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I pellegrinaggi virtuali: un nuovo fronte per la spiritualità inclusiva

immagine di candele accese
© Shitterstock Unipd

Il 16 luglio 2020 il Santuario della Madonna di Lourdes, chiuso a causa della pandemia, decideva di diventare «il luogo di un pellegrinaggio virtuale tra milioni di persone collegate on line» (Vatican News, 16 luglio 2020) trasmettendo per quindici ore, in diretta, celebrazioni, processioni, rosari e preghiere in dieci lingue. Il progetto Lourdes United, che è tuttora attivo nel sito ufficiale del santuario, si inseriva all’interno di un più ampio e forzato cambiamento dell’espressione della pietà popolare causato dall’impossibilità di dare seguito alle esigenze spirituali delle migliaia di persone che ogni anno si mettono in cammino per raggiungere i maggiori santuari della cristianità. Pochi mesi prima, all’inizio della pandemia, papa Francesco aveva concesso la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria a chi avesse seguito la preghiera per la fine del contagio, trasmessa in streaming. Se l’iniziativa papale fu un gesto occasionale, quanto fatto dal santuario di Lourdes ha invece cambiato profondamente la spiritualità legata ai pellegrinaggi, in senso ecumenico e inclusivo. Il santuario francese è stato uno dei primi ad abbracciare pienamente il concetto di pellegrinaggio virtuale, venendo seguito poi da altri, in primis Santiago di Compostela. Entrambi i santuari offrono a milioni di persone in tutto il mondo la possibilità di connettersi spiritualmente, superando le barriere geografiche e le limitazioni fisiche ed economiche.

Non sono mancati, tuttavia, i dubbi sorti di fronte a questa proposta, che elimina uno degli elementi fondativi del “mettersi in cammino”, ossia la fatica del viaggio. Tra gli aspetti considerati più positivi vi è sicuramente la volontà di rendere universalmente accessibile il santuario. L’elemento più rivoluzionario è infatti la volontà e capacità di includere una vasta gamma di partecipanti che, per vari motivi, si trovano impossibilitati a raggiungere i santuari. I destinatari di questo tipo di offerta, una delle più indipendenti dal più vasto fenomeno del turismo religioso che ha caratterizzato l’organizzazione dei viaggi dei pellegrini negli ultimi decenni, sono molteplici e hanno come specifico fine l’inclusività: le persone con disabilità tali da non poter superare le barriere fisiche; coloro che non possono affrontarne i costi, relativamente elevati, o investire diverse settimane nel viaggio; coloro che hanno già terminato la propria esperienza e cercano un modo per continuare a partecipare ad un clima spirituale condiviso.

Il pellegrinaggio on line, inoltre, ha offerto a molti una connessione più intima e personale con il divino, creando al contempo una sorta di comunità globale, grazie allo scambio di intenzioni ed esperienze di fedeli da diverse parti del mondo, permettendo di superare barriere linguistiche e culturali. Esso risulta poi particolarmente gradito ai fedeli che, accogliendo le parole espresse da papa Francesco nel 2015 e nel 2023, si trovano a riflettere, individualmente o in comunità, sull’emergenza della crisi climatica, scegliendo talvolta di non partire per non aggravare la propria impronta ambientale.

Al tempo stesso quest’esperienza sta creando notevoli perplessità nella comunità dei credenti, in particolare nei confronti dell’esperienza virtuale offerta da santuari che hanno legato, da sempre, il proprio raggiungimento alla fatica fisica del viaggio, considerato un mezzo di purificazione. I dubbi sono sorti in particolar modo a partire dall’apertura, all’interno del portale Google Arts and Culture, del progetto “¡Buen Camino!”. Questo strumento, creato in occasione dell’anno santo giacobeo 2021-2022 per offrire «un viaggio per la mente, per il corpo e l’anima», ha inaugurato una serie di discussioni sull’opportunità di separare il senso stesso della partecipazione all’evento compostelano dall’esperienza fisica e sensoriale che, nei secoli, ne ha caratterizzato la fruizione. Nella realtà il progetto è costituito da due sezioni ben distinte. La prima è indirizzata a coloro che non intendono o non possono mettersi in viaggio e vengono guidati nel pellegrinaggio grazie a podcast, musica, immagini naturali o architettoniche di particolare impatto emotivo. La seconda, invece, si rivolge a chi intende affrontare il cammino, ponendo particolare attenzione alle questioni legate alla diversità e all’inclusività (sezioni “Il Cammino della diversità” e “Il Cammino di Santiago senza confini”). In ogni caso il rischio di una potenziale perdita del senso di sacrificio associato al viaggio è stato ribadito a più riprese, parallelamente al concreto pericolo di una banalizzazione dell’esperienza spirituale.

Va notato che la fascia dei fruitori dell’esperienza on line non sembra, ad oggi, essere totalmente sovrapponibile a quella di coloro che intraprendono i cammini dei pellegrini. Le più recenti statistiche compiute dai singoli santuari o dagli enti del turismo locali hanno registrato un incremento notevole per ognuna delle maggiori mete di pellegrinaggio anche al di fuori di determinati contesti celebrativi. Allo stato attuale, sembra che l’esperienza virtuale del pellegrinaggio non abbia intaccato minimamente l’interesse per l’esperienza fisica, anche in virtù del pubblico a cui essa si rivolge, pur rivelando un potenziale inaspettato nel connettere i fedeli con i luoghi sacri e tra di loro, offrendo un'alternativa valida e inclusiva e ampliando l'accesso alla spiritualità per molti. Gli esperti del settore turistico, concordando in parte con gli enti ecclesiastici nazionali e pontifici, prevedono lo sviluppo sempre più marcato di un approccio ibrido al pellegrinaggio, caratterizzato da un’alta inclusività e da una crescente ricerca di un modo, per quanto limitato, per vivere fisicamente l’esperienza del cammino attraverso lo strumento digitale.

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inclusione religioni accessibilità