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Yakin Ertürk, Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, le sue cause e le sue conseguenze (2003-2009)
© UN Photo/Devra Berkowitz

Il contributo di Yakin Ertürk: un approccio gender-oriented alla violenza

Autore: Milena Anzani, MA in Istituzioni e politiche dei diritti umani e della pace, Università di Padova / Volontaria di Servizio Civile Nazionale

Nell’agosto 2003, la Commissione diritti umani delle Nazioni Unite con Risoluzione 2003/45 conferisce il mandato di Relatore Speciale sulla violenza contro le donne le sue cause e conseguenze a Yakin Ertürk.

Succedendo nel suo incarico alla prima Relatrice speciale Radhika Coomaraswamy, Yakin Ertürk riprende e approfondisce il discorso sulla violenza contro le donne secondo una prospettiva multidimensionale e gender-oriented, in perfetta continuità con il lavoro svolto durante il mandato precedente.

La violenza contro le donne, in tutte le sue forme e manifestazioni, si configura agli occhi di Yakin Ertürk come un fenomeno complesso e universalmente diffuso, che costituisce una grave e sistematica violazione dei diritti umani delle donne e rappresenta un ostacolo per il raggiungimento dell’eguaglianza sostanziale tra donne e uomini. Sia che venga praticata in ambito domestico, sia che si verifichi nell’arena transnazionale, la violenza contro le donne è espressione di un modello sociale misogino e oppressivo, in cui la donna viene costretta ad impersonare dei ruoli culturalmente e tradizionalmente stabiliti ed è ridotta in uno stato di subalternità all'interno della società e della comunità di appartenenza. Frutto di disuguaglianze strutturali e di relazioni di potere inique tra uomini e donne, la violenza contro le donne viene descritta dalla Relatrice speciale come una discriminazione di genere diretta contro la donna in quanto tale.

Dagli studi tematici e dalle visite Paese effettuate nel quadro delle attività collegate al mandato, Yakin Ertürk mette in luce i nodi critici e le sfide che impediscono il superamento della violenza, evidenziando la necessità di adottare strategie integrate e multisettoriali per contrastare in modo efficace questo fenomeno. Indagando da un lato i luoghi in cui si manifesta la violenza e interrogandosi dall'altro sulle interconnessioni esistenti tra i diversi tipi di discriminazione di genere e le molteplici forme della violenza contro le donne, la Relatrice speciale supera la classica dicotomia tra sfera pubblica e privata della violenza e riconosce la responsabilità degli Stati ad intervenire a qualunque livello per l'eradicazione di questa problematica.

In tutti i suoi Rapporti, Yakin Ertürk considera infatti prioritario lo sviluppo di linee guida che aiutino i Governi ad osservare i propri obblighi di prevenzione e di repressione della violenza e di protezione delle vittime, sulla base del principio della due diligence (a) e nel pieno rispetto di quanto sancito nella Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne (1993) e nella Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (1979).

Nel corso del suo mandato la Relatrice speciale ha preparato i seguenti Rapporti tematici:

  1. il Rapporto E/CN.4/2004/66 che fornisce un quadro dettagliato della violenza contro le donne, descrivendo le forme e i luoghi in cui si manifesta, nonché le difficoltà nel superarla;
  2. il Rapporto E/CN.4/2005/72 che si focalizza sulle complesse interrelazioni tra violenza contro le donne e HIV/AIDS;
  3. il Rapporto E/CN.4/2006/61 che si occupa del tema della due diligence e delle responsabilità degli Stati nel combattere il fenomeno;
  4. il Rapporto A/HRC/4/34 che tratta il problema della violenza contro le donne in rapporto alla cultura;
  5. il Rapporto A/HRC/11/6 che descrive la questione della violenza contro le donne alla luce dell’attuale contesto politico-economico di matrice neoliberista;
  6. il Rapporto A/HRC/11/6/Add.5 che sintetizza i primi 15 anni di mandato del Relatore speciale sulla violenza contro le donne.

