Forum internazionale per la riforma e la democratizzazione dell’ONU
La democratizzazione dell’ONU
I partecipanti al Forum internazionale per la riforma e la democratizzazione dell’ONU,
– richiamando il principio della sovranità dei popoli delle Nazioni Unite, che sta alla base del Preambolo e dell’intera Carta delle Nazioni Unite;
– richiamando la Dichiarazione sul diritto dei popoli alla pace, adottata dall’Assemblea generale il 12 novembre 1984, in particolare laddove si afferma che “la vita senza guerra costituisce il prerequisito internazionale primario per il benessere, lo sviluppo e il progresso dei paesi e per la piena attuazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali proclamate dalle Nazioni Unite”;
– considerato che l’ONU dei popoli è l’ONU che è democratica quanto a composizione degli organi e a procedure decisionali e che promuove la democrazia internazionale insieme con la democrazia all’interno degli stati;
– convinti che l’ordine mondiale coerente con i principi e i fini dell’ONU dei popoli è quello che si basa sui principi e sulle norme del diritto internazionale e sul protagonismo politico e culturale delle persone e dei popoli, secondo quanto enunciato dall’art. 28 della Dichiarazione universale dei diritti umani: “Ogni individuo ha diritto a un ordine sociale e internazionale nel quale tutti i diritti e le libertà enunciati nella presente Dichiarazione possono essere pienamente realizzati”;
– considerato che democrazia, stato di diritto e stato sociale sono principi che pertengono al diritto internazionale dei diritti umani, in particolare dal Patto internazionale sui diritti civili e politici (art. 25) e dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (art. 11);
– considerato che lo stesso diritto di autodeterminazione dei popoli deve essere esercitato liberamente, cioè democraticamente (identico art. 1 dei due Patti citati), nel rispetto dei diritti delle minoranze e di tutti gli altri diritti umani;
– considerato che la stessa prescrizione vale anche per le istituzioni e i processi decisionali internazionali, in particolare per il sistema delle Nazioni Unite che ha generato il diritto internazionale dei diritti umani e ha il diritto-dovere di implementarlo;
– richiamando quanto affermato dalla “Commissione sulla governabilità globale” nel Rapporto “Our global neighbourhood”, in particolare le seguenti considerazioni: “la sovranità è stata la pietra miliare del sistema delle relazioni fra stati. Tuttavia, in un mondo sempre più interdipendente, le nozioni di territorialità, indipendenza e non-intervento hanno perso parte del loro significato...e devono essere adattate in modo da riconoscere la necessità di bilanciare i diritti degli stati coi diritti delle persone e gli interessi delle nazioni con gli interessi del vicinato globale. È anche tempo di pensare all’autodeterminazione nel contesto di un cortile globale piuttosto che in quello di un mondo di stati separati”; “Non riteniamo che le Nazioni Unite debbano essere smantellate per dar posto a una nuova architettura della governabilità globale”;
– convinti che l’approccio alla democrazia fondata sul principio di interdipendenza e indivisibilità di tutti i diritti umani è un approccio di democrazia integrale, concepita in tutte le sue dimensioni: politica, economica, sociale, ambientale, culturale, locale, nazionale e internazionale;
– convinti che la democratizzazione del mondo, dal villaggio all’ONU, è strettamente legata alla effettività del diritto internazionale dei diritti umani;
– consapevoli del fatto che lo stato, nella sua vecchia forma nazionale-sovrana-armata-confmaria, dimostra di non essere più in grado di rispondere alla ragione per la quale è stato creato, che è quella di esercitare funzioni d’autorità al fine primario di concorrere a soddisfare bisogni vitali delle persone e dei popoli: dalla vita alla pace, dalla libertà al lavoro, dalla sicurezza allo sviluppo umano sostenibile;
– prendendo atto che l’evoluzione storica degli ultimi 50 anni attesta che il potere di fare la legge e di coercere non è più monopolio dello stato;
– prendendo atto che al di sopra dello stato esistono ed operano istituzioni che fanno leggi, addirittura norme di rango costituzionale come quelle che riconoscono i diritti fondamentali della persona, e adottano decisioni vincolanti anche per l’impiego della coercizione militare;
– avendo in mente l’art. 1.1 della Dichiarazione sul diritto allo sviluppo che proclama: “Il diritto allo sviluppo è un diritto umano inalienabile in virtù del quale ogni persona umana e tutti i popoli sono legittimati a partecipare e a contribuire e a beneficiare dello sviluppo economico, sociale, culturale e politico, in cui tutti i diritti umani e tutte le libertà fondamentali possano essere pienamente realizzati” e l’art. 2.1: “La persona umana è il soggetto centrale dello sviluppo e deve essere partecipante attivo e beneficiario del diritto allo sviluppo”;
– avendo in mente che democrazia internazionale significa: a) legittimazione diretta delle istituzioni internazionali; b) partecipazione politica popolare al loro funzionamento e che quindi il criterio procedurale “one country, one vote”, per quanto equo, traduce il princìpio di sovrana eguaglianza degli stati, non anche quello di democrazia internazionale in senso genuino;
– considerato che esiste oggi una triplice ragione perché si promuova la realizzazione della democrazia internazionale correttamente intesa:
a)ragione politica: in sede internazionale si decide di vita e di morte; bisogna gestire l’interdipendenza mondiale per fini di giustizia sociale ed economica oltre che di ordine pubblico internazionale;
b)ragione giuridica: il diritto internazionale riconosce i diritti fondamentali delle persone e dei popoli e legittima l’esercizio della sovranità popolare dal villaggio all’ONU;
c)ragione storica: esiste un duplice ordine di elementi che rendono concretamente possibile praticare la democrazia anche al livello internazionale:
i)soggetti collettivi che già esercitano ruoli politici internazionali per la promozione di interessi panumani, tali sono in particolare le organizzazioni internazionali nongovernative e gli enti di governo locale;
ii)“occasioni” istituzionali: per esempio, il regime di status consultivo presso le organizzazioni intergovernative e la prassi delle Conferenze mondiali delle Nazioni Unite.
