Gaza. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu approva un piano di guerra e non di pace
- La Risoluzione 2803/2025 è un nuovo attentato alla pace e ai diritti umani, all’Onu e al Diritto Internazionale dei Diritti Umani, alla legalità e all’autodeterminazione dei popoli
- La Risoluzione viola la Carta dell’Onu e riconosce la legge del più forte
- Ignorate le Risoluzioni Onu che sanciscono il principio “Due Stati per due Popoli”
- Tolto all’Onu il compito di ristabilire e assicurare la pace e fornire protezione e assistenza ai palestinesi
- Compromesso anche il ruolo del Consiglio di Sicurezza
1. Cosa dice la Risoluzione 2803/2025 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu
Il 17 novembre 2025, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione su Gaza che segna un punto di svolta senza precedenti nella storia dell’Onu a 80 anni dalla sua fondazione. Essa infatti toglie all’Onu il potere che la Carta delle Nazioni Unite le affida di mantenere pace e sicurezza internazionale per attribuirlo ad una entità esterna, il “Board of Peace”, pensata e guidata dal Presidente degli Stati Uniti, di cui non si conoscono i membri. E’ un nuovo atto di un colpo di stato latente. Un attentato diretto contro la “costituzione” mondiale e dunque contro l’ordine internazionale stabilito a San Francisco nel 1945.
La Risoluzione 2803 è stata adottata con 13 voti favorevoli (10 membri non permanenti: Algeria, Danimarca, Grecia, Guyana, Pakistan, Panama, Republic of Korea, Sierra Leone, Slovenia, Somalia; 3 membri permanenti: Francia, Regno Unito, Stati Uniti) e 2 astensioni (Russia e Cina).
Con questa Risoluzione viene compromessa la stessa ragion d’essere dell’Onu, quella per la quale era stata creata all’indomani della seconda guerra mondiale. Il diritto internazionale dei diritti umani generato e sviluppato dall’Onu viene messo da parte. La nuova legge è quella del più forte, anche nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’obiettivo non è più quello di riconoscere al popolo palestinese gli inalienabili diritti all’esistenza e all’autodeterminazione, bensì quello di mantenere quel popolo sotto dominio coloniale, proseguendo la pulizia etnica e la strategia genocidaria. Le continue uccisioni di palestinesi a Gaza, le continue restrizioni imposte all’accesso nella Striscia dei più urgenti aiuti umanitari e i continui attacchi dei coloni e dell’esercito israeliano in Cisgiordania tra i palestinesi confermano questa tesi.
Ma andiamo con ordine. La Risoluzione 2803/2025 è articolata in due parti.
La prima contiene un breve preambolo nel quale, anziché richiamare la Carta delle Nazioni Unite e le precedenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza sulla Questione Palestinese, come è prassi, richiama il “Comprehensive Plan to End the Gaza Conflict” del 29 settembre 2025 del Presidente Trump e “la storica Dichiarazione Trump per una Pace e Prosperità Durature del 13 ottobre 2025 e il ruolo costruttivo svolto dagli Stati Uniti d'America, dallo Stato del Qatar, dalla Repubblica Araba d'Egitto e dalla Repubblica di Turchia, nell'aver facilitato il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza”.
La seconda parte contiene il dispositivo articolato in 10 punti che costituiscono altrettante decisioni del Consiglio di Sicurezza che:
- approva il “Comprehensive Plan” di Trump;
- istituisce il “Board of Peace” (BoP) come amministrazione transitoria con personalità giuridica internazionale con il compito di definire il quadro e coordinare il finanziamento per la ricostruzione di Gaza in conformità con il “Comprehensive Plan” e in modo coerente con i pertinenti principi giuridici internazionali”;
- sostiene la piena ripresa degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza in cooperazione con il BoP, in modo coerente con i pertinenti principi giuridici internazionali e attraverso organizzazioni cooperanti, comprese le Nazioni Unite, il Comitato Internazionale della Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa;
- autorizza “gli Stati Membri partecipanti al BoP e il BoP a: (A) stipulare gli accordi che possano essere necessari per raggiungere gli obiettivi del “Comprehensive Plan”, compresi quelli relativi ai privilegi e alle immunità del personale della forza di Stabilizzazione Internazionale temporanea; e (B) istituire entità operative con personalità giuridica internazionale”;
- stabilisce che le entità operative sopra menzionate opereranno sotto l'autorità e la supervisione transitoria del BoP;
- esorta la Banca Mondiale e altre istituzioni finanziarie a facilitare e fornire risorse finanziarie a sostegno della ricostruzione e dello sviluppo di Gaza;
- autorizza gli Stati Membri che operano con il BoP e il BoP a istituire una Forza di Stabilizzazione Internazionale temporanea (ISF) a Gaza da dispiegare sotto un comando unificato accettabile per il BoP, con forze fornite dagli Stati partecipanti, in stretta consultazione e cooperazione con la Repubblica Araba d'Egitto e lo Stato di Israele;
- stabilisce che il BoP e le presenze civili e di sicurezza internazionali autorizzate dalla Risoluzione rimarranno autorizzate fino al 31 dicembre 2027;
- chiede agli Stati Membri e alle organizzazioni internazionali di lavorare con il BoP per sostenere anche finanziariamente le sue entità operative e la Forza di Stabilizzazione Internazionale;
- chiede al BoP di fornire al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ogni sei mesi una relazione scritta sullo stato di implementazione della Risoluzione.
