Futuro delle persone con disabilità in Afghanistan, preoccupazione soprattutto per le donne.
L'Afghanistan ha una delle più grandi popolazioni pro capite di persone con disabilità nel mondo. Più di 40 anni di guerra hanno lasciato più di un milione di afgani con arti amputati e altre disabilità motorie, visive, uditive e con le disabilità psicosociali. Altri afghani hanno disabilità preesistenti non direttamente legate al conflitto, come quelle causate dalla poliomielite.
Violenti cambiamenti di potere, lunghi periodi di governo contestato, povertà endemica e diffusa illegalità, insicurezza e ostilità hanno minato anche gli sforzi minimi dei governi successivi per concepire, adottare o applicare politiche per affrontare i bisogni delle persone con disabilità, anche se questa popolazione ha continuato ad aumentare.
Tutti gli afghani con disabilità affrontano lo stigma e la discriminazione nell’accedere ai servizi statali ma le donne e le ragazze sono le vittime “invisibili” di questo abuso.
Già lo scorso anno, Human Rights Watch aveva rivelato in un ampio rapporto il cui titolo in italiano si può tradurre come “La disabilità non è debolezza. Discriminazione e barriere per le donne e le ragazze con disabilità in Afghanistan”, gli abusi sistematici subiti da ragazze e donne afghane con disabilità, oltre a tutte le barriere e le situazioni di discriminazione nell’accesso all’assistenza governativa, a quella sanitaria e alle scuole, nonché le molestie sessuali.
La crisi causata dal Covid-19 aveva reso ancor più difficile per le donne ottenere un’adeguata assistenza sanitaria. Ora, dopo la conquista del Paese da parte dei talebani, la situazione non potrà che peggiorare esponenzialmente, ciò che ha indotto una serie di esperti delle Nazioni Unite, di organizzazioni della società civile e di diplomatici ad esprimere la loro grave preoccupazione per il futuro della popolazione civile e in particolare per quello delle donne, ritenute maggiormente a rischio di violazioni dei diritti umani, omicidi compresi, tenendo poi conto che le donne con disabilità sono quasi sempre “le più vulnerabili tra le vulnerabili”.