Unione Africana

La Convenzione africana per il problema dei rifugiati e la Convenzione per l’assistenza agli sfollati interni

Sfollati interni del campo di Zam Zam fuori da El Fasher, Sudan.
© UN PHOTO

Convenzione che regola gli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati in Africa (1969)

La Convenzione è stata adottata ad Addis Abeba (Etiopia) nel 1969 ed è entrata in vigore nel 1974. A maggio 2019 è stata ratificata da 46 paesi. Si tratta di uno strumento giuridico vincolante composto da un preambolo e 15 articoli, di cui i primi sei articoli si occupano dello status di rifugiato e dei diritti e doveri delle persone a cui viene riconosciuto.

Il primo articolo riporta due definizioni di rifugiato. La prima definizione è mutuata dalla Convenzione ONU sullo status dei rifugiati (1951)+ e considera rifugiato ogni persona che, temendo a ragione di essere perseguitata per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui è cittadino o residente abituale e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di questo Paese o farvi ritorno.
La seconda definizione è innovativa e connessa con le problematiche geopolitiche che affliggevano il continenti al momento della stesura della Convenzione, infatti si focalizza sulla situazione di instabilità in cui può versare un Paese (aggressione esterna, occupazione, dominio straniero o gravi turbamenti dell'ordine pubblico) e che spinge i suoi cittadini o residenti abituali a cercare rifugio in un altro Stato.
Il secondo articolo si occupa del diritto di asilo e stabilisce che a nessuno può essere rifiutato di essere ammesso alla frontiera, oppure essere respinto o espulso, se questo lo dovesse obbligare a fare ritorno o a restare in un territorio dove la sua vita, integrità fisica o libertà sono minacciate (principio di non respingimento).
Il terzo articolo stabilisce i doveri dei rifugiati, proibendo qualsiasi attività sovversiva e ponendo l’obbligo di conformarsi alla normativa dello Stato d’asilo.
Il quarto articolo riporta il principio di non discriminazione di cui devono godere tutti i rifugiati, senza distinzione di razza, di religione, di nazionalità, di appartenenza ad un determinato gruppo sociale o di opinioni politiche.
Il quinto articolo norma il rimpatrio volontario, stabilendo che nessun rifugiato può essere rimpatriato contro la propria volontà. Inoltre, il ritorno deve avvenire in condizioni di sicurezza ed i rifugiati non devono incorrere in alcuna sanzione e devono poter riprendere una vita normale e pacifica.
Infine, il sesto articolo si occupa dei documenti di viaggio che devono essere forniti ai rifugiati, in modo da permettere loro di viaggiare anche al di fuori del Paese d’asilo.

La Convenzione non predispone l’istituzione di un organo convenzionale (treaty body) che possa monitorare l’attuazione dei diritti da parte degli Stati, anche se è richiesto a questi ultimi di fornire appropriate informazioni e statistiche sull’implementazione della Convenzione e sull’impianto normativo relativo ai rifugiati.

In più occasioni si è discusso sulla possibilità di rivedere le disposizioni della Convenzione, o più in generale su come affrontare le sfide che le questioni dei rifugiati e sfollati concernono. Per esempio, si possono annoverare degli incontri internazionali, spesso organizzati insieme a UNHCR e altre Agenzie ONU: le due Conferenze internazionali sull’assistenza dei rifugiati in Africa (ICARA I nel 1981 e ICARA II nel 1984), il Simposio commemorativo sui rifugiati e sugli spostamenti forzati di popolazioni in Africa (1994) e la Conferenza parlamentare regionale sui rifugiati in Africa (2004).

La Convenzione per la protezione e l’assistenza agli sfollati interni in Africa (2009)

Una delle differenze tra UA e la precedente OUA la si può ricavare dall’attenzione data anche ai diritti umani degli sfollati interni, ossia persone o gruppi di persone costretti a lasciare il loro luogo di residenza abituale per diversi motivi ma che non hanno oltrepassato i confini nazionali.
In particolare, la Convenzione per la protezione e l’assistenza agli sfollati interni porta l’attenzione sull’instabilità connessa agli spostamenti di popolazione (preambolo par. 2), ma soprattutto sulla responsabilità di rispettare, proteggere ed implementare i diritti di cui gli sfollati interni sono titolari (preambolo par. 12).

