Nazioni Unite / ONU

Hate Speech e COVID-19: la pandemia dell’odio online

Hate Speech

La pandemia di COVID-19 ha dato vita, fin dal principio, ad una nuova ondata di incitamento all’odio e con esso, di discriminazione. Il discorso d’odio che proviene dal COVID-19 comprende una vasta gamma di espressioni denigratorie antisemite, in particolare contro cinesi e asiatici individuati come colpevoli di quanto sta avvenendo a livello globale. In relazione a questo, Fernand de Varennes, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite per le Minoranze, ha affermato, nel cuore dell’emergenza sanitaria, come la pandemia di COVID-19 non sia solo una problematica sanitaria, ma anche un virus che incentiva la xenofobia, l’odio e l’esclusione. Human Rights Watch riprende quanto detto da de Varennes, sostenendo che tale problematica peggiori dal momento che, spesso, gli stessi leader politici incoraggiano, direttamente o indirettamente, l’odio e il razzismo, utilizzando una retorica “anti-Cinese”.

Questa scheda mira ad analizzare e testimoniare questo aumento repentino dei casi di hate speech contro cinesi e asiatici, e come la cosiddetta tossicità dell' internet stia “contagiando” bambini e adolescenti. Inoltre, verranno ripercorse le raccomandazioni che le Nazioni Unite hanno stilato per garantire che la preoccupazione del diffondersi e dell’uso dell’hate speech venga affrontata in modo efficace, sia a livello nazionale che globale, assicurando una risposta completa alla pandemia di COVID-19.

L1ght, una start-up dell’AI (Start-up nel mercato dell’Intelligenza Artificiale) nata nel 2018 che rileva e filtra i contenuti tossici online per proteggere i bambini, ha registrato un aumento del 900% nel fenomeno dell’hate speech nei confronti dei cinesi, e del 40% nella tossicità online tra adolescenti e bambini. Nello studio intitolato “Rising Levels of Hate Speech & Online Toxicity During This Time of Crisis”, L1ght attribuisce l’aumento dell’incitamento all’odio online al fatto che sempre più persone siano, a causa della pandemia, costrette in casa, avendo quindi più tempo da spendere online. La start-up riporta quindi:

  • Una diffusione di tweets contenenti hate speech, principalmente contro i cinesi e più in generale contro gli asiatici. Chi incita all’odio approfitta dell’incertezza e della crescente tensione che dominano in questo periodo per suscitare comportamenti discriminatori, utilizzando un linguaggio di esplicita accusa contro gli asiatici. Tra gli Hashtags più comuni, L1ght individua #chinaliedpeopledied, #kungflu, #communistvirus, #Whuanvirus, #chinesevirus.

Figura 1. Tweet #ChinaLiedPeopleDied

Figura 2. Tweet #chinaliedpeopledied, #kungflu, #communistvirus, #Whuanvirus, #chinesevirus

 

  • Una maggiore ricerca di siti che diffondono l’odio in rete. In particolare, L1ght registra un aumento del 200%.
  • Una crescita del 70% dell’hate speech tra gli adolescenti e i bambini.
  • Una crescita della tossicità online fra i “gamers” del 40%.

A maggio 2020, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha lanciato, infatti, un appello contro l’hate speech, in cui richiede uno sforzo globale a leader politici, istituzioni educative, media e attivisti della società civile, per mettere fine all’incitamento all’odio. In particolare, egli si rivolge ai leader politici chiedendo di mostrare solidarietà nei confronti dei membri della società e di costruire così un clima di coesione sociale. Alle istituzioni educative, invece, chiede di garantire a bambini e ragazzi un’alfabetizzazione digitale. Ai media richiede un maggiore controllo dei contenuti messi in rete, mettendo in pratica un processo di censura di tutti quei contenuti razzisti, misogini e quindi dannosi. Infine, Guterres spinge la società civile a svolgere un lavoro maggiore nel raggiungere le persone più vulnerabili. Con questo obiettivo, le Nazioni Unite hanno quindi redatto un documento intitolato “United Nations Guidance Note on Addressing and Countering COVID-19 related Hate Speech” pubblicato in data 11 Maggio 2020. Questo documento parte proprio dalla premessa che fin dall’inizio della pandemia, individui considerati etnicamente cinesi o asiatici, o coloro che appartengono ad una determinata minoranza religiosa o etnica, migranti e stranieri siano stati accusati e diffamanti per la diffusione del virus.

