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Una bambina e il padre si abbracciano piangendo in seguito alla riunificazione familiare
© Council of Europe

Il ricongiungimento familiare per i rifugiati: un'analisi comparata

Autore: Mariachiara Berlinghieri (2021)

Mariachiara Berlinghieri ha conseguito il titolo di laurea magistrale in “Human Rights and Multilevel Governance” presso l’Università di Padova. Attualmente è iscritta al Master di II livello in “Diritto delle Migrazioni” presso l’Università di Bergamo. Questo articolo è un estratto della sua tesi di laurea “A cross-country comparison on the right of refugees to family reunification. Eligibility criteria and access of the procedure in Canada, Australia and the United Kingdom”, discussa ad ottobre 2021 sotto la supervisione del prof. Antoine Meyer.

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Introduzione

La famiglia è indubbiamente uno degli aspetti fondamentali della vita di ogni individuo e il nucleo fondante della nostra società. Quando le famiglie sono costrette a separarsi lungo le rotte migratorie o alcuni membri rimangono nel paese di origine, il ricongiungimento familiare diventa spesso l’unica via legale per i rifugiati per riunificarsi con i loro familiari. Infatti, secondo l’UNHCR l’unità familiare può avere molti benefici sia per il benessere psico-fisico dei componenti della famiglia che nel ridurre il numero di arrivi illegali che aumentano il rischio per i familiari di finire in mano ai trafficanti di essere umani o finire in situazioni di pericolo.

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di analizzare le sfide nella legislazione e, di fatto, nella realizzazione del ricongiungimento familiare per i rifugiati, guardando sia i criteri di ammissibilità, ovvero i criteri utilizzati per selezionare i familiari aventi diritto, sia i requisiti procedurali, ovvero le condizioni che i rifugiati stessi e i familiari devono soddisfare al momento della domanda. Il lavoro è stato sviluppato su due livelli: da un lato confrontando i sistemi statali del Canada, dell’Australia e del Regno Unito fra di loro, dall’altro confrontandoli con gli standard internazionali.

Quadro normativo

Per condurre tale ricerca è stato necessario, innanzitutto, capire se i rifugiati godono effettivamente di un diritto al ricongiungimento familiare. Il diritto internazionale stabilisce il diritto universale all’unità e alla vita familiare, in particolare l’art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti umani recita: “La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato”. Disposizioni simili possono essere trovate all’art. 17 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e all’art. 23 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, le quali impongono rispettivamente allo Stato di non interferire con la vita familiare degli individui e di accordare ad essa la massima protezione. Viceversa, la Convenzione di Ginevra del 1951 non si pronuncia in merito al ricongiungimento né menziona i familiari dei rifugiati. A livello internazionale il riferimento più simile ad un diritto al ricongiungimento si trova all’art. 22 della Convenzione per i diritti dell’infanzia, dove viene stabilito che i bambini che ottengono lo status di rifugiato hanno diritto a ricevere assistenza per cercare i genitori e ricongiungersi con loro.

A livello regionale, negli ultimi anni la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha preso posizione nel proteggere l’unità familiare ai sensi dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. in una delle sue decisioni più recenti, la Corte ha stabilito che tutti i rifugiati hanno diritto al ricongiungimento familiare, indipendentemente dal tipo di protezione che gli è stata riconosciuta, dato che “l’unità familiare non dovrebbe dipendere dallo status di una persona, ma dalla gravità degli ostacoli che impediscono a quella persona di godere della vita familiare nel suo paese di origine”. L’art. 8, infatti, prevede un elevato livello di protezione per le relazioni familiari e un'ampia applicazione del concetto di famiglia, che comprende quindi anche i legami di fatto. La Corte, di conseguenza, ha deciso di considerare una vasta gamma di fattori nel valutare l’importanza dei legami familiari, che includono la vulnerabilità e la storia personale dei richiedenti, l’età dei minori, il livello di dipendenza tra i familiari e l’attaccamento al paese ospitante.

Nonostante le difficoltà nello stabilire una strategia unitaria e onnicomprensiva per il ricongiungimento familiare, l’UNHCR ha giustamente affermato che rifiutarsi di consentire il ricongiungimento può interferire con il diritto all’unità e alla vita familiare, soprattutto quando le famiglie non hanno la possibilità di godere di questo diritto altrove.

