Con l’associazione Progetto Rwanda siamo presenti nel paese dal 1996, dove lavoriamo per sostenere, attraverso i nostri progetti, il complicato processo di pace ancora in corso. Infatti in Rwanda, in questo piccolo paese al centro dell’Africa, nell’aprile del 1994 si è compiuta una delle pagine più drammatiche e buie del Novecento, quello che è stato definito il genocidio più veloce e sistematico della storia dell’umanità, avvenuto al culmine di decenni di violenze, pregiudizi e discriminazioni. In soli 100 giorni furono massacrati, sotto gli occhi del mondo intero e nell’indifferenza, se non con la complicità della comunità internazionale, circa 1 milione di esseri umani, tra Tutsi e Hutu moderati. Qui, come sempre e ovunque, le donne hanno pagato un prezzo altissimo: violenze disumane, fisiche e psicologiche, stupri di massa durante i quali, come si legge nei rapporti dell’ONU, furono violentate dalle 250 alle 500 mila donne, stima sicuramente per difetto a causa del sentimento di vergogna, che ha portato molte di loro a mantenere il silenzio. Eppure, all'indomani di questo massacro, il compito di ricreare nel Paese una società pacificata fu assegnato in larga misura proprio a loro, la maggioranza dei sopravvissuti; gli uomini erano morti in guerra, imprigionati, fuggiti. E le donne hanno dimostrato di essere ampiamente all’altezza di quel compito: sono diventate le protagoniste indiscusse della ricostruzione di se stesse e del proprio paese, e continuano a lavorare strenuamente per realizzare una società realmente pacificata, trovando nella reciproca solidarietà la forza per tornare a vivere.
La nostra associazione nasce proprio in quel periodo e da allora, da più di 20 anni, lavora al fianco delle sopravvissute attraverso azioni volte a favorire la ricomposizione sociale e la riconciliazione, ma anche attraverso una stretta collaborazione con le tante associazioni femminili presenti nel paese. Con loro, molto attive e radicate nella società, l’associazione collabora nello svolgimento di programmi riguardanti la mediazione dei conflitti, il contrasto alle disuguaglianze e alle discriminazioni, la riduzione della povertà, la promozione di una partecipazione attiva tra tutte le donne in essi coinvolte. E’ noto, infatti, che il coinvolgimento diretto delle donne nei processi di pace sia una garanzia del loro esito sostenibile. E’ per loro e con loro che nel 2005 è nato a Kigali (capitale del Rwanda) il progetto della Casa della Pace e della Riconciliazione, che fin qui ha coinvolto più di 1500 donne con l’obiettivo di offrire loro un modo concreto e dignitoso per riprendere il controllo della propria vita; un centro di formazione, ma soprattutto uno spazio “pacifico” dove le donne possono stringere amicizie significative, ritrovare fiducia l’un l’altra e, nel contempo, la volontà di tornare a convivere in pace: primi passi per una possibile riconciliazione. Qui le donne ricevono una vasta offerta formativa gratuita composta da diversi tipi di corsi e di servizi, compresa una Scuola Materna nata per accogliere i loro figli e, nell’ultima fase del percorso formativo, sono in grado di realizzare piccole attività generative di reddito, che le permettono di uscire dalla situazione iniziale di povertà estrema, quale altro importante contributo al processo di pacificazione.
In tale processo, grande importanza riveste il corso di formazione sull’”Educazione alla Pace”. Infatti, per quanto la società ruandese faccia quotidianamente grandi progressi nell’affrontare le ferite profonde causate da quella tragedia, il paese è ancora percorso da fratture e tensioni che difficilmente si esprimono ma che si alimentano a livello individuale e dei gruppi sociali. Una soluzione, che ha già rivelato la sua efficacia, è proprio quella di diffondere concretamente una cultura della riconciliazione, realizzando laboratori sulla conoscenza dei diritti individuali e sociali e sull’importanza della loro affermazione e difesa, con l’obiettivo di dare un tangibile contribuito alla ricostruzione sociale e relazionale del contesto ruandese. Il corso, per la sua realizzazione, si avvale della collaborazione della fondatrice dell’associazione UMUSEKE, nata nel 2000 proprio per “educare” alla pace la popolazione, soprattutto i giovani. L’associazione ogni anno sensibilizza circa 4.000 ragazzi dai 10 ai 20 anni e forma gli insegnanti. La metodologia seguita è quella di favorire un dibattito aperto: ogni incontro è uno spazio di confronto libero, che parte sempre dall’analisi di situazioni della vita reale, vissute dalle stesse partecipanti. Il messaggio principale che tale formazione trasmette è quello di impegnarsi in prima persona per “costruire un mondo per tutti” e tutti, secondo le proprie capacità, possono contribuire a realizzarlo. Nel corso, seguito sempre con grande interesse, tutte si confrontano con l’importanza di riconoscere e poi affrontare positivamente quelle fratture e tensioni che si alimentano a livello individuale, familiare e comunitario, ma che difficilmente si esprimono. Ne escono tutte consapevoli dell’importanza non solo di conoscere i diritti umani fondamentali ma soprattutto di difenderli per partecipare attivamente e in concreto a ricostruire una società pacificata. Alcune di loro, inoltre, le più sensibili agli argomenti toccati, si rendono disponibili e sono in grado di trasferire alla comunità, in particolare ai giovani, la loro testimonianza, diventando a loro volta portatrici dei valori della pace e della solidarietà.
Altro corso fondamentale è quello sulla gestione dei conflitti per aiutare le donne, tramite l’assistenza di un facilitatore, terapeuta esperto, e il lavoro individuale e di gruppo, nell’elaborazione dei loro difficili vissuti e dei conseguenti traumi. Il percorso formativo si conclude con il corso di imprenditoria, nel quale le donne acquisiscono quelle competenze necessarie ad intraprendere un’attività economica attraverso cui iniziano ad avere un reddito regolare e dunque la capacità di provvedere ai bisogni della propria famiglia. La raggiunta autonomia ed indipendenza danno loro la possibilità di investire in un nuovo futuro e le aiuta ad assumere potere decisionale in ambito familiare e nelle loro comunità. Ciò ha un impatto anche a lungo termine: le donne diventano leader e protagoniste nella costruzione di una pace duratura.
Di recente, infine, le donne ci hanno chiesto di fare un passo avanti: ci hanno chiesto di coinvolgere gli uomini in tutto il percorso formativo, più esplicitamente di “educare” gli uomini delle loro comunità al significato e all’importanza della pace e, di conseguenza, al rispetto dei diritti in generale, in particolare a quelli delle donne. Dalle numerose interviste rivolte alle donne durante le visite di monitoraggio e dall’evoluzione delle loro singole storie, emerge forte la problematica dei difficili, spesso violenti, rapporti di coppia. Infatti, l’avvio di un’attività economica da parte della moglie, evento completamento nuovo, cambia del tutto i preesistenti rapporti di coppia con delle evoluzioni imprevedibili se l’uomo lo vive come un proprio fallimento. E’ dunque necessario affrontare e approfondire, nella fase di formazione, i tanti condizionamenti culturali che, di fronte all’autonomia della donna, provocano negli uomini l’insorgere di atteggiamenti di rivalsa e di rabbia. Da qui l’importanza di coinvolgerli per garantire che non ostacoleranno, ma invece supporteranno l'emancipazione femminile e i valori di cui essa è portatrice.
La replica di tale progetto per i prossimi due anni sarà il nostro impegno futuro. Essa inizierà a Marzo 2021 e coinvolgerà donne, uomini e le loro comunità di riferimento.