Afghanistan: oltre un milione di afghani rimpatriati dall'Iran sta creando una grave crisi dei diritti umani e umanitaria

L'aumento del numero di afghani costretti o obbligati a tornare in Afghanistan dall'Iran e dal Pakistan sta creando una crisi dei diritti umani che richiede l'attenzione urgente della comunità internazionale.
Da gennaio, oltre 1,3 milioni di persone sono state in gran parte costrette a tornare in Afghanistan, un Paese in cui il 70% della popolazione vive in condizioni di povertà. Molti sono stati espulsi forzatamente, mentre altri si sono sentiti costretti ad andarsene a causa di minacce, vessazioni e intimidazioni. Questi rimpatri avvengono in un momento in cui le operazioni umanitarie continuano a essere gravemente sottofinanziate, costringendo a scelte difficili tra cibo, alloggio e un passaggio sicuro.
Secondo Save the Children, circa 80.000 bambini afghani sono rientrati dall'Iran a giugno, di cui 6.700 non accompagnati.
Le donne e le ragazze sono particolarmente a rischio una volta tornate, non solo perché si trovano ad affrontare gravi difficoltà economiche, ma anche perché il loro accesso ai servizi di base e alla protezione sociale rimane fortemente limitato. Le Nazioni Unite hanno ripetutamente sottolineato le violazioni dei diritti delle donne sotto il regime talebano, tra cui il divieto di accedere all'istruzione superiore, al lavoro e alla libertà di movimento. Recentemente, la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto nei confronti del “leader supremo” e del presidente della Corte suprema dei talebani, accusati di crimini contro l'umanità per persecuzioni su base di genere e politica.
Tra gli altri rimpatriati a rischio figurano giornalisti, ex funzionari pubblici e persone che hanno lavorato per il precedente governo afghano, che potrebbero subire rappresaglie o torture al loro ritorno.
Gli esperti delle Nazioni Unite hanno ripetutamente avvertito che questi rimpatri potrebbero violare il principio di non respingimento richiamato nella raccomandazione sul non rimpatrio dell'UNHCR del febbraio 2023. Essi hanno ribadito che, a causa dell'elevato numero e della natura coercitiva dei rimpatri, gli Stati non possono garantire ai cittadini afghani l'accesso a procedure eque in cui siano pienamente valutate le loro esigenze individuali di protezione. Molti afghani hanno subito discriminazioni, maltrattamenti, arresti e detenzioni arbitrarie, sollevando gravi preoccupazioni ai sensi del diritto internazionale dei rifugiati e dei diritti umani.
L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Türk ha chiesto l'immediata sospensione dei rimpatri forzati di tutti i rifugiati e richiedenti asilo afghani, in particolare quelli a rischio di persecuzione, detenzione arbitraria o tortura al loro ritorno. I paesi della regione devono garantire che i rimpatri in Afghanistan siano volontari, sicuri, dignitosi e conformi al diritto internazionale.
Roza Otunbayeva, Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per l'Afghanistan, sottolinea la necessità fondamentale di assistenza al reinserimento, affermando: “La stabilità dell'Afghanistan dipende dalla responsabilità condivisa. Non possiamo permetterci l'indifferenza. Il costo dell'inazione si misurerà in vite umane e conflitti riaccesi”.