persone con disabilità

Le potenziali sfide dell’amministrazione di sostegno

In origine, il Codice Civile (dove all’articolo 404 e seguenti troviamo disciplinate quelle che sono definite come “misure di protezione”) contemplava unicamente due strumenti: l’interdizione e l’inabilitazione.”
Illustrazione di Greta Bombardieri
© Greta Bombardieri

Con la Legge 6/2004 è stato introdotto l'istituto dell'amministrazione di sostegno che offre uno strumento di tutela più flessibile ed adeguato rispetto alle misure di interdizione e di inabilitazione (perdita totale o parziale della capacità di agire del beneficiario). 

L’applicazione di tale istituto, però, non ha sempre portato ai benefici a cui puntava, generando a volte situazioni di abuso e di sostituzione della volontà della persona, anziché di sostegno, e ciò è da addurre principalmente ad un problema culturale1

Sarebbe auspicabile, quindi, un cambiamento proprio a partire dalla cultura e da una maggiore acquisizione di consapevolezza in merito al nuovo paradigma introdotto dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. 

Nell’Art. 122 della suddetta Convenzione si specifica il divieto di sostituirsi alla persona con disabilità, si deve, infatti, presupporre sempre che la persona sia capace di intendere e di volere e, di conseguenza, le misure di supporto adottate dovrebbero garantire l’esercizio della capacità d’agire personale.
Per restringere la possibilità che una persona venga dichiarata incapace in modo assoluto è necessario creare sistemi di supporto al processo decisionale. 

L’art. 12 sancisce la Capacità giuridica Universale che sottolinea l’eguale riconoscimento delle persone con disabilità davanti alla legge3: la condizione di disabilità non potrebbe mai costituire una ragione valida di discriminazione, né come soggetto di diritto, né per quanto riguarda la capacità legale ed il suo esercizio. Limitazioni eventuali a tale diritto andranno valutate caso per caso ed  adeguatamente motivate.
Nel terzo paragrafo4 dell’articolo si sottolinea l’importanza del supporto nell’esercizio delle proprie capacità decisionali. La convenzione ONU porta avanti l’idea che, se esistesse il giusto sistema di facilitazione alla persona, anche il suo processo decisionale sarebbe più autonomo; nonostante questo, può permanere ancora il pregiudizio culturale secondo cui le persone con disabilità non possano prendere le proprie decisioni in modo indipendente5.
La figura dell’amministratore/amministratrice di sostegno gioca un ruolo fondamentale nel sistema di supporto alla presa di decisione. L’amministratore/amministratrice di sostegno (ADS) ricopre il ruolo di accompagnatore/accompagnatrice della persona con disabilità, tendendo alla valorizzazione delle capacità del soggetto. All’interno dell’art.12 c’è un importante cambio di paradigma dentro cui si inserisce anche la figura dell’ADS che affianca ma non si sostituisce alla persona beneficiaria6
Il deficit (reale o percepito) non può rappresentare un pretesto per non seguire la volontà del beneficiario/beneficiaria, al contrario, esso è una specificità della persona che può essere accolta ed ascoltata dall’amministratore/amministratrice di sostegno. 

È importante, difatti, sottolineare che anche le persone con disabilità intellettive, psicosociali o cognitive sono dotate di capacità personali per poter decidere. Queste persone potrebbero avere bisogno di supporto nell’espletamento della propria capacità legale, ma questo fatto non dovrebbe essere assunto come scontato.
Oltre a questi aspetti, l’istituto dell’amministrazione di sostegno presenta ancora alcune criticità da non sottovalutare7.
Gli/Le amministratori/amministratrici di sostegno si trovano a dover seguire numerosi casi e ciò causa una disattenzione ed una mancanza di cura nei confronti degli/delle assistiti/e8.
Un’altra possibile criticità è quella del rispetto della volontà del/della beneficiario/a; infatti, non sempre è possibile seguire i desideri del/della beneficiario/a perché questi vanno contro i propri interessi e il proprio benessere. Il soggetto beneficiario può anche avere il diritto di sbagliare, come qualsiasi altra persona, ed è proprio qui che si mette alla prova la capacità di ascolto e di mediazione dell’amministratore/amministratrice di sostegno. 
Per questa ragione, sarebbe meglio che l’amministratore/amministratrice non si trovasse a gestire la persona in autonomia, ma che fosse accompagnato/a nello svolgimento della sua mansione anche da un pro-amministratore/amministratrice che possa vigilare sul suo operato e al contempo assicurare che i desideri dell’assistito/a vengano esauditi9. La difficoltà della tematica è di alto livello perché le persone con disabilità vivono una situazione di vulnerabilità molto alta. Lasciare che i/le beneficiari/rie seguano i propri desideri e garantire che facciano le proprie scelte autonomamente è tanto fondamentale quanto difficile.
L’amministrazione di sostegno, quindi, dovrebbe porre la persona con disabilità e i suoi desideri al centro; molto spesso può, però, accadere che questa istituzione venga ridotta ad una sostituzione, idea che si distanzia molto dalla natura di questo ruolo. L’ADS nasce, infatti, per supportare i/le beneficiari/rie ed accompagnarli/le nel loro percorso decisionale ed è per questa ragione che la convenzione ONU ed il suo portato culturale hanno ancora grande impatto nel mondo di oggi.