I partecipanti al Forum internazionale,
– visto l’articolo 71 della Carta delle Nazioni Unite, che prevede che il Consiglio economico e sociale, Ecosoc, possa prendere opportuni accordi di consultazione e cooperazione con le organizzazioni nongovernative;
– considerata la positiva esperienza del regime di status consultivo presso l’Ecosoc e altri organismi internazionali e il crescente richiamo alla cooperazione rivolto alle ONG dagli organismi intergovernativi e da molti stati: v. da ultimo il Rapporto “An Agenda for Peace” del Segretario Generale delle Nazioni Unite, che fa appello alle ONG in un campo, quello della sicurezza internazionale, che prima era loro assolutamente precluso dalle sedi istituzionali;
– considerato che alle ONG è stato di recente riconosciuto anche un ruolo processuale penale internazionale ai sensi dell’art. 18 dello Statuto del Tribunale internazionale sui crimini di guerra e contro l’umanità nella ex Jugoslavia;
– avendo presente la volontà di molte ONG di potenziare il loro status politico mediante ruoli di co-decisionalità nel sistema della politica internazionale;
– richiamando le conclusioni del “Rapporto mondiale sullo sviluppo umano 1992” dello UNDP che riconoscono e enfatizzano l’accresciuto ruolo delle ONG per la promozione dei diritti umani, della pace e dello sviluppo e auspicano il rafforzamento del sistema delle Nazioni Unite su base democratica;
– richiamando la Convenzione europea del 1986 per il riconoscimento della personalità giuridica delle organizzazioni internazionali nongovernative basato, in primo luogo, sul criterio della loro “utilità internazionale”;
– richiamando, tra le altre, la Risoluzione del Parlamento europeo sulla democratizzazione delle Nazioni Unite;
– richiamando governi e partiti alle fondamentali ragioni di pace che sono all’origine del processo di integrazione europea e al loro dovere di riscoprirle e rilanciarle al fine di colmare il perdurante deficit democratico del sistema dell’Unione Europea;
– sottolineando la necessità che l’Unione Europea sìa fattore non di discriminazione e divisione ma di dialogo e solidarietà attiva nel continente europeo nel rispetto dei principi delle Nazioni Unite e in armonioso raccordo con questi;
– esprimendo compiacimento per le parole pronunciate dal Segretario generale delle Nazioni Unite alla 47a Conferenza delle organizzazioni nongovernative svoltasi a New York il 20 settembre del 1994, in particolare quando afferma che: “(...) Noi siamo ben coscienti oggi che la Comunità internazionale si deve ormai considerare non più una società interstatale, ma una società fon damentalmente transnazionale. (...) Le organizzazioni nongovernative sono un elemento fondamentale della rappresentanza del mondo contemporaneo. E la loro partecipazione alle organizzazioni internazionali è, in un certo modo, una garanzia della legittimità politica di queste ultime. (...)”;
– visto l’articolo 22 della Carta delle Nazioni Unite che prevede che l’Assemblea generale possa istituire gli organi sussidiari che ritenga necessari per l’adempimento delle proprie funzioni.
I partecipanti al Forum internazionale invitano l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ad adottare una Dichiarazione sulla democrazia internazionale, che comprenda, tra gli altri, i seguenti punti:
1. l’istituzione, accanto all’attuale Assemblea generale (Camera degli stati), di una seconda Assemblea o Camera dei popoli, eletta a suffragio universale diretto come il Parlamento europeo e, in preparazione di questa, di una Assemblea parlamentare delle Nazioni Unite elettiva di 2° grado;
2. l’adozione di una Convenzione internazionale, in analogia con quella europea, sul riconoscimento della personalità giuridica delle organizzazioni internazionali nongovernative;
3. il riconoscimento dell’attuale conferenza che riunisce le ONG con status consultivo all’Ecosoc come organo istituzionale delle Nazioni Unite, con funzioni di consultazione e di partecipazione politica popolare;
4. la possibilità per i rappresentanti delle ONG che beneficiano dello status consultivo di prendere la parola alle riunioni di tutti gli organi delle Nazioni Unite, compresi l’Assemblea generale e il Consiglio di sicurezza;
5. l’obbligo di rendere tripartita la composizione delle delegazioni degli stati in tutti gli organi delle Nazioni Unite: le delegazioni nazionali dovranno essere composte da rappresentanti dell’esecutivo, del parlamento, delle ONG;
6. l’istituzione di un “Consiglio delle Nazioni Unite per lo sviluppo umano e la sicurezza economica”, già prevista dal Rapporto mondiale sullo sviluppo umano 1994, aperto alla partecipazione delle ONG oltre che degli stati;
7. la realizzazione del principio di eguaglianza degli stati, e quindi dei popoli, in seno al Consiglio di sicurezza, rendendo più rappresentativo il Consiglio, abolendo il potere di veto e, subito, sospendendone l’esercizio almeno per quanto riguarda la materia relativa alla difesa dei diritti umani e all’assistenza umanitaria;
8. la previsione di procedure per il controllo di legittimità degli atti del Consiglio di sicurezza;
9. la riforma del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale in base al principio di eguaglianza degli stati e affinché perseguano obiettivi ed esercitino funzioni compatibili coi principi dello sviluppo umano sostenibile;
10. il coinvolgimento delle ONG nella procedura di formazione della rosa di candidati alla carica di Segretario generale;
11. la realizzazione del principio della eguale partecipazione delle donne e degli uomini in tutti gli organi delle Nazioni Unite;
12. il potenziamento del sistema internazionale di garanzia dei diritti umani.
Per il raggiungimento di questi fini, il Forum internazionale propone di creare:
1. un coordinamento di società civile globale per la costruzione di un nuovo ordine mondiale equo, solidale e democratico, il quale faccia del diritto internazionale dei diritti umani la propria legge fondamentale e agisca quindi sulla scena internazionale con una forte legittimazione giuridica oltre che etica;
2. un Comitato o Consiglio degli Enti locali delle Nazioni Unite, in analogia col Comitato delle Regioni dell’Unione Europea;
3. un Comitato interparlamentare – composto da rappresentanti dei parlamenti degli stati membri dell’ONU – a sostegno della democratizzazione del sistema delle Nazioni Unite.
