Inclusione e esclusione religiosa nel mondo cattolico di Europa e America

Tra il 2017 e il 2020 si è svolto un progetto di ricerca triennale dal titolo Inclusione e esclusione religiosa nel mondo cattolico d’Europa e America, che ha coinvolto le Università di Roma Tre, la Pontificia Universidad Católica de Chile e la Universidad de Chile. Il progetto fa parte di una prolungata collaborazione italo-cilena che dal 2007 si è concentrata su tre grandi progetti triennali sviluppati in diversi incontri seminariali con la pubblicazione di tre volumi editi in Italia e in Cile.
Gli atti dei tre ultimi seminari riguardanti le dinamiche di inclusione ed esclusione, organizzati tra Roma e Santiago nel periodo compreso tra 2018 e 2020, sono ora in corso di stampa in Cile, presso la Editorial Universitaria, con il titolo Inclusión y esclusión religiosa en Europa y America e la curatela di un comitato editoriale composto dai membri delle tre Università coinvolte nel progetto, Celia Cussen (Universidad de Chile), Maria Lupi (Università Roma Tre) e Claudio Rolle (Pontificia Universidad Católica de Chile). L’immimente pubblicazione è occasione di riflettere sul tema proposto, oggetto del progetto di ricerca, in particolare sull’ultimo degli incontri tenutosi a Roma, presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma Tre, incentrato precisamente sul tema Inclusione ed esclusione. Pratiche di accoglienza ed esperienze di emarginazione religiosa in Europa e nell’America spagnola, al quale ho direttamente partecipato. Questo seminario ha posto temi storici riguardanti la controversa e spesso contraddittoria dialettica inclusiva/esclusiva sia all’interno degli ordini religiosi, sia nel contesto missionario e del cattolicesimo dei regni spagnoli in America latina, mostrando la pervasività di temi e questioni che giungono, non solo in relazione a quel contesto geopolitico, sino alla nostra contemporaneità.
Le peculiarità dell’incontro hanno riguardato due aspetti significativi: da un lato il carattere diacronico che ha visto susseguirsi interventi relativi ad un arco cronologico esteso dal periodo antico (mi riferisco in particolare al contributo di Federica Candido su La scelta della verginità e la libertà di movimento per le donne dell’Impero tra III e IV secolo. Alcune riflessioni a partire dalle categorie di inclusione ed esclusione), fino alla piena contemporaneità (con l’intervento di Matteo Mennini su I gruppi cattolici LGBT in Italia: fonti e ipotesi di ricerca); dall’altro le relazioni presentate si sono distinte per concetti di inclusione/esclusione molto ampi, che vanno anche al di là della categoria delle persone. La maggior parte dei contributi hanno riguardato processi di inclusione/esclusione relativi a gruppi umani, variamente definiti dal punto di vista dell’appartenzenza religiosa: alcuni autori si sono concentrati sull’inclusione/esclusione nell’ambito degli ordini religiosi – sia gli ordini Mendicanti (Maria Teresa Dolso, Emanuele Carletti, Anne Joyeux) sia i Gesuiti (Luigi Guarneri Calò Carducci, Bernarda Urrejola), sia i monasteri delle Concezioniste (Diana Barreto) – ma altresì nel contesto delle comunità giudaico-portoghesi (Citlalli Domínguez). In qualche caso è stata posta al centro dell’attenzione la vicenda di singoli individui in quanto emblematica: Guarneri Calò Carducci ha indagato Un controverso caso di esclusione nella Compagnia di Gesù in Perù alla fine del XVI secolo, ripercorrendo la vicenda del gesuita meticcio Blas Valera, inquisito dall’ordine, caso che mette in luce la controversa considerazione dei meticci nella Compagnia di Gesù e diventa quindi rappresentativo dei problemi legati alle vocazioni ‘meticce’. Anche Urrejola, attraverso una vicenda particolare - la politica filogesuitica di un vescovo in Cile nella seconda metà del XVIII secolo - ha ripercorso le vicende di espulsione dei Gesuiti dai regni spagnoli (compresi quelli di oltremare) nel 1767, provvedimento prodromico alla soppressione dell’ordine qualche anno dopo.
Se la maggior parte degli autori si è concentrata sull’inclusione/esclusione di gruppi e singoli individui, tale dialettica inclusiva/esclusiva è stata applicata altresì ad altre categorie, quali i testi e la memoria. Lo hanno ben mostrato le relazioni di Filippo Sedda (Liturgia e storia: una sinergia inclusiva tra spazio, tempo, gesto, segno e parola) e Giandomenico Ferrazza (Nefandi Graeci, Nefandissimi Langobardi: la costruzione dell’ “altro” nell’ideologia del papato altomedievale). Il primo ha posto l’accento sulle varie componenti della liturgia – spazio, parola, gesto, segno, tempo – che ne fanno uno strumento di comunicazione profonda, paragonabile alla predicazione, in grado di unire la dimensione orale e scritta, ma allo stesso tempo di delimitare/escludere ed includere un certo gruppo in un certo luogo e tempo; il secondo ha mostrato tutti i limiti, per l’Europa medievale, del paradigma relativo alla separazione della civiltà occidentale e bizantina, paradigma costruito da una storiografia attenta a ‘espungere’/escludere il ricordo dei papi greci dalla memoria del papato sotto il profilo religioso e politico.
Lo spazio cronologico degli interventi, come già evidenziato, si è disteso su un lungo periodo a partire dai primi secoli fino alla contemporaneità, tuttavia la maggior parte degli autori si è concentrata sull’età moderna e ha preso in esame vicende relative a paesi latino americani, come nei già citati saggi di Guarnieri Calò Carducci, Joyeux, Barreto, Domínguez, Urrejola, ma anche in quelli di Gaune Corradi, Sergio Botta, Lucrecia Enríquez. Alcuni autori hanno esplorato il tema della missione (Corradi, Botta), nel suo duplice profilo religioso e politico, nelle sue relazioni con Roma (interrogandosi sui termini in cui il clero romano percepisse i problemi delle missioni, ma anche rilevando come il cattolicesimo latino-americano non guardasse a Roma come suo ‘centro’ e fulcro d’azione), sottolineando la dimensione universalistica della missione che si confronta necessariamente con il particolarismo delle singole missioni, nelle quali i missionari cattolici si trovavano a dover ‘conquistare’ tempi e spazi; insieme le missioni, in particolare quelle francescane al centro del saggio di Botta, si profilano quale luogo di mediazione, i missionari in qualche modo ‘agenti’ fondamentali di ‘occidentalizzazione’ del mondo indigeno, in grado di stabilire spazi di dialogo/inclusione anche sul complesso terreno dell’idolatria indigena. I popoli indigeni, nella politica religiosa del cattolicesimo, sono oggetto di riflessioni e processi tutt’altro che lineari di inclusione/esclusione che partono dal problematico riconoscimento dell’altro.