La Risoluzione 2803/2025 solleva diverse questioni di legittimità giuridica e di giustizia.
Primo. È legittimo riconoscere ad una entità inesistente come il “Board of Peace” personalità giuridica internazionale con pieni poteri di vita e di morte nei confronti di un popolo?
Secondo. È legittima una forza militare di stabilizzazione da dispiegare nella Striscia di Gaza sotto il comando del cosiddetto ‘Board of Peace’ presieduto dal Presidente degli Stati Uniti, che del genocidio in atto a Gaza è complice per avere continuamente fornito supporto militare, economico e diplomatico allo Stato di Israele?
Terzo. È legittimo che i principali azionisti della Forza di stabilizzazione internazionale siano gli USA, Israele e l’Egitto, cioè tutti Stati coinvolti nel genocidio?
Quarto. È legittimo che l’IDF, l’autore materiale del crimine di genocidio, mantenga una presenza perimetrale di sicurezza fino a quando Gaza non sarà adeguatamente al sicuro da qualsiasi rinascita della minaccia terroristica?
Quinto. È legittimo relegare l’Onu tra le “organizzazioni cooperanti” insieme al Comitato Internazionale della Croce Rossa e alla Mezzaluna Rossa con il compito di promuovere l’aiuto umanitario?
Sesto. È legittimo condizionare il riconoscimento dello Stato di Palestina all’attuazione del programma di riforme da parte dell’Autorità Palestinese e alla ricostruzione di Gaza e non invece alla fine della illegale occupazione israeliana dei Territori Palestinesi Occupati?
Settimo. È legittimo autorizzare il “Board of Peace” ad istituire “entità operative” con personalità giuridica internazionale e poteri transazionali per l'esecuzione delle sue funzioni
Ottavo. È legittimo attribuire al Board of Peace, sotto la guida di Trump, e ad Israele, cioè ai responsabili del genocidio, il mandato di proteggere i civili palestinesi, prevenire ulteriori sfollamenti, garantire la cessazione delle ostilità, garantire la responsabilità per gravi violazioni dei diritti umani, nonché di far realizzare al popolo palestinese l’inalienabile diritto all’autodeterminazione?
2. La Risoluzione 2830/2025 viola la Carta delle Nazioni Unite ed è pertanto illegittima
Siamo in presenza di una violazione senza precedenti dei fini e dei principi enunciati nella Carta delle Nazioni Unite e di numerosi suoi articoli.
La Risoluzione 2803 viola i seguenti fini enunciati nell’articolo 1:
- mantenere la pace e la sicurezza internazionale in conformità ai princìpi della giustizia e del diritto internazionale;
- rispettare il principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’autodeterminazione dei popoli;
- promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione.
La Risoluzione viola i seguenti principi enunciati nell’articolo 2:
- adempiere in buona fede gli obblighi assunti dagli Stati Membri in conformità alla Carta;
- risolvere le controversie internazionali con mezzi pacifici;
- astenersi nelle relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato;
- astenersi dal dare assistenza a qualsiasi Stato contro cui le Nazioni Unite intraprendono un’azione preventiva o coercitiva.
La Risoluzione viola l’articolo 24, parag. 2, della Carta che stabilisce che “nell’adempimento dei suoi compiti, il Consiglio agisce in conformità con i fini e i principi delle Nazioni Unite”.
