Inclusione e Giustizia Eco-Sociale

ISSN 3035-5265
persone/popoli indigeni

Quando “l’altro” è Mapuche!

Mapuche flag - Voices from the street - Tens of thousands gather in Plaza Italia - I observe the protest di John Englart CC BY-SA 2.0
© John Englart CC BY-SA 2.0

La società in cui viviamo e le persone come noi che ne fanno parte e la costituiscono, devono sempre più affrontare sfide e provocazioni che derivano dall’incessante progresso. Ciò contro cui dobbiamo lottare è il fenomeno della individualizzazione, della diversità sociale e culturale, dell’uniformità economica e culturale in continua ed inesorabile espansione, per ultimo ma non per questo di minor rilievo, non dobbiamo scordare la maggior vulnerabilità ed esposizioni a rischi naturali a cui siamo tutti noi sempre più esposti.

Per far fronte a questa congerie di situazioni venutesi a creare dobbiamo riuscire a comprendere la complessità del mondo nel quale viviamo. In previsione di un cambiamento positivo dovremmo imparare a collaborare, parlare e quindi agire.

Chiunque riesca a stabilire un rapporto positivo con la natura e con i propri simili accettandone le differenze si definiscono “cittadini della sostenibilità”. Vi è un consenso generale sul fatto che i “cittadini della sostenibilità” debbano possedere alcune peculiarità che permettano loro di impegnarsi costruttivamente ed in modo responsabile nel mondo attuale.

Lo sviluppo sostenibile e noi in qualità di “cittadini della sostenibilità” dovremmo riuscire ad integrare le tre dimensioni di sviluppo: sociale, economico ed ambientale. Lo sradicamento della povertà, che si prospetta come una fra le sfide maggiori, si affianca e dipende dalla stabilizzazione di condizioni atte ad una crescita economica inclusiva e sostenibile.

Storicamente, gran parte delle società, hanno stabilito relazioni commerciali, politiche e religiose in condizioni di disuguaglianza, ove il più forte ha sempre prevalso sul più debole. Nel continente sud americano esistono evidenti esempi di come si siano venute a creare in passato relazioni conflittuali fra popolazioni indigene e stati nazionali; dispute che ad oggi continuano per l’incapacità di accettare “l’altro”.

Come noi, appartenenti alla società occidentale, possediamo una cultura che ci caratterizza e grazie alla quale ci differenziamo, così pure le popolazioni indigene possiedono una loro visione del mondo e della natura, determinata dalla cultura che a loro appartiene e contraddistingue. Ma se entrambi i nuclei societari (i nativi d’America e noi) posseggono quanto necessario per definirsi società ovvero responsabilità civile, cooperazione fra pari, suddivisione dei compiti perché tanta differenza e cosa ha portato l’uomo occidentale a ritenersi superiore rispetto ad altri?

L’atteggiamento di superiorità delle società d’occidente, incapaci di accogliere ed accettare quanto e quanti reputati diversi, è la risposta alla domanda posta. Indubbiamente alla base di tale comportamento vi è l’educazione. Siamo stati educati a respingere ed escludere chi è diverso poiché, evidentemente, NOI incarniamo e rappresentiamo la perfezione. O forse ciò che reputiamo diverso lo temiamo e quindi tendiamo a ripudiarlo?

L’assenza di una coscienza e mentalità inter e multiculturale è un problema e come tale va affrontato. Le proposte educative da una prospettiva occidentale, quando e sempre che queste siano state avanzate, hanno provocato e continuano a generare confusione (basti pensare che gran parte degli studenti-e non solo- presume che i nativi d’America non esistano più perché sterminati durante il periodo della conquista).

Oggi, finalmente, si riconosce e sente la necessità di avvicinarsi alla cultura delle popolazioni oriunde d’America. Probabilmente tale bisogno scaturisce dalla conoscenza dell’esistenza dell’Agenda 2030 e degli obiettivi che la costituiscono e che dovremmo raggiungere. Il 10° obiettivo, per citarne uno, evidenzia, infatti, l’importanza di accettare la diversità poiché in essa si potrebbe celare il completamento dell’altro secondo il principio duale, secondo il quale l’uno esiste poiché esiste l’altro. Questo “altro”, affinché lo si conosca, deve essere anzitutto accettato ed accolto integralmente e perché questo processo avvenga si chiede di abbandonare la dicotomia di dominazione/subordinazione. Da questa prospettiva l’interculturalità reputa indispensabile la reciproca comprensione e pacifica convivenza fra uomini ai fini di costruire una società nella quale entrambe le culture convivono e collaborano per un fine comune. L’invito è quindi quello di avvicinarci alla conoscenza della cultura del popolo Mapuche. Ma perché parlare del popolo originario Mapuche? Perché non approfondire la conoscenza di civiltà quale quella Maya o Quechua? Perché i Mapuche, il popolo della Araucania, “vale “essendo ed avendo sempre dimostrato di essere uomini nobili e speciali che per ben 4 secoli hanno strenuamente lottato per difendere il loro paradiso rappresentato dalla loro terra e da chi la abita. Quanto asserito non vuole rigettare o sminuire altre civiltà precolombiane, ma sottolineare l’unicità del popolo Mapuche, unicità tradotta in un’opera epica “Los Araucanos” di Alonso de Ercilla. Le imprese e gesta di nessun’altra popolazione precolombiana è stata mai descritta, pur avendo, buona parte di esse, dimostrato all’umanità di essere abili nel costruire città, tempi, ponti. Ma perché quindi Ercilla ha prediletto un popolo così umile  alla magniloquenza di popoli quali i Maya con i loro tempi o gli Incas con le loro imponenti città? Per essere Wenchu, l’uomo della mapu cilena, uomo di spirito che rifulge la materialità e la caducità delle cose come tempi, città, ponti.

Riconoscere oggi il ruolo cruciale dei popoli indigeni, vedendoli come custodi della terra e partner nel dialogo interculturale per affrontare sfide ambientali, è stato pure l’invito che il compianto Papa Francesco ha esteso a noi tutti nel corso dell’Enciclica sull’Ambiente. La storia si inverte: ora l’esempio per il mondo cattolico è l’indio. L’ oppressore concede finalmente la parola all’oppresso, ascoltiamo!

La conoscenza ed apertura verso tali popoli potrebbe non solo quindi avviare una relazione di interculturalità ed accettazione dell’altro ai fini di una sana, proficua e pacifica convivenza ma pure attivare un processo di riacquisizione e ripristino ambientale necessario e vitale per noi tutti.

Parole chiave

persone/popoli indigeni autodeterminazione cultura sviluppo sostenibile