I partecipanti al Forum internazionale chiedono al Governo e al Parlamento della Repubblica italiana,
1. di convocare una sessione speciale del Parlamento in seduta comune per mettere a punto, nel 50° anniversario dell’ONU, le proposte dell’Italia per la riforma e la democratizzazione dell’ONU, tenendo conto anche delle proposte contenute nella presente Raccomandazione e nelle altre approvate dal Forum internazionale di società civile riunitosi a Perugia il 20 e 21 settembre 1995;
2. di rendere subito tripartita la composizione della delegazione dello Stato italiano in tutti gli organi delle Nazioni Unite: la delegazione deve essere composta da rappresentanti dell’esecutivo, del parlamento, delle ONG;
3. di impegnare la propria delegazione permanente all’ONU non soltanto nella progettazione di riforme per il Consiglio di sicurezza, ma anche per la creazione di una Assemblea parlamentare delle Nazioni Unite e di un Consiglio per lo sviluppo umano e la sicurezza economica;
4. di riconoscere il ruolo internazionale dei poteri locali e regionali, dell’associazionismo e delle organizzazioni sindacali nel campo della promozione della pace, dei diritti umani e dello sviluppo umano sostenibile;
5. di sottoscrivere e ratificare la Convenzione europea per il riconoscimento della personalità giuridica delle organizzazioni internazionali nongovernative;
6. di rispettare e potenziare le prerogative di indirizzo e di controllo della politica estera che spettano al Parlamento.
Potenziamento delle strutture di protezione dei diritti umani dell’ONU
I partecipanti al Forum internazionale per la riforma e la democratizzazione dell’ONU,
– confermando la propria adesione ai fini e ai principi enunciati negli articoli 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite: soluzione pacìfica delle controversie internazionali, divieto dell’uso della forza, eguaglianza dei diritti e autodeterminazione dei popoli, cooperazione internazionale, rispetto dei diritti umani;
– aderendo ai principi e agli obiettivi enunciati nella Dichiarazione e nel Programma d’azione adottati dalla Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sui diritti umani svoltasi a Vienna dal 14 al 25 giugno 1993;
– richiamando in particolare quanto enunciato al par. 18 della Dichiarazione di Vienna: “I diritti umani delle donne e delle bambine sono parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani universali”;
– richiamando il principio di interdipendenza, indivisibilità e universalità di tutti i diritti umani: civili, politici, economici, sociali, culturali, allo sviluppo umano, alla pace e all’ambiente;
– riaffermando che la democrazia, lo sviluppo e il rispetto dei diritti umani sono interdipendenti;
– riaffermando la centralità della persona umana nei processi di sviluppo
– riaffermando che il principio di ingerenza umanitaria, o d’autorità sopranazionale, prevale sul principio di sovranità degli stati in ossequio ai diritti umani fondamentali della persona e dei popoli.
I partecipanti al Forum internazionale,
– sottolineano che le persone umane e i popoli, soggetti individuali e soggetti collettivi, sono sovrani – rispettivamente prò quota e in toto – in quanto titolari di diritti umani fondamentali;
– ricordano che il riconoscimento giuridico internazionale dei diritti umani comporta che: a) le persone e i popoli devono considerarsi soggetti dell’ordinamento giuridico internazionale;
b) la violazione estesa e reiterata dei diritti umani si configura come crimine contro l’umanità ai sensi del vigente diritto internazionale e attenta ai valori supremi dell’ordinamento internazionale;
– affermano che il diritto internazionale dei diritti umani costituisce la prima parte della Costituzione mondiale e pertanto contiene norme di jus cogens valide nei confronti di qualsiasi soggetto ed entità politica, a qualunque livello della scala di governatività questi operino;
– ricordano che le organizzazioni nongovernative, insieme all’ONU, sono all’origine del processo di internazionalizzazione dei diritti umani.
– ribadiscono l’importanza del ruolo delle ONG nel raccogliere capillarmente e dar voce alle denunce di singole persone, gruppi etnici, minoranze, popolazioni autoctone vittime di violazioni di diritti umani in qualsiasi parte del mondo e nel promuovere l’educazione ai diritti umani, alla pace e alla democrazia nelle strutture scolastiche ed extrascolastiche;
– esprimono compiacimento per le parole pronunciate dal Segretario generale delle Nazioni Unite alla 47a Conferenza delle organizzazioni nongovernative svoltasi a New York il 20 settembre del 1994, in particolare quando afferma che: “Io sono perfettamente convinto che le ONG hanno un posto importante da tenere nella realizzazione di questo ideale che ci assegna la Carta delle Nazioni Unite: il mantenimento e lo stabilimento della pace. (...) Nella ricerca della pace, le organizzazioni nongovernative devono darsi i mezzi – e dobbiamo noi stessi aiutarle ad ottenerli – per mettere in opera, contemporaneamente, una azione di assistenza, una azione dì mobilitazione e una azione di democratizzazione. (...) Nella prospettiva della diplomazia preventiva, le ONG possono, per la loro conoscenza del terreno, favorire meccanismi di allerta rapida, attirando l’attenzione dei poteri pubblici sulle crisi nascenti o i conflitti affioranti. Nella prospettiva del ristabilimento della pace, tutti conoscono l’opera umanitaria e sociale compiuta dalle ONG in condizioni molto sovente pericolose e diffìcili. Infine, nella prospettiva del consolidamento della pace dopo i conflitti, le organizzazioni nongovernative possono considerevolmente aiutare i governi fragili e le popolazioni a ritrovare la fiducia e i mezzi per rendere questa pace duratura. Ma è essenziale che l’azione promossa dalle organizzazioni nongovernative e quella condotta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite vadano avanti insieme”;
– esprimono profonda preoccupazione per le continue, e in molti casi estese e reiterate, violazioni dei diritti umani perpetrate dalle istituzioni statali;
– riaffermano il diritto-dovere dell’ONU di intervenire, con gli strumenti e le modalità compatibili coi fini e i principi delle Nazioni Unite, nei territori degli stati che violano i valori supremi dell’ordinamento internazionale, quali i diritti umani, la pace, la sicurezza, la democrazia, la salute e l’ambiente;
– affermano che gli stati devono considerarsi direttamente responsabili della eventuale impunità di autori di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità nonché della eventuale mancata esecuzione di sentenze emesse dai Tribunali penali internazionali e dalla Corte internazionale di giustizia.
