costruzione della pace

Proposta di società civile per un intervento di pace nei territori della ex Jugoslavia, 1991

Logo Centro di Ateneo per i Diritti Umani "Antonio Papisca", Università di Padova

Al termine del digiuno propositivo, protrattosi a staffetta dal 21 al 25 novembre 1991, per iniziativa del Centro diritti umani dell’Università di Padova e con la collaborazione di gruppi di volontariato e associazioni, tra le quali Beati i costruttori di pace, Associazione per la pace, Lega obiettori di coscienza, e singoli cittadini, è stato elaborato il seguente documento.

Di fronte alla tragedia della guerra nella ex federazione jugoslava, noi, membri di società civile, affermiamo il nostro diritto e la nostra volontà di intervenire politicamente per far cessare le violenze tra le popolazioni coinvolte nel conflitto e favorire il processo di pace nella regione. La situazione è degenerata non soltanto perché alla sua origine stanno antiche rivalità etniche, ma anche e soprattutto perché la conflittualità è stata “legittimata” ed esasperata dalle istituzioni governative operanti in quei territori e dalla inerzia, dai mercanteggiamenti, dalla Realpolitik degli stati terzi e delle istituzioni internazionali che avrebbero subito dovuto attivarsi in funzione di pacificazione, in conformità a principi e norme di diritto internazionale, a cominciare dal diritto di auto-determinazione dei popoli.

La pur doverosa, indispensabile e meritoria opera di assistenza ai profughi non solleva i governi dalla responsabilità di non aver agito in tempo utile per prevenire le situazioni che hanno generato il doloroso distacco della gente dalle proprie case. La società civile non si rassegna a tutto ciò e propone un’iniziativa di pace invitando pressantemente le parti in causa e le istituzioni di governo, regionali, nazionali e internazionali, a volerla coraggiosamente fare propria. Nel definire questa proposta ci richiamiamo ad alcuni principi fondamentali della convivenza tra le nazioni, ispirati al nuovo diritto internazionale dei diritti umani, che si impongono agli stati come precisi obblighi giuridici.

1. Principio di priorità delle norme sui diritti umani rispetto a qualunque altra regola giuridica: nel diritto internazionale esse costituiscono jus cogens che prevale sugli altri obblighi internazionali dello stato (Statuto dell’ONU, artt. 55 e 56; Patti internazionali sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali del 1966; Convenzione contro la tortura del 1984; Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia del 1989; Atto finale di Helsinki, 1975, principio VII);

2. Diritto di autodeterminazione dei popoli: è anch’esso un diritto umano fondamentale riconosciuto dall’identico articolo 1 dei Patti internazionali del 1966 e dal principio VIII dell’Atto finale di Helsinki;

3. Principio di soluzione pacifica delle controversie: l’impiego della forza armata è incompatibile con l’obiettivo di una pace rispettosa dei diritti umani (Statuto dell’ONU, artt. 1.1 e 2.3; Documento conclusivo della CSCE di Vienna, 1989, Questioni relative alla sicurezza in Europa, principio VI; Carta di Parigi per una nuova Europa della CSCE, 1990);

4. Divieto della minaccia e dell’uso della forza: non solo nelle relazioni internazionali (Statuto dell’ONU, art. 2.4), ma anche all’interno degli stati (Patto internazionale sui diritti civili e politici, 1966, art. 6: “Il diritto alla vita è inerente alla persona umana”; Convenzione sul crimine internazionale di genocidio, 1948; Convenzione contro la tortura, 1984, art. 2; Documento CSCE, 1989, principio VI; Carta di Parigi, 1990);

5. Diritto-dovere di ingerenza pacifica negli affari interni degli stati in presenza di, e per prevenire le, violazioni di diritti umani: l’intervento deve essere attuato pacificamente (Cfr. Documento conclusivo della CSCE di Mosca sulla dimensione umana, 4 ottobre 1991; Risoluzione A3-221/91 del Parlamento europeo sui diritti umani nel mondo nel 1989 e 1990 e sulla politica comunitaria dei diritti umani; Documento della Commissione diritti umani della Helsinki Citizens’ Assembly, 1991, presentato alla Conferenza della CSCE di Mosca, principio V);

6. Divieto di annessioni territoriali o di modifica dei confini con atti di forza (Atto finale di Helsinki; Carta di Parigi, 1990; Documento conclusivo della CSCE di Mosca, 1991);

7. Democrazia e partecipazione politica popolare dentro gli stati e nelle relazioni fra stati (Preambolo dello Statuto dell’ONU; Patti internazionali del 1966; Documenti finali della CSCE).

