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La magia del sottobosco primaverile

Foto 6 - Cypripedium calceolus
© Diana Crestan

Ancor prima che l'inverno volga al termine il sottobosco annuncia la sua voglia di rinascita colorandosi di fiori, presagio della primavera che sta per giungere. 
Tuttavia le piante non fanno dispendio di così tanta energia per produrre splendide fioriture per deliziare i nostri occhi, ma per la riproduzione e la diffusione della specie. Seppur la riproduzione vegetativa o per talea è molto diffusa, il metodo migliore per assicurare maggiori probabilità di sopravvivenza della specie rimane quello sessuale. Come è ben noto i fiori contengono gli organi sia maschili, gli stami, che femminili, il pistillo. Una nozione che noi diamo per scontata, ma che ha impiegato diverso tempo per essere accettata. Quando Carl Linneo, famoso botanico e naturalista svedese del Settecento, utilizzò proprio gli organi sessuali delle piante per la loro classificazione, si alzò un coro di proteste tra gli studiosi dell’epoca. Parlare del sesso dei fiori sembrava blasfemo, così pure il ruolo degli impollinatori fece fatica a farsi accettare. La maggior parte dei fiori produce colori e odori più o meno piacevoli, con l’unico scopo di attirare gli impollinatori a cui affidano il polline necessario alla riproduzione. Per convincere gli insetti a fare da fattorini inconsapevoli, i fiori producono del nettare a cui non sanno resistere, costringendoli a volare di fiore in fiore per appagare il loro desiderio.

Sarebbe buona norma entrare in un bosco in fiore lasciando che queste straordinarie creature assolvano a un compito così importante senza essere disturbate. Raccogliere i fiori o estirpare i bulbi non sono comportamenti accettabili e in alcuni casi vietati e punibili per legge. All’interno dei Parchi Nazionali o Regionali e nelle aree protette la raccolta è sempre vietata e altresì la raccolta di specie rare e protette in ogni luogo. Sarebbe meglio evitare sempre di raccogliere fiori spontanei per non arrecare danno all’ambiente e togliere nutrimenti ad animali ed insetti che di loro si cibano. 

Camminare in un bosco è come passeggiare in un giardino altrui dove non è tollerabile distruggere le aiuole. E’ necessario mantenere un comportamento corretto, rimanere nei sentieri, evitare schiamazzi inutili, non lasciare rifiuti  e non raccogliere nulla, per permettere alla prossima primavera di risplendere nuovamente. Entrate in queste cattedrali arboree in silenzio e con rispetto, osservate con ammirazione quanta bellezza vi viene offerta e ne uscirete rinvigoriti.

Senza pretesa di essere esaustiva di seguito alcuni fiori che potrete trovare nei boschi,

Tra i primi a mostrarsi in tutta la loro bellezza appaiono i bucaneve, Galanthus nivalis, da cui Galanthus significa fiore di latte e nivalis neve. Già dal nome si intuisce che sfidano l'inverno sbucando da sotto la coltre nevosa che ancora ricopre il suolo. In antichità veniva chiamato anche "stella del mattino" perché è uno dei primi a fiorire nel nuovo anno. E' diffuso in Europa meridionale e nella zona del Caucaso e ama i boschi di latifoglie e le zone di penombra. In Inghilterra la pianta è stata introdotta dalla Regina Elisabetta, prelevata dalle regioni alpine italiane. Purtroppo lo stato di conservazione lo classifica come prossimo alla minaccia.

Foto 1 - Galanthus nivalis

Foto 1 - Galanthus nivalis (Diana Crestan)

Da febbraio a aprile fiorisce un altro fiore dai petali bianchi, il campanellino, Leucojum vernum, o falso bucaneve. La fioritura si esaurisce in poche settimane, dopodiché la pianta entra in una fase di quiescenza sopravvivendo all'aridità estiva sottoterra. In autunno, con le piogge i semi germogliano, ma la crescita rimane bloccata fino a primavera quando le condizioni sono più favorevoli.  La specie è diffusa in gran parte in Europa meridionale, in Italia la troviamo solo nell'arco alpino e nella pianura veneto-friulana.

Foto 2 - Leucojum vernum

Foto 2 - Leucojum vernum (Diana Crestan)

Dal bianco passiamo  ora ai toni del blu con la Scilla bifoglia, chiamata anche giacinto turchese . E’ diffusa in tutta l’Asia e l'Europa, ama i luoghi ombrosi e i boschi di latifoglie. La parola scilla deriva dal greco Skilla (una specia di cipolla) per il suo bulbo e bifoglia in riferimento alle uniche due foglie presenti sul fusto. Produce una tossina per difendersi dai predatori, concentrata soprattutto nel bulbo contro roditori e insetti terricoli e, seppur in misura minore, nelle foglie e nei fiori contro gli erbivori. 
In passato si credeva fosse efficace contro i morsi dei serpenti e il malocchio tanto che veniva appesa sulle porte delle case per proteggerle da ogni male.

Foto 3 - Scilla bifoglia (Diana Crestan)

A fare a gara con la Scilla per colorare di blu i boschi concorre anche l’ Hepatica nobilis o erba trinità. Il nome Hepatica deriva dal greco antico Hepatos che significa fegato, dal colore del lato inferiore delle sue foglie. Il nome comune, erba trinità, le arriva dal Medioevo quando nelle rappresentazioni religiose le sue foglie venivano usate per simboleggiare uno dei dogmi della cristianità. E’ una specie diffusa su tutto il territorio italiano escluso le isole.

Foto 4 - Hepatica nobilis (Diana Crestan)

Fra tutti i fiori del bosco citati finora  l’Erythonium dens-canis o dente di cane è il più raro ed è quindi specie protetta. Il nome dente di cane deriva dalla forma e dal colore del suo bulbo che ricorda appunto un canino. Fiorisce tra febbraio e marzo e con un unico fiore dal colore più o meno rosato da cui deriva Erythros che significa rosso.

Foto 5 - Erythonium dens-canis (Diana Crestan)

Da maggio fiorisce un’altra specie rara, la bellissima Cypripedium calceolus o scarpetta di Venere, della famiglia delle Orchidacee. Gli insetti rimangono intrappolati nel labello, la cui forma ricorda una scarpetta o pantofola, e nel cercare la via d’uscita si ricoprono di polline pronti per impollinare un altro fiore.
La sua bellezza è la causa della sua forte diminuzione, colpa dell'eccessiva raccolta. Lo stato di conservazione la classifica come prossimo alla minaccia, si raccomanda vivamente di non raccogliere o estirpare le piante.

Foto 6 - Cypripedium calceolus

Foto 6 - Cypripedium calceolus (Diana Crestan)

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