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29/1/2017
Foto panoramica della sede del Palazzo dei diritti umani che ospita la Corte europea dei diritti umani, Strasburgo.
© Consiglio d'Europa

Corte europea dei diritti umani: l’allontanamento di un minore nato da maternità surrogata e privo di legami biologici con i genitori italiani non viola la CEDU

Con una sentenza del 24 gennaio 2017, la Grande Camera della Corte europea dei diritti umani (CtEDU) ha ribaltato la sentenza del 2015 che aveva condannato l'Italia per la violazione dell’art. 8 CEDU in materia di diritto al rispetto della vita privata e familiare. Il caso riguardava il rifiuto dell'Italia di registrare il certificato di nascita di un bambino di nove mesi e la sua decisione di metterlo sotto la custodia dei servizi sociali. Il bambino era nato in Russia a seguito di un contratto per maternità surrogata, stipulato tra una donna russa e una coppia italiana che non aveva legami biologici con il bambino.

La Corte aveva originariamente dichiarato ammissibile la denuncia dei ricorrenti, la Sig.ra Paradiso ed il Sig. Campanelli (no. 25358/2012) riconoscendo l'esistenza di una famiglia de facto rientrante nella nozione di vita familiare protetta dall’art. 8 CEDU. La Corte aveva quindi stabilito che l’art. 8 CEDU era stato violato dalle autorità nazionali nella misura in cui queste, ricorrendo al provvedimento estremo di allontanare il minore sulla base della mancanza di vincoli biologici tra quest’ultimo e i ricorrenti, non avevano raggiunto un giusto equilibrio tra l’interesse superiore del bambino e l’interesse pubblico.

Con la nuova sentenza del 24 gennaio 2017, adottata con 11 voti a favore e 6 contrari, la Grande Camera della CtEDU ha ribaltato la precedente decisione. Anzitutto, la Corte ha affermato che alla luce del breve periodo di relazione tra il bambino e i ricorrenti, la doglianza andava considerata ai sensi della nozione di “vita privata” e non di “vita familiare” di cui all’art. 8 CEDU.

Inoltre, secondo la Grande Camera, le autorità nazionali, dopo aver stabilito che il bambino non avrebbe sofferto danni gravi e irreparabili come risultato della separazione, avevano raggiunto un giusto equilibrio tra i diversi interessi in gioco.

La Corte ha infine ritenuto che le misure contestate dai ricorrenti avessero come scopi legittimi quello di prevenire l’incertezza giuridica dei minori in situazioni analoghe e di proteggere i diritti e libertà altrui, riconoscendo il legittimo desiderio dell’Italia di riaffermare la competenza esclusiva dello Stato in materia di riconoscimento dei legami di genitorialità, nel caso di specie quelli sorretti da legami biologici o da procedure di adozione regolamentate, con la finalità di proteggere i minori coinvolti.