Ad oggi sappiamo che i mezzi di propagazione di informazioni più veloci sono internet, i media online e con essi i social networks. Di conseguenza, al fenomeno sopra descritto, si è presto legata una diffusione di disinformazione relativa al COVID-19, amplificando ulteriormente quelli che erano i pregiudizi già correlati al virus. Inoltre, le Nazioni Unite sottolineano come le conseguenze siano ancor più severe se a propagare false informazioni o discorsi carichi d’odio sono i leader politici, i pubblici ufficiali, i leader religiosi e altre persone influenti. Riguardo a ciò, Human Rights Watch riporta alcuni interventi mirati contro i cinesi e gli asiatici, più o meno velati, da parte di esponenti politici influenti nella nostra società. Ad esempio, il presidente degli Stati Uniti ha utilizzato fin dal principio espressioni come “il Virus Cinese” o “Kung-flu”, incoraggiando così l’utilizzo dell’hate speech negli USA e non solo. Oppure, il ministro dell'Istruzione brasiliano ridicolizzò il popolo cinese in un tweet suggerendo che la pandemia era parte del "piano del governo cinese per la dominazione del mondo."

Alla luce di questo, invece, i governi necessitano di adottare un nuovo piano d’azione contro l’incitamento all’odio e al razzismo, diverso da quello adottato nel 2014 e denominato “Developing National Action Plans Against Racial Discrimination”, un piano che citi esplicitamente l’hate speech, in particolare correlandolo al COVID-19.

Nella Guida delle Nazioni Unite troviamo quindi un sollecito nei confronti della comunità internazionale, la quale, secondo gli esperti, dovrebbe essere più vigile e rimanere inequivocabile nel condannare l’incitamento all’odio, promuovendo messaggi di inclusione e agendo in modo solidale, sulla base del diritto internazionale in materia di diritti umani. Le Nazioni Unite delineano una serie di raccomandazioni, rivolte a vari attori e complementari al Piano d’azione strategico delle Nazioni Unite sull’incitamento all’odio (maggio 2019).

In primo luogo, chiedono ai propri dipartimenti e alle proprie agenzie di condannare l’incitamento all’odio legato alla pandemia di COVID-19, pur difendendo la libertà di opinione ed espressione che si trova alle fondamenta delle società basate sullo Stato di diritto, la democrazia e i diritti umani. Inoltre, si chiede loro di sollecitare gli Stati Membri, le organizzazioni regionali, i media e i social media, nell’adozione di programmi e strategie miranti alla sconfitta dell’hate speech.

Agli Stati Membri, nello specifico, si chiede di realizzare una risposta all’emergenza sanitaria che tenga da conto la missione di combattere l’incitamento all’odio e con esso il problema della disinformazione che interessa sempre di più questo periodo difficile. Riguardo a ciò, le Nazioni Unite chiedono agli Stati di assicurare che l’educazione diffonda tra i più giovani una metodologia che li renda in grado di compiere verifiche e di contestualizzare le informazioni raccolte.

Ai social media si richiede, invece, di monitorare l’incitamento all’odio sulle proprie piattaforme, limitandolo in accordo con il rispetto dei diritti umani e in collaborazione con attori internazionali di rilievo, tra i quali l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

I media vengono invitati a riportare notizie veritiere e professionali garantendo un supporto effettivo ai sistemi di autoregolamentazione (come gli organi nazionali della stampa, i difensori civici o i servizi pubblici di informazione presso i singoli organi di informazione) per garantire l’applicazione del diritto di rettifica o di risposta per affrontare la questione delle segnalazioni discriminatorie nel contesto della pandemia di COVID-19.

Infine, agli attori della società civile si chiede di schierarsi contro l’hate speech nello scenario più ampio dell’emergenza sanitaria, monitorando la questione dell’incitamento all’odio e garantendo una risposta efficace al COVID-19.

Come già stato detto, la pandemia di COVID-19 ha amplificato le preoccupazioni riguardo il diffondersi e l’uso dell’hate speech su scala globale, creando nuovi gruppi destinatari di commenti e discorsi carichi d’odio e discriminazione. 

In considerazione di quanto sopra esposto, assicurare che l’hate speech venga affrontato in modo efficace sia a livello nazionale che a livello globale, aiuterà a migliorare la risposta all’emergenza sanitaria nel breve periodo, ma darà inoltre l’opportunità di costruire al meglio un metodo per affrontare le cause alla radice di questo fenomeno nella nostra società, attraverso la promozione dell’inclusione e della nostra comune umanità.

Parole chiave

Nazioni Unite / ONU Cina discriminazione COVID-19