La Convenzione è uno strumento giuridico vincolante ed è stata adottata a Kampala (Uganda) nel 2009 ed entrata in vigore nel 2012. Ad aprile 2022, i Paesi che l’hanno ratificata sono 33.
Il testo è composta da 23 articoli: la prima parte è dedicata agli obblighi in capo a Stati, Unione Africana, Organizzazioni internazionali e membri dei gruppi armati (artt. 1-14); mentre la seconda concerne le disposizioni tecniche finali (artt. 15-23).

Nella prima parte vengono quindi trattate tutte le fasi dello sfollamento (prevenzione, protezione, assistenza, soluzioni a lungo termine) e tutte le possibili cause (conflitto armato, violenza endemica, violazioni dei diritti umani, disastri naturali o causati dall’uomo).
La responsabilità primaria è degli Stati, tuttavia nel caso in cui questi siano in grado di adempiervi, l’attuazione spetta all’Unione Africana, alle organizzazioni internazionali ed alle agenzie umanitarie. Infatti, la Convenzione stabilisce che gli Stati devono fornire sufficiente protezione ed assistenza agli sfollati interni e, laddove le risorse disponibili non siano adeguate, devono cooperare alla ricerca dell’assistenza di organizzazioni internazionali, Agenzie umanitarie, organizzazioni della società civile ed altri attori rilevanti (art. 5).
Gli obblighi in capo agli Stati concernono:

- obblighi generali. Tra questi rientrano il rispetto e la protezione dei diritti umani, incluso il trattamento umano, la non discriminazione e l’equo trattamento (art. 3);
- protezione dallo sfollamento interno. Prevenire ed evitare le condizioni che possono portare ad uno sfollamento, anche attraverso il diritto internazionale dei diritti umani (art. 4);
- protezione e l’assistenza. Gli Stati hanno la responsabilità primaria, ma devono anche cooperazione con altri soggetti facilitandone le attività (art. 5);
- protezione e l’assistenza durante lo sfollamento interno. Gli Stati devono rispettare i diritti dei rifugiati impedendo genocidi, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e altre violazioni del diritto internazionale umanitario nei confronti degli sfollati interni (art. 9);
- obblighi in caso di sfollamento interno legato a progetti di sviluppo di attori pubblici o privati. Gli Stati sono chiamati a prevenire i progetti che possono comportare uno sfollamento e assicurare che i soggetti interessati (ad es. le imprese multinazionali), esplorino le alternative possibili, informando e consultando le persone che potrebbero essere sfollate a causa di tale progetto (art. 10);
- dare un termine dello sfollamento. Gli Stati devono creare le condizioni per un ritorno volontario, l’integrazione locale o la ricollocazione su basi di sostenibilità e in circostanze di sicurezza e dignità (art. 11);
- compensazione. Gli Stati devono adottare un quadro normativo che assicuri effettivi strumenti di compensazione e riparazione per i danni subiti dagli sfollati interni (art. 12);
- registrazione e documenti personali. Gli Stati devono tenere un registro aggiornato degli sfollati e fornire a questi ultimi tutti i documenti di cui necessitano (art. 13).

Inoltre, le organizzazioni internazionali ed umanitarie devono rispettare i diritti degli sfollati interni ed i principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza; nonchè assicurare il rispetto dei rilevanti standards internazionali e codici di condotta (art. 6).

Per quanto riguarda l’Unione Africana (art. 8), richiamando l’atto costitutivo (art. 4), questa ha il diritto d’intervenire in uno Stato membro in caso di gravi circostanze come crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità. Inoltre, l’Organizzazione deve rispettare il diritto degli Stati a richiederne l’intervento per ristabilire pace e sicurezza, contribuendo così alla creazione di condizioni favorevoli per ricercare soluzioni durature al problema degli sfollati interni.