I partecipanti al Forum internazionale chiedono all’Assemblea generale delle Nazioni Unite di adottare una solenne Dichiarazione “sul potenziamento degli strumenti legali e degli organismi preposti alla protezione e alla promozione internazionale dei diritti umani”, con cui si impegnino gli stati è gli organi delle Nazioni Unite a:
1. integrare tutti i trattati internazionali sui diritti umani con una previsione che permetta la “comunicazione individuale” secondo la procedura prevista dal Protocollo facoltativo al Patto internazionale sui diritti civili e politici;
2. consentire la procedura della comunicazione collettiva per la protezione dei diritti dei popoli, in analogia con quella della comunicazione individuale;
3. dichiarare inammissibile, una volta per tutte, l’eccezione della giurisdizione domestica per quanto riguarda questioni attinenti alla tutela dei diritti umani;
4. costituire subito il Tribunale penale internazionale permanente con il compito di giudicare sui crimini di guerra e contro l’umanità, compresi gli abusi sessuali;
5.rendere obbligatoria l’abolizione della pena di morte in ogni paese;
6.riconoscere il ruolo fondamentale delle ONG in ordine alla promozione di tutti i diritti umani, alla realizzazione delle operazioni umanitarie, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, anche attraverso la messa a disposizione di risorse tecniche, umane e finanziarie da parte dell’ONU;
7. potenziare le funzioni degli organi creati in virtù di convenzioni internazionali prevedendo, tra l’altro, che anche le ONG possano presentare agli appositi Comitati delle Nazioni Unite rapporti (o contro-rapporti) sullo stato dei diritti umani all’interno dei singoli paesi;
8. ampliare i poteri di inchiesta dei Relatori speciali delle Nazioni Unite sui diritti umani;
9. ampliare i poteri dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani;
10. prevedere l’impiego di “United Nations Human Rights Monitors” in tutte le situazioni dove sì verificano violazioni estese dei diritti umani e in tutte le operazioni di pace delle Nazioni Unite, con la funzione anche di “difensori civici” nei rapporti tra popolazioni locali e personale delle Nazioni Unite;
11. migliorare le procedure e i meccanismi d’urgenza attraverso la creazione di un “meccanismo di allerta precoce” che permetta all’ONU di agire tempestivamente ed efficacemente prima che una situazione degeneri in crisi;
12. favorire il coordinamento degli organi delle Nazioni Unite per i diritti umani;
13. adottare un Protocollo aggiuntivo ai due Patti internazionali del 1966 che riconosca i diritti alla pace, allo sviluppo e all’ambiente come diritti umani fondamentali;
14. adottare subito il Progetto di Dichiarazione universale dei diritti delle popolazioni indigene elaborato dall’apposito Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite;
15. adottare subito la Dichiarazione sul diritto e la responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi della società di promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali universalmente riconosciuti elaborato dall’apposito Gruppo di lavoro della Commissione diritti umani;
16. incrementare i fondi ONU per garantire un più efficace funzionamento del sistema delle Nazioni Unite di promozione e protezione dei diritti umani;
17. incoraggiare il lavoro dell’Unesco inteso a elucidare, al fine di meglio garantire, i diritti dei popoli;
18. rilanciare il dibattito su un nuovo ordine mondiale dell’informazione e della comunicazione al fine di garantire a tutti i popoli, grandi e piccoli, un eguale accesso ai mezzi di comunicazione di massa.
I partecipanti al Forum internazionale chiedono ai governi e ai parlamenti degli stati membri dell’ONU dì:
1. ratificare gli accordi giuridici internazionali sui diritti umani senza porre riserve a tali accordi, in particolare la Convenzione internazionale sui diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie e il II Protocollo aggiuntivo al Patto internazionale sui diritti civili e politici per l’abolizione della pena di morte;
2. accettare una tantum la competenza obbligatoria della Corte internazionale di giustizia;
3. armonizzare i rispettivi ordinamenti interni con le norme e i principi del diritto internazionale dei diritti umani;
4. creare e, laddove già esistono, rafforzare le istituzioni nazionali per la promozione e la tutela dei diritti umani;
5. promuovere lo sviluppo di programmi di educazione ai diritti umani, alla pace, alla democrazia, allo sviluppo umano, alla giustizia sociale, all’ambiente.
I partecipanti al Forum internazionale chiedono al Governo e al Parlamento della Repubblica italiana di:
1. creare una istituzione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani secondo quanto raccomandato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite;
2. creare una Commissione parlamentare per i diritti umani con i compiti, tra gli altri, di esaminare e rendere pubblici i rapporti sul rispetto dei diritti umani nel nostro paese che il governo prepara in adempimento agli obblighi previsti dalle Convenzioni internazionali e dare precisi orientamenti al governo in materia di politica internazionale dei diritti umani;
3. prevedere un impegno finanziario ad hoc per potenziare il sistema diritti umani delle Nazioni Unite;
4. dare attuazione alla Risoluzione dell’Assemblea generale 49/84 del 14 dicembre 1994 con la quale viene proclamato il Decennio delle Nazioni Unite per l’educazione ai diritti umani;
5. garantire i diritti umani internazionalmente riconosciuti a tutte le persone che, per qualsiasi ragione, si trovano nel nostro territorio;
6. trattare pertanto gli immigrati, i rifugiati e Ì profughi quali persone umane titolari di diritti umani internazionalmente riconosciuti;
7. adeguare quindi le legislazioni nazionali in materia ai principi e alle norme del diritto internazionale dei diritti umani;
8. sostituire il sistema di Shengen, ispirato a principi di esclusione e discriminazione, con un sistema di pubblica sicurezza coerente con i principi e le norme del diritto internazionale dei diritti umani.
I partecipanti al Forum internazionale chiedono agli Enti locali e regionali di:
1. tradurre in programmi, politiche e strutture organizzate la norma “pace diritti umani” contenuta negli statuti comunali e provinciali;
2.introdurre questa norma negli statuti che ne fossero tuttora privi;
3.adottare leggi regionali per la promozione della cultura della pace e dei diritti umani;
4. intensificare la loro azione di solidarietà transnazionale, specialmente nel campo della cooperazione allo sviluppo e in quello dell’assistenza umanitaria;
5. impegnarsi più attivamente e con continuità negli organismi associativi internazionali dei poteri locali.
