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L'8 marzo e la tutela dei diritti delle donne

Giornata internazionale delle donne, 2025
© UN Women

La Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne rappresenta un'opportunità per riflettere sulla persistente disuguaglianza di genere e sulle sfide ancora presenti nel 2025. Le dinamiche economiche, politiche e sociali continuano a evidenziare disparità strutturali che ostacolano il pieno riconoscimento dei diritti delle donne e la loro effettiva tutela. L'analisi dei dati e delle normative vigenti dimostra come le discriminazioni di genere siano ancora radicate e richiedano un approccio integrato, basato su evidenze scientifiche e strumenti giuridici adeguati.

Le violenze di genere, in particolare la violenza domestica e i femminicidi, rappresentano una grave emergenza sociale. Secondo recenti studi, il costo sociale della violenza sulle donne in Italia è stato stimato in circa 17 miliardi di euro, includendo costi diretti (sanitari, giudiziari e assistenziali) e indiretti (perdita di produttività e riduzione del benessere delle vittime) (ISTAT, 2023). Nonostante la gravità del fenomeno, le risorse destinate alla prevenzione hanno subito una riduzione significativa. Nel 2023, il finanziamento governativo per le misure preventive è stato ridotto del 70%, passando da 17 milioni di euro a 5 milioni di euro (ActionAid, 2023), compromettendo l'efficacia delle strategie di intervento.

La Convenzione di Istanbul, ratificata dall'Italia nel 2013, impone agli Stati di garantire risorse adeguate per la prevenzione e la protezione delle vittime (Consiglio d'Europa, 2011). La mancata implementazione di misure strutturali e la carenza di fondi per i centri antiviolenza ostacolano l'efficacia delle politiche adottate. Il rafforzamento degli strumenti di protezione giuridica, associato a un adeguato finanziamento delle istituzioni di supporto, è essenziale per garantire una risposta efficace e tempestiva alla violenza di genere.

Nonostante l'aumento del numero di donne occupate, la partecipazione femminile al mercato del lavoro in Italia rimane significativamente inferiore alla media europea. Nel 2024, il tasso di occupazione femminile ha raggiunto il 53%, contro una media UE del 69,3% (Eurostat, 2024). Le cause principali di tale divario includono la precarietà lavorativa, la segregazione occupazionale e la difficoltà di conciliazione tra vita lavorativa e familiare.

La disparità salariale di genere rimane un problema persistente: in Italia, le donne guadagnano mediamente il 10% in meno rispetto agli uomini, con differenze che variano tra i 3.000 e i 16.000 euro annui a seconda del settore e del livello professionale (INAPP, 2024). Le barriere alla promozione e l'accesso limitato ai ruoli dirigenziali contribuiscono ulteriormente a questo divario, con solo il 13% delle posizioni di vertice occupate da donne.

A livello normativo, la Direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza retributiva impone alle imprese l'obbligo di adottare misure volte a eliminare le disuguaglianze salariali (Parlamento Europeo, 2023). La sua effettiva implementazione richiede un impegno concreto da parte degli Stati membri, che devono rafforzare i meccanismi di controllo e sanzionare le aziende non conformi.

Un altro aspetto cruciale delle disuguaglianze di genere riguarda la salute e l'accesso ai servizi sanitari. La ricerca medica ha storicamente privilegiato il corpo maschile come modello di riferimento, con conseguenze negative per la salute delle donne. Ad esempio, i sintomi dell'infarto nelle donne sono diversi rispetto a quelli maschili, ma per decenni la ricerca clinica ha trascurato tali differenze, aumentando il rischio di diagnosi tardive o errate (Criado-Perez, 2019).

Le normative europee sulla parità di genere nella ricerca scientifica impongono l'inclusione delle differenze di sesso e genere nei protocolli di sperimentazione clinica (Commissione Europea, 2022). La loro applicazione rimane parziale, e la medicina di genere fatica a imporsi come standard accademico e pratico.

Le guerre e i conflitti armati aggravano ulteriormente le condizioni di vita delle donne. In molti scenari di guerra, le donne sono vittime di violenze sessuali sistematiche utilizzate come arma di oppressione e terrore (UN Women, 2023). Il caso delle donne afgane è emblematico: dopo la presa di potere dei Talebani nel 2021, i diritti delle donne sono stati progressivamente erosi, con il divieto di accesso all'istruzione superiore e restrizioni sempre più severe alla loro libertà di movimento e partecipazione sociale (Human Rights Watch, 2024). La comunità internazionale deve affrontare queste gravi violazioni con interventi mirati e il rafforzamento dei meccanismi di protezione internazionale.

Il linguaggio svolge un ruolo centrale nella perpetuazione delle disuguaglianze. L'uso di espressioni che minimizzano la violenza di genere o trasformano i femminicidi in atti di passione contribuisce a un discorso culturale che giustifica e normalizza la violenza. Espressioni come "delitto passionale" o "raptus di gelosia" occultano la matrice strutturale della violenza sulle donne e impediscono una piena comprensione delle dinamiche di potere che la generano (Giacomini, 2022). Una maggiore consapevolezza nell'uso del linguaggio è essenziale per smantellare le narrazioni tossiche che legittimano le disuguaglianze.

L'ecofemminismo propone una visione integrata della giustizia di genere e della giustizia ambientale. Le donne, spesso in prima linea nella protezione dell'ambiente e delle risorse naturali, subiscono in maniera sproporzionata gli effetti della crisi climatica. La connessione tra la distruzione ambientale e la violenza patriarcale suggerisce la necessità di politiche che promuovano una pace sostenibile e un'economia rigenerativa, riconoscendo il valore del contributo femminile nella costruzione di un mondo più equo e rispettoso della natura (Shiva, 2016).

L'analisi dei dati e delle politiche dimostra che la parità di genere rimane un obiettivo ancora lontano. La tutela dei diritti delle donne richiede un impegno costante, basato su un approccio integrato che combini ricerca scientifica, azione legislativa e politiche pubbliche efficaci. La riduzione delle disuguaglianze non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche una necessità per il progresso economico e democratico del Paese. Una formazione che promuova una cultura inclusiva è essenziale per garantire un cambiamento strutturale e duraturo. Il genere è solo una delle molteplici diversità che devono essere riconosciute e valorizzate, in un sistema che abbracci la pluralità delle identità e delle esperienze umane.

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donne giustizia economica e sociale pari opportunità inclusione discriminazione