Nazioni Unite / ONU

I diritti umani nel sistema delle Nazioni Unite: i diritti umani dell’infanzia

Bambini sui banchi di scuola in una scuola elementare del Nepal.
© UNESCO

Dichiarazione universale dei diritti umani
Art. 2: Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

Convenzione sui diritti dell’infanzia 
Art. 3. In tutte le decisioni relative ai fanciulli, […] l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.

Introduzione
I “diritti dei bambini” non sono altri e nuovi “diritti umani”, ne sono invece una specificazione che si rende necessaria in ragione della condizione esistenziale, particolarmente vulnerabile, del bambino e del minore. Fino alla discussione ed approvazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia, la Comunità Internazionale si era occupata della questione con alcune dichiarazioni sui diritti del bambino (1929, Società delle Nazioni; 1959 NU) e attraverso norme specifiche sui minori in taluni trattati internazionali. Mancava, tuttavia, uno strumento giuridico vincolante per gli Stati, che affrontasse in modo integrale la questione infantile, riconoscendo il fanciullo come soggetto portatore dell’intera gamma dei diritti umani, e non “soltanto” come oggetto di tutela in norme fatte e pensate per gli adulti, come quelle relative all’ambiente familiare. Gli strumenti giuridici generali sui diritti umani che, come il Patto sui diritti civili e politici e quello sui diritti economici sociali e culturali (1966), riconoscono i diritti inerenti ad ogni essere umano, non bastavano a proteggere un gruppo sociale particolarmente vulnerabile, come quello dei bambini. Né tanto meno gli conferivano soggettività. La Convenzione sui diritti dell’infanzia risponde, invece, a tale istanza: si tratta infatti del primo e unico strumento giuridico internazionale legalmente vincolante che incorpora tutti i diritti umani di prima e seconda generazione – i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali del bambino – attribuendo eguale importanza a ciascuno di essi.

Normativa: Convenzione sui diritti dell’infanzia
Adottata dall’Assemblea Generale il 20 novembre 1989 
Entrata in vigore il 2 settembre 1990 
Stati parte: 196 
L’Italia ha ratificato in data 5 settembre 1991.

La Convenzione costituisce il trattato maggiormente ratificato nella storia del diritto internazionale. In pratica gode di un consenso universale, dato che è stata ratificata da tutti gli Stati del mondo (193), ad eccezione degli Stati Uniti e della Somalia. 

La Convenzione riconosce il bambino come soggetto centrale di diritti umani: in 54 articoli, contiene un ampio repertorio di diritti (sezione I, artt. 1-41), un sistema di garanzie (sez. II, artt.42-45) e norme di attuazione (sez. III, artt. 46-54). I diritti riconosciuti ineriscono ogni aspetto della condizione esistenziale del bambino e perciò riguardano anche le formazioni sociali, come la famiglia e la scuola, in cui la sua crescita ha luogo. Da ciascun diritto enunciato nella Convenzione discendono specifici obblighi, cui gli Stati devono rispondere attraverso adeguate misure amministrative, legislative, giudiziarie e di altra natura. Quattro principi fondamentali aiutano l’interpretazione della Convenzione e costituiscono una guida per l’elaborazione dei programmi nazionali di attuazione: 

  1. Non discriminazione (art. 2);
  2. Superiore interesse del fanciullo (art. 3);
  3. Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo (art. 6);
  4. Dovere di ascoltare l’opinione del fanciullo (art. 12).

Alla Convenzione hanno fatto seguito tre Protocolli opzionali: il Protocollo opzionale riguardante il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati ed il Protocollo opzionale riguardante il traffico di bambini, la prostituzione infantile e la pornografia infantile, entrambi adottati nel 2000 entrati in vigore nel 2002; e più recentemente il Protocollo sulle procedure di comunicazione, entrato in vigore nel 2014.

Meccanismi di controllo: Comitato per i diritti dell’infanzia
Il Comitato è composto da 18 esperti indipendenti incaricati di monitorare l’implementazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dei suoi Protocolli opzionali da parte degli Stati membri. Il Comitato svolge 3 sessioni all’anno di quattro settimane. In base all’art. 44 della Convenzione, gli Stati parte devono presentare rapporti periodici al Comitato, descrivendo i passi compiuti per attuare la Convenzione. Il primo rapporto deve essere presentato entro due anni dalla ratifica, i successivi ogni 5.

Inoltre, con l’entrata in vigore del terzo protocollo opzionale, il Comitato ha esteso le proprie competenze a: Comunicazioni individuali (art. 5), Comunicazioni inter-statuali (art. 12), Inchieste su gravi e sistematiche violazioni dei diritti del bambino (art. 13).

Nel Novembre 2014, il Comitato dei diritti per l'infanzia e il Comitato per l'eliminazione della discriminazione contro le donne hanno unito le forze per pubblicare un'interpretazione completa degli obblighi degli Stati di prevenire ed eliminare le pratiche dannose inflitte a donne e ragazze, come: le mutilazioni genitali femminili, i crimini commessi in nome del cosiddetto onore, i matrimoni forzati e infantili e la poligamia. Questa Raccomandazione/Commento generale congiunto riflette lo sforzo comune per garantire il rispetto dei diritti delle donne e dei bambini ed è stata adottata in occasione del 35° anniversario della CEDAW e del 25° anniversario della CRC.

Si segnala, infine che in ambito NU operano numerosi uffici indipendenti in difesa dei diritti dei bambini

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