Principali risultati riguardo i requisiti di accesso

I membri di una famiglia vengono generalmente distinti tra coloro che fanno parte del nucleo, ovvero coniuge o partner e figli minori; la cosiddetta “famiglia allargata”, ovvero i genitori di un rifugiato adulto, gli zii e i nipoti; e i familiari dei minori non accompagnati. Ogni categoria ha numerosi requisiti da soddisfare e analizzarli tutti andrebbe oltre lo scopo di questo articolo, per cui solo i risultati più importanti saranno approfonditi nelle sezioni seguenti.

Per iniziare, un’osservazione positiva va fatta in merito alla politica adottata dal Canada che riconosce come minori anche i figli oltre i 18 anni, consentendo loro di ricongiungersi con i propri genitori fino ai 22 anni di età. L’Australia e il Regno Unito, invece, adottano come criterio per la maggiore età i 18 anni. Ci sono altri due aspetti importanti da sottolineare. In Canada e in Australia non vengono ritenuti idonei a fare domanda di ricongiungimento coloro che non sono stati identificati come familiari nella domanda per la residenza fatta dal rifugiato al momento del suo arrivo. Questa politica si basa sul presupposto che la mancata comunicazione da parte del rifugiato sia motivata dall’intenzione di ingannare le autorità preposte. Tuttavia, non si tiene conto delle possibili ragioni del rifugiato, come non essere stato informato delle conseguenze negative, problemi per la sicurezza dei familiari nel paese di origine o semplicemente pensare che il familiare fosse deceduto. In secondo luogo, l’Australia e il Regno Unito applicano una politica molto restrittiva per cui non riconoscono come facenti parte del nucleo familiare coloro che sono entrati a far parte della famiglia dopo che il rifugiato ha lasciato il suo paese di origine (per esempio se il rifugiato ha conosciuto il proprio partner mentre risiedeva in un campo profughi). Questi devono fare richiesta di ricongiungimento come famiglia allargata e soddisfare i criteri per questa categoria, mentre nel diritto internazionale non viene fatta alcuna distinzione.
Riguardo i membri della famiglia allargata, il Canada, l’Australia e il Regno Unito danno importanza quasi esclusivamente alla dipendenza economica o fisica dei familiari dal rifugiato, dal momento che si tratta di elementi facilmente verificabili tramite gli estratti conto bancari o i consulti medici, piuttosto che tenere conto anche dei legami emotivi, come raccomandato dall’UNHCR.

Un discorso separato va fatto per i familiari dei minori non accompagnati. Solo l’Australia, infatti, permette ai minori di fare da sponsor per i propri genitori, mentre in Canada e nel Regno Unito i minori devono aspettare la maggiore età e poi i genitori possono fare richiesta di ricongiungimento come famiglia allargata. L’unica alternativa è chiedere che il caso venga esaminato come “situazione umanitaria e compassionevole”, il che significa che è il Ministro dell’Interno o un giudice che deve decidere sui meriti del caso, con pochissimi casi andati a buon fine. Secondo il governo britannico questa politica serve da deterrente per quelle famiglie che decidono di mandare i minori come “ancore” per assicurare lo status di rifugiato e poi ricongiungersi. Tuttavia, limitare le possibilità di ricongiungimento ai minori non accompagnati può avere gravi conseguenze sul loro benessere psico-fisico, li espone a un maggiore rischio di essere sfruttati o maltrattati, e non tiene conto dell’obbligo di considerare l’interesse superiore del minore, come imposto dal diritto internazionale.

Principali risultati riguardo le procedure

Come per i criteri appena esaminati, ogni familiare deve affrontare una procedura diversa a seconda del proprio grado di parentela con il rifugiato; generalmente la procedura è più complessa per i membri della famiglia allargata. Questa sezione ripercorre tutti gli aspetti più significativi della procedura per ottenere il ricongiungimento in Canada, in Australia e nel Regno Unito.

Uno dei requisiti necessari è dimostrare il legame familiare. La procedura è semplice quando il rifugiato o i membri della sua famiglia hanno a disposizione un certificato di nascita o di matrimonio, ma spesso questo non è possibile perché i documenti nel paese di origine non sono disponibili o sono andati perduti durante la fuga. Nonostante, in queste circostanze, prove come fotografie di famiglia o tabulati telefonici dovrebbero essere considerate sufficienti, è emerso che spesso viene richiesto un test del DNA. In base alle disposizioni internazionali e nazionali, questa pratica dovrebbe essere utilizzata come extrema ratio, ma di fatto i funzionari la richiedono per avere con più facilità un risultato inequivocabile. Questo approccio, tuttavia, solleva una serie di questioni: innanzitutto i costi sono molto alti e devono essere pagati da chi deve sottoporsi al test, diventando una spesa aggiuntiva; in secondo luogo, ci sono problemi di privacy nel gestire i campioni che non devono essere smarriti o mal riposti; infine, tale procedura può avere conseguenze devastanti sulle famiglie se, come capitato più volte, un genitore e un figlio scoprono di non essere consanguinei.

