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La segregazione spaziale è definita come l’occupazione separata, o separazione imposta, di gruppi di persone diversi di un territorio specifico e definita in base a differenze etniche, caste, lingua, religione, o ceto sociale.
Balakrishnan Rajagopal, il Relatore Speciale dell’ONU sul diritto alla casa, afferma l’importanza di affrontare il problema della segregazione spaziale e le sue conseguenze come un punto fondamentale per lo sviluppo equo e sostenibile.
Durante la 49esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani, l’esperto ha presentato un Rapporto sulla segregazione spaziale e il diritto ad un alloggio adeguato (A/HRC/49/48), sottolineando come la segregazione sia sempre accompagnata da esclusione sociale ed economica e disuguaglianza nell’accesso ad infrastrutture, servizi ed opportunità.
Questo fenomeno diventa una questione sui diritti umani quando manca l’accesso equo non solo ad un alloggio adeguato, ma anche a terra, educazione e altri servizi di base.
Infatti, secondo il rapporto, milioni di persone vivono in abitazioni informali con accesso limitato ai servizi pubblici ed in aree soggette a rischi ambientali.
La segregazione spaziale diventa evidente in modo particolare nelle città, in cui le minoranze, come gli operai immigrati e i rifugiati, spesso sono separati e collocati in rifugi o campi di accoglienza. Secondo l’esperto, il fenomeno della segregazione spaziale è causato anche dalla mancanza di regolazioni statali che disciplinano gli attori privati, come gli imprenditori immobiliari.
Il rapporto presenta diverse raccomandazioni per affrontare il problema e chiama i governi ad adottare leggi e regolamentazioni che esigono una pianificazione urbana più inclusiva. Un esempio è la costruzione di alloggi popolari in ogni quartiere delle città, che siano economicamente accessibili anche alle fasce della popolazione più povere e rendendoli accessibili anche a persone anziane e con disabilità.
7/4/2022