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Corte europea dei diritti umani: condanna dell’Italia per violazione del diritto al rispetto alla vita privata e familiare delle coppie omosessuali

Foto panoramica della sede del Palazzo dei diritti umani che ospita la Corte europea dei diritti umani, Strasburgo.
© Consiglio d'Europa

Nel caso Oliari e altri (nn. 18766/2011, 36030/2011), deciso il 21 luglio 2015, la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per aver violato il diritto al rispetto alla vita privata e familiare delle coppie omosessuali (art. 8 CEDU) in ragione del mancato riconoscimento legale delle unioni civili fra persone dello stesso sesso. Il caso riguardava l’impossibilità per le coppie omosessuali di contrarre matrimonio ovvero qualsiasi altra forma di unione civile in Italia. La Corte, si legge nella sentenza, ha rilevato che l'Italia è venuta meno al suo obbligo di assicurare ai richiedenti un quadro giuridico specifico che preveda il riconoscimento e la tutela della loro unione ai sensi della Convenzione europea dei diritti umani.

In sentenze precedenti riguardanti Paesi diversi dall'Italia (vedi, ad esempio, il caso Vallianatos e altri c. Grecia), la Corte ha dichiarato che il rapporto di convivenza di una coppia di persone dello stesso sesso che vivono una relazione stabile, di fatto, rientra nel concetto di “vita familiare” ai sensi dell’art. 8 della CEDU. E’ stato altresì precedentemente dichiarato che vi è il bisogno di riconoscere giuridicamente e tutelare le coppie omosessuali e tale necessità è stata sottolineata anche attraverso ripetute raccomandazioni da parte dell'Assemblea parlamentare e dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, invitando gli Stati membri a valutare la possibilità di garantire una qualche forma di riconoscimento giuridico nei confronti delle coppie dello stesso sesso.

A supporto delle sue conclusioni, la Corte ha altresì rammentato come, nonostante la Corte Costituzionale italiana, nella sentenza 138/2010 sul caso Oliari, abbia sottolineato la necessità di una legislazione che riconosca e protegga le relazioni fra le persone dello stesso sesso, per lungo tempo il legislatore italiano non ha tenuto conto di tali pronunciamenti.

Per quanto riguarda l’art. 12 CEDU (diritto al matrimonio), la Corte ha concluso che tale articolo non impone agli Stati l’obbligo di riconoscere il matrimonio fra persone dello stesso sesso. Essa ha ritenuto che, nonostante la graduale evoluzione degli Stati in materia - ad oggi sono solamente undici gli Stati membri del Consiglio d'Europa che riconoscono il matrimonio omosessuale. La parte del ricorso fondato sulla presunta violazione dell'art. 12 CEDU è pertanto dichiarata inammissibile.

Infine, la Corte ha dichiarato che l’Italia è chiamata a versare ad ogni richiedente un risarcimento di 5.000 euro a titolo di danno morale, nonchè un totale di 14.000 euro per i costi e le spese sostenute dai richiedenti.

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