Il divieto di discriminazione nel diritto internazionale dei diritti umani


Il divieto di discriminazione appartiene a quello zoccolo duro del Diritto Internazionale generale che costituisce lo Ius Cogens, che cioè obbliga tutti incondizionatamente.

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Principali fonti giuridiche del divieto

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Carta delle Nazioni Unite

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Articolo 1

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“I fini delle Nazioni Unite sono: (…) incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione”

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Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

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Articolo 1

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“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti (…)”

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Articolo 2

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“Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le oibertà enunciate nella presente dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”.

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Articolo 15

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“Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza”.

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Patto internazionale sui diritti civili e politici

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(1966, ratificato dall’Italia nel 1977)

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Articolo 20

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“(…) Qualsiasi appello all’odio nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento alla discriminazione , all’ostilità o alla violenza deve essere vietato dalla legge”.

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Articolo 26

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“Tutti gli individui sono eguali davanti alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad eguale tutela da parte della legge. A questo riguardo, la legge deve proibire qualsiasi discriminazione e garantire a tutti gli individui un tutela eguale ed effettiva contro ogni discriminazione, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l’opinione politica o qualsiasi altra opinione, l’origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione”.

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Articolo 27

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“In quegli Stati, nei quali esistono minoranze etniche, religiose, o linguistiche, gli individui appartenenti a a tali minoranze non possono essere privati del diritto di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione, o di usare la propria lingua, in comune con gli altri membri del proprio gruppo”.

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Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale

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(1965, ratificata dall’Italia nel 1975)

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Articolo 2

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“1. Gli Stati contraenti condannano la discriminazione razziale e si impegnano a continuare, con tutti i mezzi adeguati e senza indugio, una politica tendente ad eliminare ogni forma di discriminazione razziale ed a favorire l’intesa tra tutte le razze, e, a tale scopo:

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a) Ogni Stato contraente si impegna a non porre in opera atti o pratiche di discriminazione razziale a danno di individui, gruppi di individui od istituzioni ed a fare in modo che tutte le pubbliche attività e le pubbliche istituzioni, nazionali e locali, si uniformino a tale obbligo;

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b) Ogni Stato contraente si impegna a non incoraggiare, difendere ed appoggiare la discriminazione razziale praticata da qualsiasi individuo od organizzazione;

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c) Ogni Stato contraente deve adottare delle efficaci misure per rivedere le politiche governative nazionali e locali e per modificare, abrogare o annullare ogni legge ed ogni disposizione regolamentare che abbia il risultato di creare la discriminazione o perpetuarla ove esista;

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d) Ogni Stato contraente deve, se le circostanze lo richiedono, vietare e por fine con tutti i mezzi più opportuni, provvedimenti legislativi compresi, alla discriminazione praticata da singoli individui, gruppi od organizzazioni;

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e) Ogni Stato contraente s’impegna, ove occorra, a favorire le organizzazioni ed i movimenti integrazionisti multirazziali e gli altri mezzi atti ad eliminare le barriere che esistono tra le razze, nonché a scoraggiare quanto tende a rafforzare la separazione razziale.

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2. Gli Stati contraenti, se le circostanze lo richiederanno, adotteranno delle speciali e concrete misure in campo sociale, economico, culturale o altro, allo scopo di assicurare nel modo dovuto lo sviluppo o la protezione di alcuni gruppi razziali o di individui appartenenti a tali gruppi per garantire loro, in condizioni di parità, il pieno esercizio dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tali misure non potranno avere, in alcun caso, il risultato di mantenere i diritti disuguali o distinti per speciali gruppi razziali, una volta che siano stati raggiunti gli obiettivi che si erano prefissi.”

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Articolo 4

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“Gli Stati contraenti condannano ogni propaganda ed o organizzazione che s’ispiri a concetti ed a teorie basate sulla superiorità di una razza o di un gruppo di individui di un certo colore o di una certa origine etnica, o che pretendano di giustificare o di incoraggiare ogni forma di odio e di discriminazione razziale, e si impegnano ad adottare immediatamente misure efficaci per eliminare ogni incitamento ad una tale discriminazione od ogni atto discriminatorio, tenendo conto a tale scopo, dei principi formulati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dei diritti chiaramente enunciati nell’art. 5 della presente Convenzione, ed in particolare:

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a) a dichiarare crimini punibili dalla legge, ogni diffusione di idee basate sulla superiorità o sull’odio razziale, ogni incitamento alla discriminazione razziale, nonché ogni atto di violenza, od incitamento a tali atti diretti contro ogni razza o gruppo di individui di colore diverso o di diversa origine etnica, come ogni aiuto portato ad attività razzistiche, compreso il loro finanziamento;

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b) a dichiarare illegali ed a vietare le organizzazioni le attività di propaganda organizzate ed ogni altro tipo di attività di propaganda che incitino alla discriminazione razziale e che l’incoraggino, nonché a dichiarare reato punibile dalla legge la partecipazione a tali organizzazioni od a tali attività;

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c) a non permettere né alle pubbliche autorità, né alle pubbliche istituzioni, nazionali o locali, l’incitamento o l’incoraggiamento alla discriminazione razziale”.

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Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia

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(1989, ratificata dall’Italia nel 1991)

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Articolo 2

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“1. Gli Stati Parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza.

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2. Gli Stati Parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari”.

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Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

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(1950, ratificata dall’Italia nel 1955)

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Articolo 14 - Divieto di discriminazione

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“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Covenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o  sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione”.

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Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (proclamata a Nizza nel 2000)

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Articolo 21 - Non discriminazione

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“1. E’ vietata qualsiasi forma di discrimlinazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale. 2 (…) è vietata qualsiasi discriminazione effettuata in base alla cittadinanza”.

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Carta europea dei diritti umani nella Città

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(‘Carta di St. Denis’, 2000, sottoscritta da numerose Città italiane)

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Articolo II – Principio di uguaglianza dei diritti e di non discriminazione

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“1. I diritti enunciati in questa Carta sono riconosciuti a tutte le persone che vivono nelle città firmatarie, indipendentemente dalla loro nazionalità. 2. Tali diritti sono garantiti dalle autorità comunali, senza alcuna discriminazione legala all’origine, al colore, all’età, al sesso o alle scelte sessuali, alla lingua, alla religione, all’opinione politica, all’origine etnica, nazionale o sociale, o al raddito”.

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