La Risoluzione viola l’articolo 52 della Carta che stabilisce che “non è preclusa l’esistenza di accordi od organizzazioni regionali per la trattazione di questioni concernenti il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, purché tali accordi od organizzazioni e le loro attività siano conformi ai fini ed ai principi delle Nazioni Unite” (corsivo aggiunto).
La Risoluzione viola l’articolo 54 che statuisce che “il Consiglio di Sicurezza deve essere tenuto, in ogni momento, pienamente informato dell’azione intrapresa da accordi o organizzazioni regionali per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale” (corsivo aggiunto). Dunque, non ogni sei mesi come stabilito dalla Risoluzione.
La Risoluzione viola tutte le precedenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza sulla “Questione palestinese” dalla Risoluzione 242 del 1967 alla Risoluzione 2334 del 2016. E’ la prima Risoluzione che nel preambolo non richiama le precedenti in materia. A voler dire che sono superate. Che non esistono più. Che sono cadute in prescrizione.
Dunque, la Risoluzione del Consiglio di sicurezza è illegittima perché, non solo non si fonda, ma viola palesemente il diritto internazionale dei diritti umani, compreso il diritto di autodeterminazione dei popoli, il diritto internazionale umanitario e la Carta delle Nazioni Unite che il Consiglio avrebbe l’obbligo “costituzionale” di far rispettare.
Non più l’Onu al centro dell’ordine mondiale, ma il Presidente degli Stati Uniti con i suoi tre amici, tre dittatori responsabili di estese e reiterate violazioni dei diritti umani, oltre che di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Freedom House (2024) classifica il livello di libertà in Egitto con un punteggio di 18 su 100, in Turchia con un punteggio di 33 su 100 e in Qatar di 25 su 100. Lo Human Rights Index (2024), il cui range va da 0 a 1 (maggiori diritti), classifica l’Egitto a 0.27, la Turchia a 0.41, il Qatar a 0.36. Insomma molto al di sotto degli standard internazionali.
Tre paesi che ai sensi dell’articolo 6 della Carta delle Nazioni Unite avrebbero dovuto da tempo essere espulsi dall’Organizzazione per avere sistematicamente violato i princìpi enunciati nella Carta.
Con questa Risoluzione il Consiglio di sicurezza ha messo nelle mani di un gruppo di dittatori non soltanto il futuro del popolo palestinese, ma dello stesso ordine internazionale multilaterale.
Gli Stati membri dell’Unione europea e la stessa Unione europea devono sapere che, ai sensi dell’articolo 24, parag. 2, della Carta, il Consiglio di Sicurezza “agisce anche in nome degli Stati Membri delle Nazioni Unite”. Dunque anche in loro nome.
3. La Risoluzione 2803/2025 viola il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese
La Risoluzione viola l’inalienabile diritto all’autodeterminazione dei popoli sancito, oltre che dalla Carta delle Nazioni Unite, anche dall’identico articolo 1, paragrafo 1, dei due Patti internazionali del 1966 rispettivamente sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali: “1. Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione. In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale”.
Viola anche il paragrafo 3 dello stesso articolo che statuisce che “Gli Stati Parti del Patto, ivi compresi quelli che sono responsabili dell’amministrazione di territori non autonomi e di territori in amministrazione fiduciaria, debbono promuovere l’attuazione del diritto di autodeterminazione dei popoli e rispettare tale diritto, in conformità alle disposizioni dello Statuto delle Nazioni Unite”.
Sul punto, la Corte di Giustizia è stata chiara: l’autodeterminazione è un diritto inalienabile del popolo palestinese e l’ONU e gli Stati hanno l’obbligo di contribuire alla sua piena realizzazione. Se questa è la norma giuridica, allora lo Stato di Israele deve iniziare il ritiro immediato e incondizionato dai Territori Palestinesi Occupati.
La Risoluzione 2803/2025 viola l’intero corpus organico di principi e norme sanciti dal diritto internazionale dei diritti umani. Dal diritto alla libertà di movimento al diritto alla libertà di informazione e di espressione, dal diritto alla sicurezza al diritto a non essere torturato, dal diritto all’educazione al diritto al lavoro, al diritto alla cittadinanza. Gravi sono le violazioni dei diritti dei bambini e delle bambine, dei diritti delle donne, dei diritti delle persone con disabilità. Possiamo dire che tutti i diritti umani internazionalmente riconosciuti – civili, politici, economici, culturali – sono estesamente violati.
