disarmo

Accesso ad armi di distruzione di massa da parte di attori non statali

Pile di armi accatastate in un punto di raccolta, nell'ambito del programma di disarmo delle fazioni ribelli in Burundi.
© UN Photo

La preoccupazione da parte degli Stati nei riguardi dello sviluppo di un traffico illecito di armi di distruzioni di massa è strettamente correlata alla questione dell’accesso da parte di gruppi e singoli ad armamenti in grado di eseguire attentati terroristici che possano provocare conseguenze catastrofiche.
Al fine di prevenire una minaccia percepita come reale e imminente, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato il 28 aprile 2004, la ris.1540 (2004).
Si tratta di una risoluzione adottata sulla base del Capitolo VII della Carta, che obbliga gli Stati a intraprendere una serie di misure destinate alla prevenzione della proliferazione delle armi di distruzione di massa da parte di attori non statali. Al pari della precedente e più celebre ris. 1373 (2001) in materia di lotta al terrorismo internazionale, la ris.1540 qualifica come “minaccia alla pace”, in conformità all’art.39 della Carta delle Nazioni Unite, non un evento specifico ma un fenomeno nella sua complessità.
La ris.1540 impegna gli Stati a provvedere all’emanazione ed all’applicazione di norme – anche a livello nazionale – per fermare la diffusione presso attori non statali di armi nucleari, chimiche e biologiche, dei loro sistemi di distribuzione e materiali relativi. Il Consiglio di sicurezza ha con ciò inteso colmare le lacune del diritto internazionale in questa materia.
Vale la pena osservare che in questo modo il Consiglio di sicurezza si assicura una funzione “legislativa” sul piano internazionale, che pone alcuni problemi sul piano della sua legittimità ai sensi della Carta. Gli Stati membri proponenti la risoluzione hanno comunque sostenuto che tale azione del Consiglio di sicurezza trova spiegazione nell’urgenza di contrastare un fenomeno che minaccia gli interessi della comunità internazionale, contro il quale il processo classico di produzione normativa internazionale si rivela inadeguato. Tuttavia, la risoluzione è stata anche percepita con scetticismo, in particolare da parte degli stati in via di sviluppo, soprattutto in quanto mancante di uno stato di legittimità su larga scala. Si riteneva, infatti, che il Consiglio di Sicurezza avesse imposto una risoluzione ai suoi membri senza il loro consenso e la loro partecipazione al processo di stesura, esautorando l’Assemblea Generale. 
L’approvazione della risoluzione è stata preceduta da un dibattito in Consiglio di sicurezza aperto non solo ai 15 ma a tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite, svoltosi il 22 aprile 2004. Un terzo dei 191 Paesi membri è intervenuto al dibattito. Negli stessi giorni, particolarmente significativa è stata anche la mobilitazione della società civile, attraverso la rete “Abolition 2000”.
Tre sono gli obblighi principali in capo agli Stati:
(a) astenersi dal fornire sostegno ad attori non statali nell’accesso ad armamenti di distruzione di massa, materiali e tecnologie;
(b) introdurre negli ordinamenti interni il divieto di tali attività da parte di attori non statali, nonché dell’assistenza e del fiancheggiamento;
(c) dotarsi di misure preventive rispetto alla proliferazione di armi e materiali di distruzione di massa e al possesso da parte di gruppi terroristici.
In materia di lotta al traffico illecito di armi e materiali di distruzione di massa, il paragrafo terzo della ris.1540 obbliga gli Stati a sviluppare misure di controllo interno su tali materiali, nonché i controlli alle frontiere e sulle esportazioni, e in aggiunta misure di protezione fisica. Al paragrafo 10, il Consiglio di sicurezza invita in particolare gli Stati a cooperare per la prevenzione del traffico illecito di armi e materiali nucleari, chimici e biologici.
È interessante evidenziare la strategia degli Stati proponenti la risoluzione, soprattutto degli gli Stati Uniti, di operare, per effetto dell’adozione di un atto sulla base del Capitolo VII della Carta, una trasformazione di alcuni tra i principi contenuti nei regimi c.d. politici, che coinvolgono un numero limitato di Stati (per esempio il Nuclear Suppliers Group) in norme giuridicamente vincolanti per tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite.
Straordinario è il fatto che la risoluzione sia stata approvata con il voto positivo di tutti i quindici membri del Consiglio, compreso il Pakistan che, come abbiamo osservato, non è Stato contraente del Trattato di non proliferazione nucleare. Il rappresentante di questo Paese ha comunque precisato che la ris.1540 (2004) - a suo avviso - non impone al proprio Stato il rispetto di obblighi derivanti da trattati di cui esso non sia parte né tantomeno obbliga ad aderirvi.
La risoluzione istituisce infine un Comitato, il cui mandato è quello di monitorare lo stato di attuazione della stessa da parte degli Stati membri delle Nazione. Il Comitato ha già prodotto cinque rapporti sullo stato di attuazione della risoluzione, rispettivamente nell’aprile 2006, nel giugno 2009, nel settembre 2011, nel dicembre 2016 e nel novembre 2022. 

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