Il sistema di sicurezza dell’ONU
I partecipanti al Forum internazionale per la riforma e la democratizzazione dcll’ONU,
– considerato che a cinquant’anni dalla creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite questa non è ancora stata messa in grado di far funzionare un efficace sistema di sicurezza collettiva,
– considerato che, con la fine deirassetto bipolare, non esistono più alibi perché un efficace sistema di sicurezza delle Nazioni Unite operi per i fini e nello spirito della Carta delle Nazioni Unite;
– considerato che gli stati non paiono disposti a prevenire e far cessare i conflitti armati che dilagano in varie regioni del mondo;
– preoccupati per il diffondersi della nefasta dottrina della geopolitica, che fa perno sull’interesse nazionale, sulla sicurezza nazionale armata, sulla legittimazione della guerra anche per obiettivi di annessioni territoriali;
– preoccupati per la costante produzione di armi e l’estendersi incontrollato del loro commercio;
– deplorando con forza la ripresa di esperimenti nucleari e la proliferazione della produzione di ami nucleari;
– manifestando profonda delusione per gli scarsi risultati ottenuti attraverso i negoziati per il disarmo condotti nelle varie sedi;
– richiamando il punto 2 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sul diritto dei popoli alla pace ove si afferma che “la difesa del diritto dei popoli alla pace richiede che le politiche degli stati siano dirette verso l’eliminazione della minaccia di guerra, in particolare della guerra nucleare, la rinuncia dell’uso della forza nelle relazioni internazionali e la soluzione delle controversie internazionali con mezzi pacifici sulla base della Carta delle Nazioni Unite”;
– preoccupati del fatto che i governi, invece di favorire l’allestimento di un efficace sistema di sicurezza collettiva delle Nazioni Unite, danno priorità alla difesa armata nazionale con “nuovi modelli di difesa” che assumono che la sicurezza nazionale sia la capacità dello stato di perseguire i propri interessi nazionali ovunque nel mondo e con ogni mezzo;
– convinti che il programma contenuto nell’Agenda per la pace e successivi aggiornamenti è allo stesso tempo realistico e lungimirante oltre che scrupolosamente rispettoso dei fini, dei principi e dello spirito della Carta delle Nazioni Unite;
– convinti che alla base della pace sta la giustizia, cioè la realizzazione dei diritti umani – economici, sociali, culturali, civili, politici – e dello sviluppo sostenibile e che pertanto è necessario rivedere i rapporti di scambio tra il Nord e il Sud del mondo alla luce dei principi di giustizia sociale e di solidarietà;
– denunciando che la globalizzazione dell’economia, verticisticamente pilotata da pochi centri di decisione finanziaria che si sottraggono ad ogni forma di orientamento e controllo democratici, lungi dal favorire la coopera zione, la pace e la sicurezza, favorisce la conflittualità sociale e politica sia tra paesi ricchi e paesi poveri sia all’interno degli stessi paesi ricchi e alimenta la produzione e il commercio di armi;
– ribadendo che la via maestra alla pace è quella intesa a prevenire i conflitti;
I partecipanti al Forum internazionale chiedono ai Governi e ai Parlamenti degli stati membri dell’ONU di:
1. rispettare i principi costituzionali della legalità internazionale quali sanciti nella Carta delle Nazioni Unite e nelle convenzioni giuridiche internazionali sui diritti umani, in particolare il principio del rispetto dei diritti fondamentali della persona e dei popoli, il principio del divieto dell’uso della forza per la soluzione delle controversie internazionali, il principio dell’obbligo di risoluzione pacifica delle medesime;
2. dare priorità alle istanze della sicurezza collettiva sopranazionale nel quadro delle Nazioni Unite rispetto a quelle della difesa dell’egoistico interesse nazionale;
3. impegnarsi, con iniziative concrete e coerenti coi principi della legalità internazionale prima evocati, a far cessare le guerre in atto e a porre l’ONU nella condizione di esercitare le proprie funzioni e poteri in ordine alla prevenzione e alla cessazione dei conflitti, al mantenimento della pace e alla costruzione della pace dopo i conflitti;
4. fare espressa dichiarazione di rinuncia, individualmente e collettivamente, alla guerra in qualsiasi forma e circostanza;
5. con riferimento agli stati forniti di armamenti nucleari, sospendere gli esperimenti, anche quelli sotterranei e in mare, e distruggere i loro arsenali nucleari, dì armi dì distruzione di massa e di mine;
6. partendo dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sul diritto alla pace del 1984, riconoscere giuridicamente il diritto alla pace come diritto umano fondamentale delle persone e dei popoli;
7. dare attuazione ai principi e agli obblighi disposti dalla Carta delle Nazioni Unite in ordine al disarmo reale e alla messa in opera di un valido sistema di sicurezza collettiva;
8. mettere al bando le armi nucleari e le armi di sterminio di massa ed estendere indefinitamente l’applicazione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare;
9. istituire un’Alta Autorità delle Nazioni Unite per il disarmo e il controllo della produzione di armi ad uso di polizia interna e internazionale;
10. rendere obbligatorio il Registro ONU del commercio delle armi ed estenderlo a tutti i sistemi d’arma;
11. deferire con urgenza all’ONU, ai sensi dell’articolo 43 e ss. e per i fini e secondo i principi enunciati nel Preambolo e negli articoli 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite, parte delle loro forze armate, perché siano costituite, con debito addestramento, quale corpo di pace permanente delle Nazioni Unite.