La Risoluzione ha scambiato la vittima (il popolo palestinese) con il carnefice (lo Stato israeliano).
La Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967 ha dichiarato che “invece che tracciare un percorso verso la fine dell’occupazione e garantire la protezione palestinese, la Risoluzione rischia di consolidare il controllo esterno sulla governance, le frontiere, la sicurezza e la ricostruzione di Gaza. La Risoluzione tradisce le persone che pretende di proteggere”.
4. Una Risoluzione “senza” il popolo palestinese
La Risoluzione chiede la smilitarizzazione della Striscia di Gaza e il disarmo dei gruppi armati palestinesi, ma non dice nulla sul ritiro dell’IDF da Gaza e dai Territori Palestinesi Occupati di Cisgiordania e Gerusalemme Est.
Chiede all’Autorità Palestinese di completare in modo trasparente il suo programma di riforme, ma non dice nulla sulla fine dell’occupazione illegale di Israele, della segregazione razziale, del regime di apartheid e della pulizia etnica. Non dice sulla colonizzazione in atto e sulla de-palestinizzazione del territorio occupato che mette in pericolo l'esistenza culturale del popolo palestinese.
La Risoluzione non fa alcun riferimento alle azioni intraprese dalla Corte internazionale di Giustizia e dalla Corte penale internazionale nei confronti dello Stato di Israele e del suo primo ministro Netanyahu, per il quale quest’ultima ha emesso un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi nella Striscia di Gaza.
Gli Stati non possono nascondere le gravi violazioni del diritto internazionale per convenienze diplomatiche. Ignorare queste norme rende l'ONU complice, indebolisce i principi fondamentali della sua Carta e rischia di aggravare le sofferenze umane. La pace può essere raggiunta solo attraverso un approccio basato sulla verità e sulla giustizia, sul rispetto dei principi dello stato di diritto internazionale e sull’autodeterminazione dei popoli.
5. Conclusioni
Nella Striscia di Gaza il Consiglio di Sicurezza avrebbe dovuto dispiegare una forza di peacekeeping delle Nazioni Unite, senza la partecipazione di stati complici di Israele: una robusta forza di polizia militare internazionale con una forte ed ampia legittimazione giuridica nel segno dell’autorità sopranazionale delle Nazioni Unite ed una altrettanto forte componente “diritti umani” in particolare per assicurare che i diritti fondamentali siano rispettati, in primo luogo dal personale militare impiegato.
Il comando militare della stessa avrebbe dovuto essere esercitato sotto il controllo diretto dell’autorità politica delle Nazioni Unite, cioè personalmente dal Segretario Generale.
Il mandato avrebbe dovuto essere quello di porre fine all’occupazione illegale di Israele dei Territori Palestinesi, fermare il genocidio, garantire il rispetto dei diritti umani e l’agibilità dei corrodi umanitari, nonché avviare il processo di autodeterminazione del popolo palestinese in conformità alle norme del diritto internazionale dei diritti umani e delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza e dell’Assemblea generale. Avrebbe dovuto essere quello di dare piena attuazione alla Risoluzione 242 (1967) e alle altre pertinenti Risoluzioni del Consiglio di sicurezza in ordine al ritiro di Israele dai Territori Palestinesi Occupati.
La composizione avrebbe dovuto essere sia militare che civile. Il personale civile avrebbe dovuto essere in congruo numero e con appropriata competenza: monitori dei diritti umani, specialisti nel settore dello sviluppo e dell’assistenza umanitaria, personale esperto in comunicazione e dialogo interculturale, nonché nella collaborazione con le organizzazioni non governative, le istituzioni civili locali, il mondo della scuola e dell’informazione.
I principi che avrebbero dovuto guidare la missione sono quelli del primato del diritto dei diritti umani, del rispetto della Carta delle Nazioni Unite, della legittima autorità politica sopranazionale dell’Onu, del coinvolgimento della popolazione locale.
Marco Mascia, Presidente Centro Diritti Umani “Antonio Papisca”, Cattedra Unesco Diritti umani, democrazia e pace, Università di Padova
Flavio Lotti, Presidente Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace
Per informazioni:
Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”
Via Beato Pellegrino, 28 – Padova - Tel 049 827 1811
email centro.dirittiumani@unipd.it - https://unipd-centrodirittiumani.it/
Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace, via della viola 1 (06122) Perugia - Tel. 335.1401733 - email adesioni@perlapace.it - www.perlapace.it
Padova, Perugia, 25 novembre 2025