1) Il Rapporto E/CN.4/2004/66

Come emerge dal primo Rapporto tematico del 26 dicembre 2003 (E/CN.4/2004/66), la violenza contro le donne, insieme alla povertà, continua ad essere uno dei problemi più consistenti e pervasivi a livello globale, che lede la sfera intima e la dignità della donna, influendo negativamente in ogni settore politico, economico, sociale e culturale che la riguarda. Nonostante gli sforzi compiuti da parte della Comunità internazionale per contrastare e reprimere il fenomeno, la violenza persiste in tutta la sua oppressione e brutalità, tanto nella vita pubblica quanto nella vita privata della donna.

Partendo dalla definizione di violenza contro le donne contenuta nell'art. 1 (b) della Dichiarazione di Vienna (1993) e ripresa nel par. 113 della Piattaforma d'Azione di Pechino (1995), la Relatrice riflette dapprima sugli sviluppi politici, avuti in un decennio, del concetto di violenza in relazione ai diritti umani delle donne, per poi sottolineare la necessità di integrare un approccio di genere nella normativa dei diritti umani e di allargare lo spazio concettuale entro cui collocare questo fenomeno (c). In particolare all'interno del Rapporto, Yakin Ertürk pone l'accento sui principi di universalità della violenza contro le donne, di molteplicità della forme di questa violenza e di intersezionalità della violenza con la varie forme di discriminazione di genere, istituzionalizzando il collegamento tra il potere maschile e violenza.

Ampliando il discorso iniziato dalla Relatrice precedente, Yakin Ertürk tratta la questione della violenza contro le donne non solo nelle tre sfere principali, ossia la famiglia, la comunità, lo Stato, ma anche in una quarta dimensione di interesse: l'arena transnazionale. Di fronte alle incessanti trasformazioni socio-culturali, ai cambiamenti nelle relazioni politico-economiche, ai processi di denazionalizzazione in un mondo sempre più globalizzato ed instabile, l'arena transnazionale diventa una dimensione chiave per identificare e comprendere le criticità che accrescono la violenza contro le donne a livello mondiale. A questo proposito, la Relatrice considera l'impatto negativo della violenza sulle donne migranti, con specifica attenzione alle lavoratrici domestiche e alle donne vittime di tratta di esseri umani, illustrando le difficoltà nel distinguere il confine tra l'ambito pubblico e quello privato della violenza di genere.

Nella parte conclusiva del Rapporto, Yakin Ertürk fornisce raccomandazioni agli Stati, sottolineando l'importanza di elaborare strategie multidimensionali e multilivello per meglio affrontare e superare i diversi aspetti della violenza contro le donne, per garantire la protezione delle vittime e per promuovere i diritti umani delle donne. Nello specifico, la Relatrice raccomanda agli Stati di rispettare gli impegni assunti a livello internazionale e nazionale per combattere tale fenomeno, sia nell'ambito pubblico, sia in quello privato e di agire con la dovuta diligenza per prevenire e criminalizzare ogni forma di violenza contro le donne, per perseguire e punire i responsabili della violenza, per proteggere le vittime e per garantire loro una giusta riparazione e un equo accesso alla giustizia. Yakin Ertürk evidenzia inoltre la necessità di aumentare gli sforzi nella lotta ai pregiudizi e alle visioni stereotipate nei confronti delle donne e di accrescere consapevolezza sul problema, sviluppando nella società una cultura fondata sull'uguaglianza e sul rispetto della dignità umana. La Relatrice attribuisce un ruolo centrale al lavoro svolto dalla società civile nel contrastare il problema della violenza contro le donne ed invita gli Stati a sostenere e a valorizzare le iniziative promosse dal basso, volte a sradicare questo fenomeno. Da ultimo, la Relatrice speciale chiede agli Stati di adottare leggi e politiche pubbliche nel campo dell'educazione che informino le donne dei loro diritti e che incoraggino l'empowerment femminile in ogni ambito di vita in contrapposizione ad un approccio di vittimizzazione delle donne.

