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La protezione della Convenzione americana dei diritti umani
Nonostante la Convenzione americana non la citi esplicitamente, la pratica delle sparizioni forzate è da considerare in contrasto radicale con quest’ultima: in primo luogo, perché calpesta il valore della dignità umana e i principi fondanti il sistema interamericano; in secondo luogo, perché le sparizioni forzate implicano una violazione multipla e continuata di numerosi diritti sanciti dalla Convenzione, tra cui il diritto alla libertà personale (art. 7), il diritto alla vita (art. 4), il diritto all’integrità fisica, mentale e morale e a non essere sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (art. 5), il diritto alla protezione giudiziaria contro atti che violano i diritti di una persona (art. 25).
La Convenzione interamericana sulla scomparsa forzata di persone
Nel 1994, l’Assemblea generale dell’OSA, riunita a Belem do Parà, Brasile, ha adottato la Convenzione interamericana sulla scomparsa forzata delle persone.
La Convenzione vieta di praticare, permettere o tollerare tale pratica, anche durante gli stati di emergenza o la sospensione delle garanzie individuali per la tutela dei diritti umani. Gli Stati Parti sono obbligati a punire, senza limiti di tempo, coloro che commettono tale crimine sotto la loro giurisdizione e i loro complici.
In nessun caso, lo stato di guerra, l’instabilità politica interna o qualsiasi altra condizione di emergenza pubblica può essere invocato a giustificazione della sparizione forzata di una persona. La Convenzione non si applica ai conflitti armati internazionali regolati dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 e i relativi Protocolli.
L’articolo 2 definisce la sparizione forzata come l’atto di privare una o più persone della loro libertà sotto qualsiasi forma, compiuto da agenti dello Stato o da persone o gruppi di persone che agiscono su autorizzazione o acquiescenza dello Stato, seguito da un’assenza di informazioni o dal rifiuto di riconoscere che è occorsa una privazione della libertà o di dare informazioni sulle sorti della persona scomparsa, impedendo in tal modo che quest’ultima possa ricorrere a rimedi giudiziari e alle garanzie procedurali.
La sparizione forzata così configurata deve essere considerata crimine all’interno di tutti gli Stati Parti che sono, quindi, chiamati a predisporre gli adeguati strumenti normativi nazionali a tal fine. Per tale crimine non è previsto un termine di prescrizione o, afferma l’articolo 7, deve essere almeno pari a quello che si applica ai crimini più gravi nell’ordinamento di riferimento.
L’obbedienza all’ordine o alle istruzioni di un superiore che decidano, autorizzino o incoraggino una sparizione forzata non vale come fatto esimente della responsabilità. Chiunque riceva ordini di tale natura ha il diritto e il dovere di non obbedire (art. 8).
Gli Stati Parti hanno poi l’obbligo di mantenere registri ufficiali aggiornati sui detenuti e renderli disponibili qualora ne venga fatta richiesta dai familiari, giudici, procuratori, altre autorità e qualsiasi altra persona che ha un legittimo interesse a farlo.
Per la protezione dei diritti sanciti dalla Convenzione, l’articolo 13 fa riferimento al sistema di petizioni e comunicazioni che si possono presentare alla Commissione interamericana secondo le procedure stabilite dalla Convenzione americana, lo Statuto e il Regolamento della Commissione e lo Statuto e il Regolamento della Corte interamericana, incluso le disposizioni sulle misure precauzionali.
La Convenzione è entrata in vigore il 28 marzo 1996. Ad oggi è stata ratificata da 15 Stati: Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Honduras, Messico, Panama, Paraguay, Perù, Uruguay e Venezuela.
La giurisprudenza della Corte interamericana dei diritti umani
La Corte interamericana ha prodotto una significativa giurisprudenza sul tema, facendo avanzare la disciplina in merito. In particolare:
Nel 1998 la sparizione forzata è stata annoverata, dallo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, tra i crimini contro l’umanità (art. 7).
26/3/2024