Lettera aperta delle dottorande e dei dottorandi in Peace Studies

Il 23 Giugno 2025, 46 ricercatrici e ricercatori del Dottorato di Interesse Nazionale in Peace Studies, mosse dall’urgenza di denunciare l’orrore normalizzato dalle molteplici guerre, presentano una lettera aperta in cui si rivolgono a diversi attori dello Stato italiano per impegnarsi a costruire la pace, in quanto la pace non è neutralità, ma una scelta attiva di difendere il diritto costituzionale e internazionale.
Alle istituzioni italiane viene chiesto di rispettare i valori sanciti dalla Costituzione, a partire dal ripudio di tutte le guerre, e di agire in conformità al diritto internazionale anche nell’eseguire le sentenze della Corte Penale Internazionale e nel rispettare i mandati di arresto.
Al governo italiano viene chiesto di pronunciarsi per il riconoscimento dello Stato di Palestina e di agire attivamente per fermare il genocidio e gli altri crimini in atto assumendo un ruolo di portavoce di politiche di mediazione e non di riarmo che sono incentivate nel contesto dell’Unione Europea. Inoltre, viene chiesto al governo di impegnarsi per il disarmo nucleare globale firmando e ratificando il Trattato delle Nazioni Unite per la proibizione delle armi nucleari (TPAN)(TPNW).
Alle istituzioni accademiche viene chiesto di prendere posizione e mediare con la società civile. Le università sono tenute a garantire l’accesso all’informazione e la ricerca accessibile, etica, libera e trasparente e di scindere i rapporti con aziende e governi che favoriscono la militarizzazione degli spazi della ricerca e della pubblica istruzione.
Infine, la lettera si rivolge alla società civile, a cui viene chiesto di non rimanere indifferente davanti alla crescente proliferazione degli armamenti di distruzione di massa, di mobilitarsi, manifestare, scioperare e disertare la guerra.
Le ricercatrici e i ricercatori sostengono fermamente che la costruzione della pace debba avvenire attraverso l'educazione, piuttosto che mediante un piano di riarmo dal costo di 800 miliardi di euro. Tali risorse potrebbero invece essere destinate ai settori pubblici della ricerca, dell'istruzione, della sanità e delle politiche per l'occupazione.