I partecipanti al Forum internazionale
– ribadiscono che le operazioni delle Nazioni Unite implicanti l’impiego di personale militare sono sempre operazioni di pace, non possono mai essere di guerra, poiché il loro fine non è distruggere il nemico, territori e popolazioni, bensì prevenire, limitare, far cessare i conflitti armati e costruire e mantenere condizioni di pace e di sicurezza;
– fanno presente che le operazioni di pace delle Nazioni Unite:
a) devono essere decise dall’ONU e svolgersi sotto il suo diretto coman do operativo e controllo politico – autorità “sopranazionale” –, nel rigoroso rispetto della legalità internazionale;
b) il loro comando non può pertanto essere delegato ad uno stato o ad un gruppo ‘multinazionale’ di stati;
– fanno altresì presente che operazioni di pace possono essere condotte anche dalle organizzazioni regionali previste dal Cap.VIII della Carta delle Nazioni Unite, a condizione che siano espressamente autorizzate dall’ONU e vengano realizzate per i fini e secondo i principi stabiliti dalla Carta delle Nazioni Unite, sotto l’effettivo controllo di queste ultime.
I partecipanti al Forum internazionale urgono gli stati affinché:
1. vengano condotti studi, in ambito istituzionale e non, al fine di elucidare i concetti relativi alle operazioni di polizia internazionale;
2. riducano le loro basi militari e le riconvertano, con appositi accordi, in infrastrutture per le operazioni di pace delle Nazioni Unite (stand by);
3.procedano alla rapida messa al bando delle armi di distruzione di massa
4.riconvertano le “scuole di guerra” in “scuole di operazioni di pace delle Nazioni Unite”;
5. contribuiscano in modo adeguato e tempestivo alle spese di finanziamento delle operazioni di pace delle Nazioni Unite, gravando sui bilanci della difesa e non su quelli degli affari esteri;
6. contribuiscano alle spese di funzionamento dei Tribunali penali internazionali per la ex Jugoslavia e per il Rwanda e procedano velocemente alla costituzione della Corte penale internazionale permanente;
7. consentano la costituzione di contingenti di Caschi blu giudiziari delle Nazioni Unite, al servizio dei Tribunali penali internazionali e della Corte internazionale di giustizia;
8. riconoscano l’obiezione di coscienza al servizio militare quale diritto umano fondamentale (art. 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici), come ripetutamente raccomandato dalla Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite.
I partecipanti al Forum internazionale,
– invitano le Università e i centri di ricerca a far proprio il principio del ripudio della guerra e a non intraprendere programmi di ricerca per la produzione e la sofisticazione dei sistemi d’armi;
– incoraggiano la pratica dell’obiezione di coscienza al servizio militare e alle spese militari non destinate alle operazioni di pace delle Nazioni Unite;
– plaudono alle Regioni, ai Comuni e alle Province italiane che, nei loro Statuti o con apposite leggi, riconoscono il diritto umano fondamentale alla pace e si impegnano a promuovere e sostenere la cultura della pace e della solidarietà internazionale;
– esprimono compiacimento per il fatto che le organizzazioni nongovernative siano state riconosciute idonee a stimolare l’attivazione del procedimento penale in sede sia internazionale sia nazionale, ai sensi dell’articolo 18 dello Statuto del Tribunale per la ex Jugoslavia e dell’articolo 14 della legge n. 120 del 14 febbraio 1994 contenente “Disposizioni in materia di cooperazione con il Tribunale internazionale competente per gravi violazioni del diritto umanitario commesse nei territori della ex Jugoslavia”.
I partecipanti al Forum internazionale,
– deplorando che nelle città e nelle immediate vicinanze di città e villaggi siano tuttora collocate strutture militari, di cui in Italia spesso non si conoscono la collocazione e la quantità e che costituiscono altrettanti ‘obiettivi militari’ ai sensi del vecchio diritto di guerra, ponendo così a repentaglio la sicurezza delle popolazioni civili, del patrimonio culturale e artistico e dell’ambiente naturale,
– chiedono la smilitarizzazione delle città, dei luoghi urbani e dei luoghi di particolare importanza ambientale e paesaggistica;
– impegnano gli stati a considerare, attraverso apposita convenzione internazionale, l’urbicidio tra i crimini contro l’umanità al pari del genocidio.
I partecipanti al Forum internazionale chiedono al Governo e al Parlamento della Repubblica italiana di:
– sostenere la proposta di Boutros-Ghali per la creazione di un efficace sistema di sicurezza collettiva internazionale contenuta nell’”Agenda per la pace” e nel “Supplemento a un’Agenda per la pace”: in vista della realizzazione degli accordi previsti dall’art. 43, per la costituzione di una forza di polizia internazionale sotto il comando diretto dell’ONU, il Segretario generale propone che gli stati, con accordi stand-by, tengano a disposizione dell’ONU contigenti militari, adeguatamente addestrati ai compiti di pace delle Nazioni Unite, da utilizzare in tempi rapidi su decisione del Consiglio di sicurezza e sotto il comando politico del Segretario generale. Questa formula consentirebbe di mantenere nello spirito del “peace-keeping” qualsiasi operazione militare delle Nazioni Unite;
– riorganizzare le forze armate (per la difesa del territorio e il sostegno alle forze di pace dell’Onu), promuovendo una riduzione delle spese militari e la riconversione delle strutture;
– approvare senza modifiche la legge sull’obiezione di coscienza e favorire l’organizzazione dei “Caschi bianchi” (volontari per la pace);
–sostenere la messa al bando delle armi nucleari;
–promuovere l’impegno internazionale contro il commercio di armi (convenzionali, nucleari, batteriologiche).