All'interno di questo Rapporto, la Relatrice anticipa infine uno studio più dettagliato su donne e HIV/AIDS, presentato nel 2005 nel corso della 61° sessione della Commissione diritti umani.

2) Il Rapporto (E/CN.4/2005/72)

L'obiettivo di questo lavoro (E/CN.4/2005/72) consiste nell'indagare le interrelazioni esistenti tra l'AIDS, le disuguaglianze di genere e la violenza contro le donne, focalizzandosi sulla posizione di vulnerabilità delle donne e delle ragazze nel contrarre la malattia. Denunciando la drammatica diffusione della malattia in ogni parte del mondo, la Relatrice speciale considera la malattia sia come vettore di violenza contro le donne, sia come conseguenza della violenza stessa. In particolare, Yakin Ertürk prende in esame le diverse forme di violenza di cui la donna è vittima e tramite cui aumentano i rischi di trasmissione del virus e si concentra sulle discriminazioni e sugli stigmi sociali che colpiscono le donne affette da HIV.

In questa relazione, la Relatrice sollecita gli Stati a porre in essere tutte le misure necessarie per ridurre la diffusione della malattia, a predisporre servizi sanitari per la cura e per la prevenzione del contagio e ad elaborare una strategia integrata capace di incidere significativamente sul binomio violenza contro le donne - diffusione dell'HIV/AIDS. Al fine di arginare gli effetti nefasti di questa malattia e di mitigarne le conseguenze, la Relatrice esorta infine gli Stati a favorire l'accesso alle cure mediche a tutte le donne, a promuovere l'empowerment delle donne e i loro diritti e ad introdurre una prospettiva di genere negli interventi atti a contrastare il diffondersi della malattia.

3) Il Rapporto (E/CN.4/2006/61)

Di fronte a sfide di tali dimensioni, la Relatrice insiste sul dovere degli Stati di agire con la dovuta diligenza per fronteggiare in maniera adeguata la problematica della violenza contro le donne. Al tema delle responsabilità degli Stati e del rispetto del principio della due diligence nel conseguire i propri obblighi, Yakin Ertürk dedica un intero Rapporto tematico (E/CN.4/2006/61), redatto nel 2006 e presentato alla Commissione diritti umani durante la sua 62°sessione. In base a quanto sancito all'art. 4c della Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne, l'esercizio della due diligence comporta il dovere dello Stato ad "esercitare la dovuta attenzione per prevenire, indagare e, conformemente alla legislazione nazionale, punire gli atti di violenza contro le donne, sia che tali atti siano perpetrati dallo Stato, che da persone private". In questo Rapporto lo standard della due diligence viene dunque definito come il parametro di riferimento per accertare gli adempimenti e le eventuali mancanze dello Stato nel combattere il fenomeno della violenza contro le donne.

La piena osservanza del principio di due diligence non attiene soltanto alla dimensione preventiva e repressiva della violenza, ma implica anche l'impegno dello Stato nell'ambito della protezione delle vittime e del loro risarcimento. La Relatrice ribadisce ancora una volta l'obbligo dello Stato di intervenire non solo per gli atti commessi da attori statali o che agiscono per conto dello Stato, ma anche per ogni azione e/o omissione compiuta da soggetti non statali, superando in questo modo il tradizionale limite tra gli affari pubblici e le questioni domestiche. Inoltre l'esistenza di molteplici forme di violenza contro le donne così come il fatto che la violenza scaturisca dall'intersecarsi con i diversi tipi di discriminazione rendono l'adozione di strategie multidimensionali una priorità nell'agenda politica. A questo proposito, la Relatrice invita gli Stati a produrre un quadro politico-giuridico adeguato e delle linee d'azione specifiche che diano risposte concrete al problema della violenza contro le donne dal livello domestico a quello nazionale, dalla comunità alla scena transnazionale. Oltre che agli Stati, la Relatrice speciale indirizza le proprie raccomandazioni ad altri attori rilevanti, tra cui le Nazioni Unite, affinché cooperino tra loro sul piano politico, giuridico e operativo nell'eradicazione della violenza di genere.

