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Partecipazione culturale e dialogo interculturale: verso una cultura universale dei diritti umani

Anna Piratti, Fiducia, VASI COMUNICANTI / paintings / acrilic on canvas 2013
© Anna Piratti

Un orizzonte comune

La Convenzione UNESCO sulla protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali (2005) stabilisce, all’art.4, che l’“interculturalità” rimanda “all’esistenza e all’interazione equa tra culture diverse nonché alla possibilità di produrre espressioni culturali condivise attraverso il dialogo e il rispetto reciproco”.

La Conferenza dell’Unione Europea sul dialogo interculturale (2002) ha riconosciuto che “una politica di dialogo interculturale, accanto alle tradizionali relazioni economiche e diplomatiche, gioca un ruolo vitale nell’esercizio della responsabilità comune” (par. 2) e che “in un contesto di diversità culturale, il dialogo tra i popoli favorisce l’arricchimento della comprensione reciproca” (ibidem).

Nel Rapporto del Gruppo dei saggi istituito per iniziativa del Presidente della Commissione Europea a seguito della Conferenza del 2002  e intitolato “Il dialogo tra i popoli e le culture nello spazio euro mediterraneo” (2003), si afferma che la promozione del dialogo interculturale implica un processo, potente ed egualitario, “di costruzione di una civiltà comune attenta alle differenze e rispettosa delle originalità, fondata su un voler vivere insieme”.

Il Libro bianco del Consiglio d’Europa, “Vivere insieme in pari dignità” (2008), definendo il dialogo interculturale come “un processo di scambio di vedute aperto e rispettoso fra persone e gruppi di origini e tradizioni etniche, culturali, religiose e linguistiche diverse, in uno spirito di comprensione e rispetto reciproci” (pag. 18), sottolinea che questo “favorisce l’uguaglianza, la dignità umana e la sensazione di condividere obiettivi comuni” (ibidem).

È dunque riconosciuto da più parti e a più livelli che un orizzonte comune, quale quello relativo all’affermarsi di una “cultura universale dei diritti umani”, è necessario a dare senso e attuazione al dialogo interculturale, a fare in modo che si producano, tra i popoli, “espressioni culturali condivise”.  “Il paradigma dei diritti umani - come affermato nella documento finale della Conferenza dell’Unione Europea sul dialogo interculturale (2002) - al tempo stesso mezzo e fine, è un codice comunicativo trans-culturale e può essere lo strumento di cui il dialogo tra culture ha bisogno per favorire la comunicazione”.


Partecipazione culturale e dialogo interculturale

Alla luce di ciò, se è vero che “è la cultura che ci rende specificatamente umani” (Preambolo della Dichiarazione UNESCO di Città del Messico sulle politiche culturali, 1982) e che i diritti culturali sono “i diritti che permettono ad ogni persona, da sola o in gruppo, di sviluppare le abilità necessarie a diventare un essere pensante e capace di emozioni” (Raccomandazione 1990 (2012) dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Appendice, par.1), il diritto a prendere parte alla vita culturale, inteso secondo la triplice definizione – partecipazione, accesso, contributo – fornita dal Comitato dei diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite (General Comment n°21, par. 14 e 15), si pone come mezzo fondamentale di scoperta della dignità umana quale orizzonte comune del dialogo tra culture e di affermazione della “cultura universale dei diritti umani”.

Il diritto a prendere parte alla vita culturale, implementato attraverso azioni positive volte a produrre un “empowerment culturale inclusivo” (General Comment n°21, par. 69) per il più largo numero di persone, è la garanzia di effettività del dialogo interculturale e della cittadinanza plurale ad esso connessa.

Dunque, affinché il dialogo interculturale si orienti alla costruzione di una “cultura universale dei diritti umani”, le politiche culturali devono promuovere, congiuntamente al rispetto per la diversità culturale e allo scambio eguale tra culture, le capacità culturali degli individui e dei gruppi e le loro interazioni partecipate, necessarie per riconoscere, nell’orizzonte globalizzato e multiculturale, le radici comuni dell’umanità.

La vocazione educativa che specifica il ruolo del diritto a prendere parte alla vita culturale nell’orizzonte interculturale è riconosciuta in più documenti internazionali.

La Raccomandazione dell’UNESCO sulla partecipazione alla vita culturale delle persone e il loro contributo (1976) riconosce che “il bisogno di formazione e di informazione sulle culture è ancora più grande quando l’obiettivo è suscitare interesse verso le culture di altri Paesi e aprire la mente degli uomini al riconoscimento della pluralità e dell’uguaglianza tra gli uomini” (Parte IV, par. 18, lett. (h)).

Il Rapporto del Gruppo dei saggi afferma, sulla stessa linea d’onda, che “si tratta a monte, di stabilire le condizioni del dialogo e segnatamente, la prima di queste, ovvero la capacità di dialogo degli attori. L’insegnamento rappresenta lo strumento privilegiato di questa fase a monte” (pag. 28).

L’interculturalità comporta, dunque, la sfida educativa del rendere la cultura universale dei diritti umani accessibile ed effettiva per tutti, attraverso la garanzia del diritto umano a prendere parte alla vita culturale.

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