Lo sviluppo umano sostenibile
I partecipanti al Forum internazionale per la riforma e la democratizzazione dell’ONU,
– richiamando il principio di giustizia sociale ed economica, enunciato all’art. 11 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966, laddove si afferma: “Gli Stati parti del presente Patto riconosciuto il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia, che includa un’alimentazione, un vestiario, ed un alloggio adeguati, nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita. (...) Gli Stati parti del presente Patto, riconoscendo il diritto fondamentale di ogni individuo alla libertà dalla fame, adotteranno, individualmente e attraverso la cooperazione internazionale, tutte le misure, e fra queste anche i programmi concreti, che siano necessarie. (...);
– richiamando i principi enunciati nella Dichiarazione concernente l’allestimento di un Nuovo ordine economico internazionale, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riunita in sessione speciale, il 1° maggio 1974;
– richiamando l’art. 1 della Dichiarazione sul diritto allo sviluppo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 4 dicembre 1986: “11 diritto allo sviluppo é un diritto umano inalienabile in virtù del quale ogni persona umana e tutti i popoli sono legittimati a partecipare, a contribuire e a beneficiare dello sviluppo economico, sociale, culturale e polìtico, in cui tutti i diritti umani e le libertà fondamentali possano essere pienamente realizzati”; e l’art. 2: “La persona umana è il soggetto centrale dello sviluppo e deve essere partecipante e beneficiario del diritto allo sviluppo”;
– richiamando il principio dell’interdipendenza e indivisibilità di tutti i diritti umani, enunciato nella Risoluzione 32/130 del 16 dicembre 1977 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite: “(...) a) tutti i diritti umani e le libertà fondamentali sono indivisibili e interdipendenti; eguale attenzione e urgente considerazione devono essere date alla implementazione, promozione e prtezione sia dei diritti civili e politici sia dei diritti economici, sociali e culturali; b) la piena realizzazione dei diritti civili e politici senza il godimento dei diritti economici e sociali è impossibile. Il conseguimento di un duraturo progresso nell’implementazione dei diritti umani dipende da sane ed efficaci politiche, nazionali e internazionali, di sviluppo economico e sociale (...)”;
– richiamando il “dovere di solidarietà”, enunciato all’art. 3, co. 3, della Dichiarazione sul diritto allo sviluppo: “Gli stati hanno il dovere di cooperare tra loro per assicurare lo sviluppo e eliminare gli ostacoli allo sviluppo (...)”;
– richiamando il principio che la cooperazione allo sviluppo è uno strumento fondamentale per il perseguimento di obiettivi di equità e di giustizia nei rapporti fra i popoli;
– considerato che in un mondo caratterizzato da un processo di progressiva globalizzazione dei principali problemi della comunità internazionale e dell’uomo, la cooperazione allo sviluppo costituisce la premessa più efficiente per la realizzazione di un nuovo ordine internazionale;
– convinti che la cooperazione allo sviluppo, nella sua dimensione storica e morale, è espressione di una solidarietà umana che risponde alle massime aspirazioni dell’uomo, alla sensibilità delle opinioni pubbliche ed ai principi e fini dell’ONU e dell’intero sistema delle Nazioni Unite;
– considerato che la cooperazione allo sviluppo è stata finora concepita dagli Stati come uno strumento subordinato alla propria politica estera, alla promozione del commercio estero o del prestigio internazionale;
– tenuto conto che l’impostazione economicistica dell’occidente e degli stessi decenni per lo sviluppo promulgati dalle Nazioni Unite ha finora concepito la cooperazione come sostegno alle “cose” anziché privilegiare la valorizzazione delle risorse umane e quindi lo sviluppo degli esseri umani o delle loro comunità di base o dei loro fondamentali diritti umani;
– considerato che la cooperazione allo sviluppo si è trasformata in una cooperazione economica fra governi e come tale fondata su interessi economici puri e semplici da erogarsi su basi contrattuali, o addirittura su interessi esclusivamente politici che si concretizzano spesso anche in forniture di armamenti ed aiuti militari;
– rilevato che la persistente confusione fra cooperazione allo sviluppo e relazioni economiche è stata una delle cause del fallimento delle politiche degli aiuti nel corso degli ultimi trenta anni;
– rilevato che le cooperazioni bilaterali hanno mostrato nel trentennio notevoli diversificazioni quanto a politiche di sviluppo ed orientamenti operativi, che sono andate dalla solidarietà più radicale e disinteressata a forme di tendenziale sfruttamento neocolonialista e di politica di prestigio;
– rilevato che, nonostante gli impegni assunti in occasione dei vari “summit internazionali”, finora la maggior parte dei Paesi donatori non ha mantenuto
fede all’impegno di destinare lo 0,7% del PNL a favore dell’aiuto ai paesi in via di sviluppo ed anzi si è andato affermando un trend decrescente di flussi finanziari destinati all’aiuto allo sviluppo;
Tutto ciò premesso, i partecipanti al Forum internazionale:
– sollecitano una riforma radicale delle politiche di cooperazione allo sviluppo, che porti all’abbandono dell’approccio basato sulla beneficenza per passare ad un nuovo modello di cooperazione capace di ‘prevenire’ i problemi e basata sulla centralità dello sviluppo umano e la valorizzazione delle risorse umane locali;
– chiedono una riforma del sistema internazionale, affinché i Paesi in via di sviluppo possano realmente partecipare al processo decisionale mondiale, sia a livello di commercio mondiale, particolarmente nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, che nell’ambito del sistema finanziario planetario;
– sollecitano un concreto impegno da parte dei Paesi più industrializzati perché siano rese operative le decisioni prese dai Capi di Stato e di Governo nell’ambito del “Vertice sociale di Copenaghen”, soprattutto per quanto riguarda il finanziamento degli obiettivi e delle strategie dello sviluppo sociale come istruzione primaria, assistenza sanitaria di base, acqua potabile;
– chiedono urgentemente una riforma radicale delle politiche e dei programmi dì aggiustamento strutturale del Fondo Monetario e della Banca Mondiale, sin qui produttrici di povertà e di dissoluzione del tessuto sociale del Pvs, sulla base della convinzione che la dimensione sociale dello sviluppo deve diventare l’elemento qualificante delle nuove strategie delle agenzie internazionali;
– sollecitano la Comunità internazionale e le Agenzie dello sviluppo dell’ONU a sostenere politiche e programmi di promozione degli interventi generatori di reddito e di sostegno ad attività produttive in termini occupazionali anche in un’ottica di compensazione degli squilibri sociali creati dai programmi di aggiustamento strutturale;
