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Nazioni Unite: standards e norme di soft law in tema di giustizia e minori

Un bambino accovacciato in una stanza vuota guarda per terra
© OAS - Organizzazione degli Stati Americani

Sono diversi i documenti di soft law o non vincolanti delle Nazioni Unite che hanno come oggetto gli standards e le norme per il sistema di giustizia in generale e per l’incontro tra giustizia e bambini o ragazzi.
L’obiettivo di queste norme è orientare gli Stati nel momento in cui sono chiamati a legiferare, ideare e gestire politiche riguardanti il sistema giudiziario, laddove siano coinvolti bambini e ragazzi come autori, vittime e/o testimoni di reati, o in procedimenti non afferenti l’ambito penale. Nonostante tali documenti non producano obblighi vincolanti per gli Stati, alcune delle regole contenute negli stessi divengono vincolanti nel momento in cui risultano contenute anche nella Convenzione sui diritti del bambino del 1989, mentre altre possono apportare ulteriori dettagli sul contenuto di diritti già esistenti.

Il primo documento in ordine di tempo è rappresentato dalle Regole minime per l’amministrazione della giustizia minorile (Regole di Pechino) del 1985, testo che riporta come principio fondamentale la tutela del benessere del giovane e della sua famiglia. Il testo delinea la giustizia minorile come una giustizia che deve mirare, ancora più che per gli adulti, ad una finalità rieducativa, tesa alla ricerca di soluzioni extra-giudiziarie e che ricorre alla detenzione come ultima istanza, per un arco di tempo limitato e ritenuto indispensabile.
Laddove non sia possibile ricorrere a misure extra-giudiziarie, il processo dovrà essere non solo giusto ed equo, ma dovrà tenere in conto della particolare situazione di vulnerabilità del minore autore di reato, in un clima di comprensione, permettendogli di parteciparvi e di esprimersi liberamente. Tra i principi a cui deve ispirarsi la decisione del magistrato minorile ritroviamo nuovamente la tutela del minore come criterio determinante, oltre alla necessaria proporzione non solo alla gravità del reato ma anche alle condizioni e ai bisogni dell’autore.
Nel caso in cui si ricorra al collocamento in istituzione, i minori devono essere separati dagli adulti e devono ricevere aiuto, protezione e tutta l'assistenza sul piano sociale, educativo, psicologico, sanitario e fisico, avuto riguardo all'età, al sesso, alla personalità e nell'interesse di una crescita armonica.

Nel 1990 si aggiungono due ulteriori tasselli alla giustizia minorile: le Regole per la protezione dei giovani privati della libertà (Regole de L’Havana) e le Linee guida per la prevenzione della delinquenza minorile (Linee guida di Riyadh).
Le Regole de L’Havana intendono stabilire gli standards minimi di riferimento per la protezione dei giovani privati della libertà in tutte le forme, coerentemente con i loro diritti umani, con l’intento di contrastare gli effetti dannosi della detenzione e a sostegno del reintegro nella società.
La maggior parte delle regole si concentra sulla gestione delle strutture detentive e sui diritti umani connessi allo stato di detenzione. Tra gli argomenti e le situazioni trattate si ritrova: ammissione, registrazione, movimentazione del minore nella struttura o da una struttura all’altra; condizioni di alloggio; educazione, formazione professionale e lavoro; libertà religiosa e vita spirituale e limitazioni all’uso della forza.
Per quanto riguarda le Linee guida di Riyadh, la prevenzione della delinquenza giovanile è ritenuta una parte essenziale della prevenzione del crimine nella società in generale e richiede sforzi per assicurare un armonioso sviluppo dei bambini, rispettando e promuovendo la loro personalità fin dalla prima infanzia. Questo significa che vanno evitate la criminalizzazione e la penalizzazione del bambino per comportamenti che non causano serio danno al suo sviluppo o non danneggiano altri.
Buona parte del testo è dedicato ai processi di socializzazione del minore (in famiglia, a scuola, nella comunità d’appartenenza e attraverso i mass media), in quanto, riprendendo un principio fondamentale espresso nella prima parte delle Linee guida, i giovani devono avere un ruolo attivo e una collaborazione all’interno della società, e non devono essere considerati meri oggetti di socializzazione e controllo.

Come accennato in precedenza, bambini e ragazzi possono entrare in contatto con il sistema giudiziario anche come testimoni e/o vittime di reato. Al fine di stabilire standard e buone prassi in tale frangente, il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite ha adottato nel 2005 le Linee guida sulla giustizia per questioni che coinvolgono bambini vittime e testimoni di reato.
Da un lato, le Linee guida riconoscono che i minori vittime e testimoni sono particolarmente vulnerabili e necessitano di particolari attenzioni; dall’altro, vi è la consapevolezza che la partecipazione dei minori nel procedimento giudiziario può rivelarsi fondamentale, sia per l’effettivo svolgimento del procedimento - specialmente nel caso in cui il minore sia vittima e al contempo unico testimone - sia per permettere loro di esprimere le proprie opinioni su questioni che andranno ad incidere sulla loro esistenza.
Nel testo si precisa che il campo di applicazione delle Linee guida non riguarda solamente la giustizia penale, ma si estende anche ai sistemi di giustizia informale e agli ambiti non penali, tra cui i procedimenti civili per divorzio, separazione e custodia dei figli, nonché le procedure adottive e per il riconoscimento dello status di rifugiato.
Le Linee guida esplicitano i diritti di cui devono poter godere bambini e ragazzi vittime e/o testimoni:

- Diritto ad essere trattati con dignità e sensibilità, tenendo conto della loro situazione personale, dei bisogni immediati, dell’età, del genere, possibile disabilità, livello di maturità e nel rispetto della loro integrità fisica, mentale e morale.
- Diritto ad essere protetti da ogni forma di discriminazione. L’età non deve diventare una barriera per la partecipazione al processo giudiziario: ogni bambino deve essere trattato come un testimone credibile e la sua testimonianza non può essere invalidata o considerata non veritiera facendo riferimento solamente all’età.
- Diritto ad essere informati rispetto al sistema giudiziario e sul procedimento che li vede coinvolti, sulle misure di protezione e di sostegno disponibili e sui propri diritti.
- Diritto ad essere ascoltati e di esprimere pareri e convinzioni, liberamente e a proprio modo. Nell’applicare tale diritto si deve tenere in conto il coinvolgimento del minore nel processo giudiziario, tenendo in considerazione la modalità con cui il minore preferisce testimoniare e le aspettative sulla conclusione del procedimento.
- Diritto ad una effettiva assistenza finanziaria, sanitaria, sociale, educativa, fisica, psicologica e necessaria al reinserimento sociale dei minori.
- Diritto al rispetto della privacy, rendendo confidenziale l’identità e il coinvolgimento dei minori nel procedimento e con udienze non aperte ai mass media.
- Diritto ad essere protetti da avversità o difficoltà nel corso del procedimento giudiziario, in modo che la dignità e il miglior interesse dei minori siano rispettati. Rientra nelle declinazioni di questo diritto il ricorso a procedure a misura di bambino, incluse aule di testimonianze designate appositamente per i bambini, pause nel corso dell’udienza e riduzione al minimo indispensabile delle occasioni in cui il minore deve essere ascoltato.
- Diritto ad essere protetto da intimidazioni, minacce e ingiurie. Le misure di salvaguardia includono l’evitare contatti diretti tra vittima e presunto autore del reato, porre quest’ultimo agli arresti domiciliari e la protezione delle Forze dell’Ordine.
- Diritto a misure di riparazione del danno, al fine di ottenere piena compensazione, reintegro e recupero attraverso i seguenti strumenti: risarcimento da parte del colpevole, fondi per le vittime, danni in sede civile.
- Diritto a misure preventive speciali per minori vittime e testimoni particolarmente vulnerabili rispetto a vittimizzazioni o illeciti ricorrenti.

Infine, è opportuno citare le Linee guida per le misure sui bambini nel sistema della giustizia penale (Linee guida di Vienna). Questo testo è stato adottato dal Consiglio economico e sociale nel 1997 (Risoluzione 1997/30), quindi prima delle Linee guida sulla giustizia per questioni che coinvolgono bambini vittime e testimoni di reato del 2005, ma risulta opportuno riprenderlo per ultimo in quanto non si focalizza sul ruolo dei minori e sui loro diritti rispetto al procedimento, ma concerne le azioni e le misure che gli Stati e gli organismi internazionali, regionali e non governativi sono chiamati a porre in essere laddove i minori entrano in contatto con la giustizia penale.
Tra gli scopi di queste Linee guida rientra l’implementazione della Convenzione sui diritti del bambino, soprattutto per quanto riguarda il contesto della giustizia minorile, come anche l’uso e l’applicazione degli altri standards e norme in materia di minori e giustizia. Inoltre, le Linee guida si prefiggono l’obiettivo di facilitare l’assistenza fornita agli Stati e aumentare la cooperazione tra le entità rilevanti delle Nazioni Unite e tra queste e le altre organizzazioni.
A livello contenutistico, il testo si divide quindi in una parte destinata all’implementazione delle norme per i minori autori di reato e in un’altra riguardante le azioni per i minori vittime e testimoni.
Per quanto riguarda l’implementazione delle norme per i minori autori di reato, occorre rilevare che oltre alle indicazioni di riforma legislative e di politiche a livello nazione, le Linee guida riportano una serie di misure opportune a livello internazionale. Si richiama quindi l’urgente necessità di una stretta collaborazione tra tutti gli enti coinvolti in questo campo, al fine di fornire consulenza tecnica e assistenza anche attraverso l’istituzione di un gruppo di coordinamento composto da rappresentanti dei diversi organismi delle Nazioni Unite e altre entità.
Nella parte delle Linee guida dedicata ai minori vittime e testimoni, si può riconoscere una prima bozza dei diritti descritti nel dettaglio nelle Linee guida del 2005. In aggiunta, si chiede agli enti delle Nazioni Unite e ad altri organismi di assistere gli Stati membri, anche ricorrendo a risorse extra budgetarie, nello sviluppare formazione multidisciplinare, educazione e attività informative per le Forze dell’Ordine, i magistrati e gli altri operatori del sistema della giustizia penale.

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