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Disarmo per lo sviluppo: appello della fondazione Cultura de paz

Fondazione Cultura de paz - logo

Il 4 luglio 2016 la fondazione spagnola Cultura de paz, con sede a Madrid, ha lanciato l’appello “Disarm for development” per il disarmo in funzione dello sviluppo umano sostenibile. Il primo firmatario dell’appello è stato il professor Federico Mayor Zaragoza, presidente della Fondazione, seguito dal professor Antonio Papisca dell’Università di Padova.

L’appello è in sintonia con l’iniziativa “Disarmament for development” dell’International Peace Bureau e reca il seguente testo, tradotto dall’inglese:

“Com-partir (condividere), è l’unica soluzione per evitare le serie diseguaglianze sociali e asimmetrie di vario genere create dal neoliberismo globalizzato.

Insisto – poiché si tratta di un elemento essenziale del mio vivere quotidiano - che è moralmente inaccettabile che ogni giorno più di 20.000 persone muoiano di fame mentre 3 miliardi di dollari sono investiti in spesa militare e armamenti. Una ragionevole riduzione di questi numeri enormi e sproporzionati sarebbe sufficiente per:

  • Aumentare sostanzialmente e rapidamente lo sviluppo umano sostenibile ed endogeno a livello globale;
  • Prendersi cura dell’ambiente per le future generazioni, assicurando che non abbia luogo un’irreversibile deterioramento dell’abitabilità della Terra;
  • Promuovere la cooperazione internazionale per il raggiungimento degli obiettivi prioritari delle Nazioni Unite (cibo, acqua, salute, ecologia, istruzione, pace…);
  • Rendere soprattutto possibile il “nuovo inizio” invocato dalla Carta della Terra.


Tutti gli esseri umani sono eguali in dignità. Ogni essere umano è unico e in grado di creare e plasmare il proprio futuro in un processo di apprendimento permanente, così che tutti siano “liberi e responsabili” secondo la magistrale definizione di “persona istruita” fornita dall’UNESCO. La persona istruita agisce sempre secondo coscienza propria e mai secondo i dettami altrui. Tolleranza zero nei confronti del fanatismo e del dogmatismo.

E’ il momento di agire perché il punto di non ritorno rischia di essere raggiunto e le diagnosi sono multiple. E’ ora di mettere in atto, senza indugio, le misure appropriate. Urge una rifondazione del sistema delle Nazioni Unite a seguito del fallimento degli inefficienti e plutocratici gruppi (G7, G8, G20) creati dal neoliberismo negli anni ottanta. Come può essere affermato e accettato che 6, 7, 8… 20 stati guidino i destini di 193? Ma soprattutto, i “principi democratici” - che con grande accuratezza e lungimiranza fondano la Costituzione dell’UNESCO - devono essere ricollocati lì dove il Partito Repubblicano degli Stati Uniti ha collocato le leggi commerciali nel perseguimento delle sue ambizioni egemoniche.

Oggi, nell’era digitale, è già possibile che “Noi, i popoli…”, silenti e obbedienti da tempi immemorabili, alziamo la voce e partecipiamo attivamente. Oggi, con le donne progressivamente incorporate nei processi decisionali, è possibile anche il sogno, ritenuto impossibile fino a pochi anni fa, dell’emancipazione dell’umanità.

Oggi possiamo udire nel cyberspazio grandi richieste popolari di cambiamenti radicali di cui c’è urgente bisogno. Fortunatamente, le “guerre stellari” nello spazio non accadranno. Sarà nello spazio digitale che la “nuova pace”, la grande transizione dalla forza alla parola, da una cultura di imposizione, dominazione e violenza a una di incontro, dialogo, riconciliazione e pace avrà luogo.

Come può l’Europa, il grande “continente migrante”, rifiutare i migranti oggi? Come può restringere l’accesso al proprio territorio invece di rafforzare gli aiuti allo sviluppo per creare le condizioni per una vita degna nei loro paesi d’origine? Perché non completare la loro struttura costituzionale rapidamente e con un’unione economica e politica? Come si può accettare che il faro-Europa tanto desiderato sia stato fermato e confinato a un’unione monetaria? Perché l’Europa segue le linee guida del Partito Repubblicano quando lo stesso presidente Obama, per il bene del suo paese, le ha messe da parte?

Devo affermare - ancora una volta! - che se non c’è evoluzione, ci sarà rivoluzione e l’unica differenza tra queste due parole è la “r” di responsabilità. Smettiamo di seguire gli irresponsabili e poniamo con urgenza le basi per una transizione da un’economia basata sulla speculazione, la delocalizzazione della produzione e la guerra a un’economia di sviluppo umano sostenibile. Da una cultura di guerra a una di pace, guidata da un multilateralismo democratico ed efficiente. La miglior soluzione - anche se implicherà il superamento dell’immensa inerzia di chi segue il perverso adagio “se vuoi la pace, prepara la guerra” - è il disarmo (incluso, chiaramente, il disarmo nucleare), seguito dalla riassegnazione di una buona parte delle colossali risorse dedicate alla sicurezza allo sviluppo di tutti i paesi, così che eguale dignità e qualità di vita possano diventare realtà in ognuno di questi.

Disarmo per lo sviluppo: è semplice. Perché ciò possa accadere, le Nazioni Unite devono essere rifondate con urgenza. La soluzione esiste, ma c’è mancanza di coraggio e leadership. E’ necessaria un’azione immediata per assolvere le nostre responsabilità intergenerazionali.

Dobbiamo dar seguito all’iniziativa “Disarmo per lo sviluppo” dell’International Peace Bureau e innalzare nel cyberspazio innumerevoli voci di pace e giustizia.

Dobbiamo essere “Noi, i popoli…” che, alla fine, prendono in mano le redini del proprio destino comune.”

E’ possibile firmare l’appello seguendoil link nel box sottostante.

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