1 Ebbene, per Bernardini «il problema è innanzitutto culturale: la visione “incapacitante”, ancorata al paradigma medico-individualista della disabilità, è ancora molto diffusa». La visione “incapacitante” nell’applicazione dell’amministrazione di sostegno, Superando.it

2 “[...] Gli Stati Parti riaffermano che le persone con disabilità hanno il diritto al riconoscimento in ogni luogo della loro personalità giuridica.” La convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, p.16 https://pninclusione21-27.lavoro.gov.it/sites/default/files/2023-10/Convenzione%20ONU.pdf 

3 “[...] Gli Stati Parti adottano misure adeguate per consentire l’accesso da parte delle persone con disabilità al sostegno di cui dovessero necessitare per esercitare la propria capacità giuridica.” ibid.

4 ibid.

5 «Va ripensato l’intero sistema di supporto – conclude – e sotto questo punto di vista, che il cambiamento spaventi (e quindi provochi resistenze) è comprensibile, chiaramente, però, la paura non può essere una ragione valida per non restituire alle persone con disabilità i diritti che finora sono stati loro negati». La visione “incapacitante” nell’applicazione dell’amministrazione di sostegno, Superando.it

6 “4. Gli Stati Parti assicurano che tutte le misure relative all’esercizio della capacità giuridica forniscano adeguate ed efficaci garanzie per prevenire abusi in conformità alle norme internazionali sui diritti umani. Tali garanzie devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a periodica revisione da parte di un'autorità competente, indipendente ed imparziale o di un organo giudiziario. Queste garanzie devono essere proporzionate al grado in cui le suddette misure incidono sui diritti e sugli interessi delle persone.” La convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, p.16-17 https://pninclusione21-27.lavoro.gov.it/sites/default/files/2023-10/Convenzione%20ONU.pdf

 7 “[...] i casi in cui opera l’amministrazione di sostegno possono dividersi in tre gruppi: un terzo dei casi in cui le cose vanno bene, un terzo in cui vanno così e così, e un terzo in cui vanno male. Ora, trattandosi di circa 400.000 persone attualmente sottoposte ad amministrazione di sostegno, ci troviamo in presenza di oltre 100.000 persone cui l’amministrazione di sostegno va male e altrettante in cui va così e così.” Amministrazione di sostegno: come evitare che le cose vadano “così e cosi” o decisamente male?, Superando.it  

8 “Così, egli ha opportunamente risposto al problema delle troppe nomine attribuite allo stesso amministratore, che rendono la cura degli amministrati di qualità scadente o negativa, e quindi, vista la carenza di persone disponibili, alla luce della complessità, dell’onerosità psicologica e della quantità di tempo che l’amministrazione comporta per chi accetta di assumerla, egli propone un ricorso al volontariato. E tuttavia, ripeto, per il problema dei casi che «vanno così e così» e soprattutto per quelli che vanno male, io mi auguro che egli voglia in seguito fornire dei suggerimenti non solo utili ma necessari.”, ibid.

9 “Mi chiedo, ad esempio, se non sarebbe possibile la nomina di un “pro-amministratore di sostegno”, come il Codice prevede già per la nomina del “protutore” il quale controlla l’attività dell’amministratore di sostegno, osserva gli effetti prodotti non solo e non tanto sulla situazione patrimoniale dell’amministrato, ma soprattutto su quella esistenziale della serenità di vita dello stesso. Mi rendo conto che anche qui si pone il problema della scarsità di persone disponibili già come amministratori di sostegno, ma se è vero che il Codice non ha avuto difficoltà a recepire l’istituto del protutore, non dovrebbe rifiutare l’introduzione della figura del “pro-amministratore di sostegno”, ibid

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persone con disabilità Nazioni Unite / ONU inclusione