Infine, l’articolo 7 stabilisce degli obblighi per i membri dei gruppi armati, laddove per gruppo armato si intende una forza armata diversa da quella dello Stato. Pur affermando che tali disposizioni non devono essere interpretate al fine di legittimare i gruppi armati, e rimanendo salva la responsabilità penale individuale, l’articolo prevede una dettagliata serie di divieti in capo ai membri dei Gruppi armati, tra i quali sono ricompresi: il divieto di condurre uno sfollamento forzato e quello di negare agli sfollati il diritto a soddisfacenti condizioni di dignità, sicurezza, igiene, alimentazione, acqua, salute e rifugio.

La Convenzione stabilisce che il monitoraggio dell’implementazione della Convenzione spetta alla Conferenza degli Stati parte, da convocare con regolarità sotto l’egida dell’Unione Africana. Inoltre, gli Stati parte - nel momento in cui presentano il rapporto periodico alla Commissione per i diritti umani e dei popoli UA e quello per il meccanismo africano di esame tra pari (African peer review mechanism) - devono indicare le misure legislative e di altro tipo adottate per dare effettività alla Convenzione.

Gli organismi dedicati ai diritti di rifugiati e sfollati interni
Sono stati diversi gli organismi che nel tempo si sono succeduti e che hanno avuto come mandato quello di affrontare problematiche e sfide connesse con la questione dei rifugiati, degli sfollati interni ed in generale con gli spostamenti massicci di popolazione nel continente.
Successivamente all’ideazione della Convenzione del 1969, quindi ancora in ambito dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OAU), si possono elencare:

- la Commissione dei dieci sui problemi dei rifugiati in Africa, la quale si è poi ampliata fino a ricomprendere tutti gli Stati membri;
- l’Ufficio per il collocamento e l’educazione dei rifugiati africani (BPEAR);
- il Comitato di coordinamento e assistenza per i rifugiati (CCAR).

Con il 2002 e la creazione dell’Unione Africana, tali organismi hanno cessato di esistere oppure hanno mutato conformazione e mandato, focalizzandosi maggiormente sul tema del rispetto e promozione dei diritti umani, ed includendo tra gli obiettivi anche la questione degli sfollati interni.
Tra gli organismi nati sotto l’egida UA si elencano:

- il Sotto-comitato per i rifugiati del Comitato dei rappresentanti permanenti (PRC);
- il Comitato di coordinamento per l’assistenza e la protezione dei rifugiati, delle persone ritornate nel Paese di Origine e degli sfollati interni (CCAPRRI), organismo che va a succedere al CCAP;
- la divisione per le questioni umanitarie, i rifugiati e gli sfollati interni del Dipartimento per gli
affari politici (HARDP).

Infine, una menzione particolare spetta al Relatore speciale su rifugiati, richiedenti asilo, migranti e sfollati interni in Africa.
Tale meccanismo speciale della Commissione sui diritti umani e dei popoli è stato istituito nel 2004 e tra le sue attività rientrano:

- ricercare, ricevere, esaminare e agire rispetto alla situazione dei rifugiati, richiedenti asilo, migranti e sfollati interni in Africa;
- intraprendere studi, ricerche ed attività per trovare modalità appropriate per rafforzarne la protezione;
- intraprendere missioni d’inchiesta, investigazioni, e visitare i campi di rifugiati e sfollati interni;
- cooperare e dialogare con gli Stati membri, le Istituzioni nazionali per i diritti umani, organizzazioni governative e non-governative ed i meccanismi regionali;
- sensibilizzare e promuovere l’implementazione della Convenzione ONU sui rifugiati e le Convenzioni UA.

Ad oggi, il Relatore speciale ha adottato alcune risoluzioni sia tematiche che su un Paese specifico. Nel 2014 è stato incaricato di predisporre uno studio preliminare e una bozza di Protocollo sul diritto alla cittadinanza in Africa.

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