4) Il Rapporto (A/HRC/4/34)

Negli anni successivi, Yakin Ertürk approfondisce ulteriormente la tematica della violenza contro le donne come violazione dei diritti umani delle donne in due Rapporti tematici, redatti rispettivamente nel gennaio 2007 (A/HRC/4/34) e nel maggio 2009 (A/HRC/11/6). Il primo dei due Rapporti, presentato durante la 4° sessione del Consiglio diritti umani, si concentra sulle intersezioni tra cultura e violenza di genere e mostra come i dogmi delle culture dominanti vengano spesso utilizzati per spiegare la violenza contro le donne all'interno di una società. Riaffermando il principio di universalità dei diritti umani, la Relatrice speciale critica ogni forma di relativismo culturale che tenti di giustificare la violenza contro le donne come parte integrante di una determinata cultura e denuncia gli Stati che invocano il discorso culturale, includendo i concetti di costumi, tradizione, religione, per tollerare o condonare gli atti di violenza diretti contro le donne. Yakin Ertürk è chiara nell'affermare che a prescindere dal contesto politico, culturale o religioso di riferimento, la violenza di genere costituisce una violazione dei diritti umani delle donne e gli Stati hanno la responsabilità di condannare quelle pratiche culturali che permettono a tale violenza di verificarsi.

Nella parte finale del Rapporto, la Relatrice elenca una serie di linee strategiche che guidino gli Stati a decostruire il discorso culturale e a distruggere quei miti che accrescono le discriminazioni contro le donne e che conducono alla violenza. L'invito è quello di ascoltare la voce delle donne appartenenti a gruppi di minoranze etniche, nazionali, linguistiche o religiose affinché le loro rivendicazioni ad una vita libera dalla violenza non vengano silenziate nel nome di pretesti culturali.

5) Il Rapporto (A/HRC/11/6)

Il secondo Rapporto tematico, quello del 2009, presentato all'11° sessione del Consiglio diritti umani, analizza la questione della violenza contro le donne in relazione all'attuale contesto politico-economico neoliberista. Utilizzando l'approccio dell'economia politica, la Relatrice dimostra come il sistema di dominio dell'uomo sulla donna non si impone soltanto attraverso la coercizione, ma anche tramite i processi di produzione e di riproduzione che comportano la divisione sessuale del lavoro, la ridistribuzione iniqua delle risorse, l'occupazione delle donne nel lavoro domestico o nelle economie sommerse, la crescita della povertà femminile.

La marginalizzazione delle donne, i bassi livelli di reddito, la mancanza di accesso alle risorse produttive e l'assenza di strumenti di protezione sociale sono tutti fattori che rendono le donne vulnerabili e maggiormente esposte agli abusi. Oltre alle politiche neoliberiste, tra le cause strutturali che alimentano le disuguaglianze di genere e aumentano il rischio di subire violenza, la Relatrice speciale annovera la globalizzazione, i conflitti armati, le situazioni post-conflittuali, le catastrofi naturali, nonché la recente crisi economico-finanziaria.

Al termine del Rapporto, Yakin Ertürk formula le proprie raccomandazioni affinché i Governi e i gli attori non statali si impegnino nella tutela dei diritti economici, sociali, culturali delle donne, prevenendo e reprimendo ogni forma di violenza nei loro confronti. A tal fine, nelle sue linee guida, la Relatrice esorta gli Stati ad intraprendere tutte le misure necessarie e a dotarsi di meccanismi di monitoraggio e di sistemi efficaci di valutazione delle politiche per costruire un contesto economico di pari opportunità fondato sul principio di eguaglianza di genere, in cui le donne possano sentirsi libere dall'oppressione.

6) Il Rapporto (A/HRC/11/6/Add.5)

Sempre nel 2009, Yakin Ertürk conclude il proprio mandato redigendo un Rapporto di sintesi dei primi 15 anni di lavoro del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne (A/HRC/11/6/Add.5). Oltre a presentare i notevoli risultati raggiunti dal 1994 al 2009 dalle due Relatrici speciali nell'ambito dei loro mandati, il rapporto fa il punto della situazione e degli sviluppi relativi al fenomeno delle violenza contro le donne rispetto al diritto internazionale dei diritti umani e riflette sulle sfide da superare per contrapporsi efficacemente al problema della violenza di genere.

