Il Protocollo sui diritti delle donne della Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli
Università di Padova / Collaboratrice del Centro diritti umani
Il protocollo sui diritti delle donne della Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli è stato adottato a Maputo (Mozambico) nel 2003 durante la 2a sessione ordinaria dell’Assemblea dell’Unione Africana. È entrato in vigore nel 2005 e, a giugno 2023, è stato ratificato da 44 Paesi. Tra gli Stati dell’UA che ancora devono ratificare il documento troviamo Botswana, Camerun, Capo Verde, Ciad, Egitto, Eritrea, Madagascar, Marocco, Nigeria, Somalia e Sudan.
Si tratta di uno strumento giuridico vincolante che raccoglie diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, oltre a diritti e protezioni specifici per donne che possono subire discriminazioni multiple (vedove, donne con disabilità, donne anziane).
Il Protocollo riporta due primati: per la prima volta una convenzione internazionale stabilisce il diritto alla salute sessuale e riproduttiva (art. 14) ed affronta alcune questioni di diritto connesse con il virus dell’HIV e l’AIDS.
Il testo è strutturato in un preambolo, un articolo per la definizione dei termini utilizzati (art. 1); una parte riguardante i diritti e le libertà di donne e bambine (artt. 2-24); una serie di disposizioni finali rispetto alla sua entrata in vigore, accesso/ratifica da parte degli Stati, revisione ed interpretazione (artt. 25-32).
Il preambolo richiama gli strumenti giuridici internazionali e regionali sui diritti umani ed afferma alcune questioni fondamentali come: l’importanza della promozione dell’uguaglianza di genere; il riconoscimento del ruolo cruciale delle donne nella preservazione dei valori africani che si basano sui principi di uguaglianza, pace, libertà, dignità, giustizia, solidarietà e democrazia.
Il protocollo stabilisce quindi una serie di diritti, libertà e forme di protezione specificatamente declinati per donne e bambine:
- l’eliminazione delle discriminazione nei confronti delle donne (art. 2);
- diritto alla dignità (art. 3);
- diritto alla vita, all’integrità e sicurezza della persona (art. 4);
- l’eliminazione delle pratiche dannose (art. 5);
- diritti e libertà rispetto al matrimonio: uguaglianza dei coniugi, età minima, etc. (art. 6);
- diritti e libertà connessi a separazione, divorzio e annullamento del matrimonio (art. 7);
- accesso ai rimedi e uguaglianza di fronte alla legge (art. 8);
- diritto alla partecipazione ai processi decisionali compresi quelli politici (art. 9);
- diritto alla pace (art. 10);
- protezione delle donne nei conflitti armati (art. 11);
- diritto all’educazione e alla formazione (art. 12);
- diritto di cittadinanza sociale ed economica (art. 13);
- diritti alla salute e alla salute riproduttiva e sessuale (art. 14);
- diritto alla sicurezza alimentare (art. 15);
- diritto ad adeguate condizioni abitative (art. 16);
- diritto ad un positivo contesto culturale (art. 17);
- diritto ad un ambiente sano e sostenibile (art. 18);
- diritto allo sviluppo sostenibile (art. 19);
- diritti delle vedove (art. 20);
- diritto ad ereditare (art. 21);
- protezione speciale per le donne anziane (art. 22);
- protezione speciale delle donne con disabilità (art. 23);
- protezione speciale per le donne in stato di bisogno (art. 24).
Il Protocollo non prevede l’istituzione di un organo convenzionale (treaty body) che possa monitorare l’attuazione dei diritti da parte degli Stati. Nonostante ciò, le attività portate avanti dalla Commissione sui diritti umani e dei popoli e dalla Relatrice speciale sui diritti delle donne possono, almeno in parte, farvi fronte.
Per quanto riguarda le attività della Commissione sui diritti dell'uomo e dei popoli, nelle Linee guida per la presentazione dei rapporti periodici da parte degli Stati sull’attuazione della Carta africana, è previsto che una sezione del rapporto sia dedicata ad illustrare come lo Stato fa fronte alle discriminazioni nei confronti delle donne. Le Linee guida si rifanno alla Convenzione delle Nazioni Unite per l’eliminazione di tutte le discriminazioni nei confronti delle donne e precisano dettagliatamente quanto gli Stati sono tenuti a riportare nel rapporto, sia rispetto a quanto è stato fatto - a livello normativo, di programmazione politica e con altri tipi di misure - dagli Stati per far fronte al tema delle discriminazioni e rispetto alla ratifica ed implementazione della Convenzione ONU.
Inoltre, rispetto alle attività della Relatrice speciale sui diritti delle donne in Africa, procedura istituita dalla Commissione sui diritti dell'uomo e dei popoli nel 1999, il mandato prevede anche di seguire l’implementazione da parte degli Stati della Carta africana e del relativo Protocollo sui diritti delle donne, in particolare, attraverso la preparazione di rapporti sulla situazione dei diritti delle donne e proponendo raccomandazioni alla Commissione. Inoltre, sempre nel mandato della Relatrice speciale vi è la previsione di missioni d’inchiesta (fact-finding mission) nei Paesi membri al fine di promuovere gli strumenti per i diritti umani dell’UA e investigare sulla situazione dei diritti delle donne nei Paesi visitati.
Di particolare importanza risultano essere i due commenti generali della Relatrice speciale nel 2012 e 2014 d’interpretazione dell’articolo 14 sul diritto alla salute compresa la salute sessuale e riproduttiva.
All’interno del Commento generale No.1, viene specificato come il diritto delle donne a tutelarsi ed essere tutelate debba essere rispettato dagli Stati garantendo loro accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva e fornendo loro informazioni complete e non discriminatorie sul proprio stato di salute e quello del partner, in particolare facendo riferimento a malattie sessualmente trasmissibili come HIV/AIDS. Inoltre, per prendere decisioni basate sul consenso informato, dovrebbe essere inclusa una consulenza prima e dopo aver svolto il test sull’HIV e deve essere garantita cautela nel rivelare informazioni al partner in caso di sieropositività per evitare possibili episodi di discriminazione e violenza.
Il Commento generale No.2 chiarisce l’obbligo degli Stati a rimuovere qualsiasi barriera che impedisca alle donne accesso ai servizi legati alla contraccezione e pianificazione familiare, specificando il dovere di fornire informazioni complete e accurate sulle opzioni a disposizione e personale medico disposto ad offrire questo tipo di cure. Inoltre, viene protetto il diritto all’aborto sicuro e alla non-discriminazione per le donne e il personale medico nel caso in un cui questo venga praticato.
Infine, il Protocollo affida alla Commissione per i diritti umani e dei popoli la funzione d’interpretazione delle questioni derivanti dall’applicazione delle norme in esso contenute. Con l'istituzione della Corte africana dei diritti dell'uomo e dei popoli tale funzione è transitata a quest’ultima.