– sollecitano un superamento, a livello internazionale, della concezione dello sviluppo come crescita economica limitata al trasferimento di fondi e di know-how e l’affermarsi di una nuova cultura dello sviluppo inteso come fatto esclusivamente autoctono, attuabile a partire dalla valorizzazione delle culture locali, compatibile con la salvaguardia dell’ambiente;
– sollecitano tutti i governi a raggiungere, entro l’anno 2000, l’obiettivo dello 0,7% del prodotto nazionale lordo ed a favorire il sostegno finanziario, a livello di aiuti bilaterali tramite il cofinanziamento, ai progetti ed alle iniziative promosse dalle organizzazioni non governative con particolare riferimento ai programmi di sviluppo sociali e a valenza produttiva;
– sollecitano i paesi più industrializzati a cancellare il debito dei paesi più poveri ed a dare attuazione agli accordi di Parigi del dicembre 1994 in relazione alla riduzione, all’annullamento e ad altre misure volte al risanamento del debito, riconoscendo che il pagamento del servizio del debito sta menomando gravemente non solo la capacità dei Paesi più poveri di risolvere i problemi più urgenti dello sviluppo umano ma compromette seriamente anche il benessere delle future generazioni;
– auspicano un crescente riconoscimento anche in sede internazionale del ruolo delle Organizzazioni nongovernative, già riconosciute dagli Stati e dalle Organizzazioni intergovernative e dalla stessa Agenda per lo sviluppo elaborata da Boutros-Ghali, quali attori fondamentali per la realizzazione dello sviluppo umano sostenibile. Si ricorda infatti che le ONG gestiscono progetti per un valore di oltre 7 miliardi di dollari Usa, sono da lungo tempo impegnate nella ricerca della pace e contribuiscono, in molti casi in maniera decisiva, all’immediato soccorso delle popolazioni colpite da disastri o conflitti bellici;
– sollecitano gli Stati Membri dell’Unione Europea a coordinare ed armonizzare le loro politiche di cooperazione allo sviluppo come proposto dalla Commissione Europea in osservanza del Trattato di Maastricht, affinché venga posto fine all’esistenza di politiche di cooperazione diverse e contraddittorie. In tale contesto si auspica che anche ECHO, agenzia comunitaria di gestione degli aiuti umanitari, elabori dei “programmi-paesi” all’interno dei quali individuare le necessità umanitarie urgenti e dentro i quali far convergere le attività umanitarie dei singoli Stati membri, nel rispetto del principio di “sussidiarietà”;
– esprimono una forte preoccupazione per l’aumento continuo dei fondi destinati agli aiuti di emergenza a scapito della cooperazione allo sviluppo e per il crescente ricorso alla spettacolarizzazione dell’azione umanitaria da parte delle Agenzie Internazionali, tendenza che rischia di subordinare tali interventi a criteri e valori diversi da quelli della solidarietà e dell’aiuto a popolazioni in pericolo.
Il Forum internazionale chiede in particolare al Governo della Repubblica Italiana di:
1. sostenere le proposte contenute nel Rapporto sullo sviluppo umano n. 5 del 1994 intese a:
a) adottare una Carta sociale mondiale, partendo dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e dai documenti finali delle varie Conferenze delle Nazioni Unite;
b) creare un Consiglio delle Nazioni Unite per lo sviluppo umano e la sicurezza economica che dovrebbe occuparsi di questioni globali relative alla sicurezza umana quali: la povertà mondiale, la disoccupazione, la sicurezza alimentare, l’emigrazione internazionale, lo sviluppo umano sostenibile;
c) negoziare un accordo mondiale 20/20 per lo sviluppo umano in base al quale il 20% dei bilanci dei paesi in via di sviluppo e il 20% degli aiuti dei paesi industrializzati devono essere destinati alla spesa per le priorità umane;
d) istituire un Fondo mondiale per la sicurezza umana alimentato dal dividendo di pace (una quaota fissa delle riduzioni nella spesa militare mondiale andrebbe destinata al Fondo), dall’istituzione di un pacchetto di imposte sui movimenti internazionali di capitali a fini speculativi, Ì consumi di energia rinnovabile, le emissioni inquinanti, dall’assistenza ufficiale allo sviluppo;
e) completare al più presto la elaborazione del Codice di condotta per le società transnazionali e creare una “Autorità mondiale antimonopolistica” con il compito di sorvegliare il pieno rispetto del Codice;
2. impegnarsi per elevare almeno a 1500 miliardi lo stanziamento per il Fondo cooperazione allo sviluppo dell’Italia nell’ambito della Finanziaria per il 1996;
3. promuovere urgenti iniziative che definiscano modalità di reale snellimento burocratico e procedurale della gestione amministrativa da parte della Farnesina dei finanziamenti ai programmi in corso e di sollecitare un dibattito Parlamentare che consenta una riforma complessiva degli indirizzi in materia di cooperazione italiana allo sviluppo;
4. sollecitare la cancellazione del debito dei paesi più poveri e l’attuazione degli accordi di Parigi.
Il Forum internazionale chiede al Consiglio Europeo, alla Commissione Esecutiva, al Parlamento Europeo ed alla prossima Presidenza di turno italiana di:
– operare affinché gli Stati membri dell’Unione Europea coordinino e armonizzino le loro singole politiche di cooperazione allo sviluppo come proposto dalla Commissione in osservanza del Trattato di Maastricht;
– operare affinché l’Europa parli con “una sola voce” quando si tratta di decidere politiche e programmi per i Pvs ed esprima, nell’ambito della “Politica estera e di sicurezza comune” un’unica posizione politica a favore dei Pvs nelle varie istanze internazionali;
– operare affinché la politica di cooperazione allo sviluppo venga coordinata con le altre politiche settoriali dei paesi industrializzati, particolarmente quelle commerciali e finanziarie;
– nell’ambito dei lavori sulla riforma del trattato istitutivo dell’Unione Europea, prevista in seno alla Conferenza intergovernativa del 1996, fare proprie le proposte del presente documento e conferire agli articoli 130 e successivi, nuovi contenuti capaci di rendere la cooperazione uno strumento efficace per la promozione della giustizia e dell’equità tra Nord e Sud.
I partecipanti al Forum internazionale chiedono agli Enti locali e regionali di:
1. attivare un maggior impegno nel sostenere e realizzare programmi di solidarietà e di cooperazione internazionale, soprattutto valorizzando le Ong del Sud e quei progetti finalizzati a favorire la collaborazione di gruppi di solidarietà e di volontariato del Nord e del Sud;
2. creare l’Ufficio permanente per la pace, i diritti umani e la solidarietà internazionale e garantire le risorse previste dalle varie leggi regionali di settore;
3. promuovere ed agevolare la realizzazione di programmi di educazione ai diritti umani, alla democrazia e allo sviluppo umano, anche attraverso la messa a disposizione di strutture e facilitazioni organizzative.