Al fine di ricongiungersi con membri della famiglia allargata, il rifugiato deve dimostrare di essere in grado di mantenere i propri familiari e di ospitarli, senza pesare sul sistema di welfare nazionale. La soglia di reddito richiesta varia da Stato a Stato, ma in genere è molto alta soprattutto per un rifugiato neoarrivato e aumenta per ogni familiare sulla domanda. Fortunatamente, il Canada e il Regno Unito consentono di unire fonti di reddito diverse (per esempio il reddito del rifugiato e il reddito del suo partner) per soddisfare questo requisito. Inoltre, in considerazione della crisi economica dovuta alla pandemia, il Canada ha abbassato la soglia di reddito per il 2021.

L’Australia richiede ai nuclei familiari di soddisfare un criterio ulteriore chiamato “balance of family test”, letteralmente “test dell’equilibrio familiare”. Si tratta di un criterio che contrappone i genitori che vivono in Australia con il numero di figli che vivono in altre parti del mondo. In altre parole, per soddisfare questo requisito un genitore deve avere almeno la metà dei suoi figli in Australia o più figli idonei a fare domanda di ricongiungimento in Australia che in altri paesi. Lo scopo è quello di essere sicuri che solo i genitori con il legame familiare più forte con il territorio possano fare domanda, sollevando, tuttavia, dubbi riguardo il rispetto dell’interesse superiore del minore.

In merito alla procedura per presentare la domanda, il problema maggiore deriva dal fatto che i familiari devono recarsi presso un’ambasciata per consegnare i moduli o per sottoporsi al colloquio con i funzionari. Questo aspetto è problematico sia perché è un costo aggiuntivo per i familiari, sia perché essi sono spesso costretti a recarsi in un altro Stato o fare viaggi molto lunghi per raggiungere l’ambasciata più vicina, in condizioni di pericolo soprattutto per le donne e i bambini.

Infine, bisogna sottolineare che nessuno degli Stati in questione fornisce la possibilità di ricevere un consulto legale gratuito prima o durante il procedimento di compilazione della domanda. L’Australia e il Regno Unito avevano dei programmi statali per supportare legalmente i rifugiati, ma dal 2013 i governi hanno smesso di fornire i fondi necessari. La mancanza di questi programmi è un grande svantaggio per i rifugiati che devono fare domanda da soli o in alternativa pagare per avere supporto.

Conclusione

Per concludere, da questa ricerca è emerso che i rifugiati sono titolari del diritto all’unità e alla vita familiare, ma non esiste un vero e proprio diritto al ricongiungimento familiare. Gli Stati analizzati osservano solo parzialmente le raccomandazioni delle istituzioni internazionali, cosicché tali diritti sono garantiti in maniera disomogenea. Inoltre, gli Stati spesso utilizzano una definizione di famiglia occidentalizzata che tiene conto soprattutto dei familiari consanguinei e che vivono insieme, mentre dovrebbero comprendere una rete relazionale più vasta e che rispetti l’idea di famiglia delle altre culture. Infine, i requisiti sono sempre più stringenti e per questo la procedura non è accessibile a tutti, soprattutto per i costi elevati.
In tale contesto, i governi dovrebbero fare degli sforzi ulteriori e cooperare con le organizzazioni non governative e la società civile per meglio comprendere e rispondere ai bisogni e alle difficoltà incontrate dai rifugiati e dai loro familiari. Il ricongiungimento è una priorità per molti rifugiati, ma le politiche statali sembrano mancare un approccio incentrato più sulle storie delle persone, che sul mero soddisfacimento dei requisiti. È importante ricordare, infatti, che il ricongiungimento familiare ha il potenziale per essere un percorso legale per i familiari dei rifugiati per arrivare in un paese sicuro e, allo stesso tempo, un modo per i rifugiati stessi per integrarsi più facilmente nella società senza dover costantemente preoccuparsi della situazione della propria famiglia e potendo beneficiare del loro supporto.

Risorse

Documenti

Aggiornato il

7/7/2022