
E’ un Articolo che riassume e ricapitola tutti gli altri nel segno
della dignità integrale della persona. Il contenuto di questa norma
internazionale è come la carezza amorevole che il Diritto
internazionale dei diritti umani fa alla persona, egualmente a ciascun
membro della famiglia umana, ma con particolare attenzione a chi meno
ha ed ha più bisogno.
A causa dell’inflazione mass-mediatica siamo costretti a subire molti
sdolcinati, e poco credibili, usi dell’espressione “I care”.
Nel caso dell’Articolo 25 è la norma internazionale che si prende cura delle necessità vitali delle persone. Come tale, essa non soltanto è credibile, ma ci obbliga a farla “azione” nel quadro di una prospettiva vitale che è molto più della mera sopravvivenza di persone e popoli, molto più del superamento millimetrico della soglia di povertà. L’Articolo parla infatti di un tenore di vita che produca e alimenti il benessere integrale della persona e della sua famiglia, cioè dell’essere umano fatto di anima e di corpo, di spirito e di materia.
In questo contesto il concetto di salute è quello definito dalla Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non meramente l’assenza di malattia”. Precisa questa stessa Costituzione che “il godimento del più alto conseguibile livello di salute costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano senza distinzione di razza, di religione, di fede politica, di condizione economica o sociale” e che “la salute di tutti i popoli è fondamentale ai fini del conseguimento della pace e della sicurezza ed è dipendente dalla più piena collaborazione degli individui e degli stati”.
In questo contesto di promozione della dignità umana su scala mondiale
e in chiave di responsabilità condivise, è appena il caso di
sottolineare che il ‘benessere’ dei diritti umani non è fatto di lussi,
di stravaganze, di consumismi. La lezione che ne discende è di sobrietà
nel consumare e nel comportarsi, da mettere in atto all’interno della
micro-comunità familiare e nelle più ampie comunità sociali
d’appartenenza.
L’Articolo 25, nella sua puntuale didascalità, è
il codice genetico dello stato sociale e dell’intera Agenda politica
dei diritti umani. La traduzione operativa di questa consiste nelle
politiche sociali e nelle azioni positive nei settori della sanità,
della casa, dell’occupazione, dell’assistenza, della speciale
protezione dei bambini e della maternità. Da sottolineare che il
secondo comma dell’Articolo dice che i bambini sono tutti eguali,
dentro o fuori del matrimonio.
Una breve riflessione sul diritto all’alimentazione. In tante parti del
mondo si continua ancora a morire di fame, a causa di carestie,
violenze, guerre, ma anche a causa di espropriata autosufficienza
alimentare. Periodicamente si lanciano campagne mondiali contro la fame
nel mondo. Ricordo che la prima fu lanciata dalla FAO nel 1960,
l’ultima nel 2000 con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
Per
sfamare occorrono certamente viveri e danaro, ma in non pochi casi
bisogna consentire ai paesi derubati dall’autosufficienza di
recuperarla, nel quadro di una più corretta divisione dei termini di
scambio tra paesi ad economia povera da un lato, e paesi ad economia
sviluppata, dall’altro.
Dentro il tema alimentazione c’è quello dell’acqua e dell’accesso all’acqua potabile.
L’ONU ha adottato varie iniziative sul tema dello sradicamento della
povertà estrema. In particolare il Consiglio dei diritti umani delle
Nazioni Unite ha stilato nel 2007 un documento intitolato “ Principi
guida su diritti umani e povertà estrema: i diritti del Povero” inteso
a dar voce ai poveri. In questo documento c’è un paragrafo dedicato a
“il diritto all’acqua” come diritto fondamentale. Da molti anni,
organizzazioni non governative e movimenti solidaristici transnazionali
si stanno battendo per questa causa sostenendo, a ragione, che l’acqua
è bene comune globale (global common good) e che, pertanto, bisogna
sottrarla alle privatizzazioni: per l’acqua non ci sono vie di mezzo
tra pubblico e privato. L’acqua è un bene di tutti e come tale deve
essere gestito e protetto dalle pubbliche istituzioni, interne e
internazionali.
Neppure la sanità può essere oggetto di esclusiva privatizzazione. Il
diritto fondamentale alla salute si traduce in: cure mediche e salute
per tutti. La sanità è un servizio pubblico elementare, come tale
oggetto, in via primaria, di politiche pubbliche. Fa parte
dell’imperfezione umana commuoversi (eventualmente) di fronte a chi
muore di fame e restare indifferenti di fronte a chi, per mancanza di
danaro, è costretto a soffrire e morire prematuramente per mancata
assistenza sanitaria.
Pochi mettono in relazione l’Articolo 25 con
l’Articolo 1 della Dichiarazione universale. Ma bisogna farlo. Coloro
che “nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”, coloro cioè che
sono la legge fondamentale, hanno diritto a vivere, non a sopravvivere
fortunosamente o a morire di stenti. Morendo prematuramente o stentando
a sopravvivere è lo stesso “diritto umano sussistente” (Antonio
Rosmini) che entra in crisi, è lo stesso ordinamento giuridico che
perde di sostanza precettiva.
Quanto costa aiutare tutti i membri della famiglia umana a vivere degnamente?
Prima di quantificare la risposta nei vari contesti geografici, andiamo
a guardare quanto costano gli armamenti, le guerre ’preventive’ palesi
e camuffate, quanto danaro è bruciato dalla speculazione finanziaria,
quanti danni hanno provocato la deregulation, il neoliberismo, le
politiche di “aggiustamento strutturale” del Fondo Monetario
Internazionale, l’inquinamento dell’ambiente naturale, la non volontà
degli stati più forti di governare l’economia mondiale per i fini di
giustizia che sono elencati nell’Articolo 25.
La spesa militare mondiale è stata di 1.339 miliardi di dollari nel
2007, con un aumento del 6% rispetto al 2006 e del 45% rispetto al
1998. La cifra corrisponde al 2,5% del PIL mondiale per un importo di
202 dollari per ciascun abitante della terra (Annuario SIPRI 2008).
Dopo questa denuncia, la risposta è: “diritti umani-Agenda politica”
nell’ottica del trinomio indissociabile stato di diritto-stato
sociale-pace positiva.