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UNFPA: necessario fermare la normalizzazione della violenza sessuale durante i conflitti

Una donna che vive nel campo di Kassab per sfollati interni a Kutum, nel Darfur settentrionale, esprime il suo dolore per l'aumento degli stupri nella zona.
© UN Photo/Albert González Farran

L’uso della violenza sessuale durante i conflitti è sistematico e molto diffuso, e può assumere varie forme: assalto, stupro, matrimonio forzato, traffico di esseri umani, schiavitù forzata, sterilizzazione forzata, aborto forzato e ogni altra forma di coercizione sessuale che sia mirata a generare paura, dolore, sofferenza e censura sulle vittime. Le conseguenze della violenza sessuale subita durano tutta la vita: disturbo post-traumatico, gravidanze indesiderate, malattie sessualmente trasmissibili, oltre allo stigma sociale e ai ricatti.

Donne e ragazze hanno confessato a UNFPA (United Nations Population Fund) di ritenere che la violenza nei loro confronti stia divenendo normalizzata, ossia che ci sia una sempre maggiore accettazione collettiva di questo crimine.
Durante i conflitti armati, l’accesso ai servizi sanitari e all’assistenza umanitaria può rivelarsi problematico a causa dell’instabilità generale e dell’interruzione delle vie di comunicazione, soprattutto per coloro che abitano in zone più difficili da raggiungere. A volte, anche quando i servizi sono disponibili, le vittime possono avere dei riguardi a cercare aiuto a causa della vergogna, della paura di essere escluse dalle loro comunità o di essere vittime di ricatto da parte dei loro aggressori.

La disuguaglianza strutturale di genere è al contempo una delle cause della violenza sessuale e una delle ragioni che rendono difficile la lotta alla violenza sessuale stessa, soprattutto dal momento che il rischio di subire una violenza sessuale è una delle ragioni per le quali le ragazze lasciano le scuole e si richiudono fra le mura domestiche, occupandosi della cura della casa a tempo pieno.
La Direttrice Esecutiva di UNFPA Dr. Natalia Kanem ha commentato che la persistenza della violenza sessuale durante i conflitti è largamente dovuta ad un’idea maschilista e discriminatoria della dinamica uomo-padrone e donna ad “uso e consumo” dell’uomo.

Sia in tempi di pace che in modo ancora più marcato in tempi di conflitto armato, solo alcune delle vittime di violenza sessuale rendono pubblica la loro esperienza, molte altre decidono di mantenere il segreto o sono obbligate dalle circostanze a farlo. Giornalisti, cittadini e operatori umanitari che cercano di portare alla luce queste violenze sono spesso perseguitati a causa del loro lavoro.
UNFPA ha lanciato una campagna mirata ad amplificare le voci dei sopravvissuti nel tentativo di evitare la normalizzazione della violenza contro donne e ragazze, soprattutto in contesti di crisi.
Nel 2021, UNFPA ha fornito supporto a 2.3 milioni di persone vittime di violenza di genere in 28 paesi. Purtroppo, l’azione di UNFPA riesce a raggiungere solo in minima parte le vittime, proprio a causa del fatto che moltissimi episodi non vengono tracciati.

La Relatrice Speciale sulla violenza sessuale durante i conflitti Pramila Patten ha chiesto alla comunità internazionale di mobilitarsi per offrire assistenza umanitaria alle donne e ragazze ucraine già prima di conoscere i dati degli episodi di violenza già avvenuti, in un’ottica preventiva, per evitare che l’assistenza venga fornita quando ormai è fin troppo tardi.

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