Dopo una breve introduzione che riassume lo scopo del mandato e definisce i contenuti del concetto di violenza contro le donne, la Relatrice si sofferma sulle aree di criticità che richiedono un'applicazione pratica del paradigma diritti umani (d). L'attenzione della Relatrice si focalizza sopratutto sulla dimensione transnazionale della violenza di genere, ossia un ambito "aggiuntivo" rispetto ai luoghi tradizionali (famiglia, comunità, Stato) in cui si manifesta questo fenomeno. Per quanto riguarda la sfera domestica, la Relatrice speciale guarda alla violenza non solo nelle relazioni affettive formalizzate, ma anche entro quei rapporti non strettamente riconducibili all'ambito matrimoniale. Ciò ha permesso alla Relatrice di tener conto tanto della pluralità di soggetti che gravitano all'interno della dimensione privata, quanto di quegli episodi che a prima vista esulano dal piano strettamente familiare, ma che in realtà rientrano nella violenza domestica (e). In questo lavoro dunque si propone una rilettura critica della dicotomia pubblico-privato, ponendo enfasi sulle relazioni di potere tra uomini e donne che oltrepassano il vincolo coniugale e non coinvolgono automaticamente il partner o l'ex partner.

Rilevando il persistere delle discriminazioni sessuali che veicolano la violenza di genere, la Relatrice sottolinea l'esigenza di risposte multidimensionali volte non solo alla repressione del fenomeno, ma sopratutto alla prevenzione dello stesso attraverso l'ideazione di percorsi di educazione e di presa di consapevolezza, che aiutino la fuoriuscita della donna da schemi culturali stereotipati. Lo scopo principale di questa trattazione è quello di dare risalto agli aspetti fondamentali della promozione dei diritti umani all'interno di una quadro sociale frammentato e di rapporti uomo/donna diseguali, facendo attenzione in particolare alla tutela dei diritti economici, sociali e culturali.

La centralità dei diritti umani delle donne vittime di violenza viene sviluppata dalla Relatrice specificamente con riferimento al fenomeno problematico della tratta di esseri umani, che coinvolge le donne migranti in gravi forme di sfruttamento. Constatando l'enorme portata e l'allarmante diffusione di questo fenomeno a livello mondiale, la Relatrice mette in luce le difficoltà per il suo superamento e la carenza sul piano internazionale di politiche integrate e condivise per arginare il problema.
Pur riconoscendo i numerosi progressi compiuti dalla Comunità internazionale per far fronte alla drammaticità della violenza di genere, in ogni sua forma e manifestazione, Yakin Ertürk raccomanda infine ai Governi e alle organizzazioni internazionali e agli esponenti della società civile di rafforzare l'impegno nella lotta contro la violenza sulle donne attraverso il rispetto degli standard internazionali che regolano la materia, l'elaborazione di strategie adeguate di prevenzione e di contrasto, l'adozione di meccanismi di protezione per le vittime e di politiche di promozione di una cultura dei diritti umani per tutti.

(a): Per una trattazione più completa di questo principio si guardi al paragrafo Rapporto E/CN.4/2006/61

(b): In base all'Art. 1 della Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne (Vienna, 1993) l'espressione "violenza contro le donne" significa ogni atto di violenza (...) che abbia come risultato (...) un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o in quella privata

(c): Cfr. Paola Degani, “Condizione femminile e Nazioni Unite, recenti sviluppi della politica internazionale per i diritti umani delle donne”, Cleup, Padova, 2010

(d): Ibidem 

(e): L'esempio che riporta la Relatrice speciale è quello delle lavoratrici domestiche, spesso straniere, che subiscono violenze sessuali e gravi abusi da parte dei propri datori di lavoro all'interno delle mura di casa



Aggiornato il

29/4/2015