Come membri responsabilmente attivi di società civile, invochiamo questi principi e norme di diritto internazionale per richiamare i governi degli stati e le istituzioni internazionali agli obblighi giuridici che a loro incombono. Chiediamo in particolare al nostro governo, ai nostri parlamentari, alle nostre istituzioni regionali impegnate nella Comunità di lavoro Alpe Adria, di prendere in considerazione le nostre proposte.

Chiediamo subito forme di ingerenza pacifica nell’ex federazione jugoslava, nel rispetto di tutti i principi prima richiamati e non soltanto di quello relativo all’uso di strumenti militari ai sensi del Capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite.

L’intervento della comunità internazionale, articolato in una Forza di interposizione (Caschi blu) e in una Forza civile di pacificazione attiva, deve avvenire con urgenza e sotto la diretta responsabilità di un’Alta autorità sopranazionale per la pace nei territori della ex Jugoslavia.

A) Alta autorità sopranazionale per la pace nei territori della ex Jugoslavia

Norme di riferimento: il nuovo diritto internazionale dei diritti umani prima richiamato.

Investitura: accordo tra ONU, CSCE, CE.

Composizione:

a) ONU (Segretario generale, Segretario generale aggiunto per le questioni della sicurezza; Segretario generale aggiunto per i diritti umani; Alto Commissariato per i rifugiati; Direttore generale dell’Unicef);

b)rappresentanza CSCE;

c)rappresentanza Comunità europea (Commissione, Cooperazione politica europea, Parlamento europeo);

d)Presidente in carica della Comunità di lavoro Alpe Adria;

e)Presidium della Helsinki Citizens’ Assembly in rappresentanza della società civile internazionale.

Funzioni:

a) orientare e controllare la Forza di interposizione e coordinarla con la forza civile di pacificazione;

b)attivare la conferenza di pace fra le parti in causa;

c)controllare il disarmo delle forze belligeranti;

d) favorire l’allestimento di un sistema di sicurezza in Europa e nel mondo partendo dalla Carta delle Nazioni Unite e dai Documenti conclusivi della CSCE.

B) Forza di interposizione (Caschi blu)

Composizione: militari messi a disposizione da stati membri dell’ONU, della CSCE, della Comunità europea.

Comando: sopranazionale, non multinazionale; cioè autorità e gestione diretta dell’ONU, coadiuvata da CSCE e Comunità europea.

Funzioni:

a)agire da “cuscinetto” tra i belligeranti;

b)sorvegliare il rispetto del “cessate il fuoco”;

c)mantenere un clima favorevole al negoziato;

d)collaborare con la Forza civile di pacificazione attiva.

Dotazione: strumenti di sicurezza internazionale, cioé non di offesa o attacco

C) Forza civile di pacificazione attiva

Investitura: strutture indipendenti di società civile.

Composizione:

a) associazioni nongovernative di volontariato internazionale e locale (croato, serbo, albanese, ecc.), coordinate dalla Helsinki Citizens’ Assembly;

b) enti umanitari (Unicef, Alto Commissariato Rifugiati, Croce Rossa, Caritas Internazionale, ecc.); 

c)rappresentanza di Alpe Adria;

d)rappresentanza delle Chiese e confessioni religiose;

e)obiettori di coscienza e disertori-operatori di pace (peace-makers);

f)“rete” delle donne e delle madri jugoslave.

Funzioni sul territorio dei paesi della ex Jugoslavia:

a) agire capillarmente all’interno del tessuto sociale, politico, culturale e religioso;

b) apprestare servizi sociali di base (assistenza a bambini e anziani, ricongiungimento famiglie, rientro dei profughi, ecc.);

c) favorire e intensificare il dialogo interetnico, interculturale e interreligioso;

d) favorire il ripristino e il mantenimento della comunicazione fra le varie società e popoli della ex Jugoslavia;

e)promuovere attività di educazione a pace e diritti umani;

f)creare reti di informazione (scritta, radiofonica, televisiva) alternative all’informazione belligena.

In particolare gli obiettori di coscienza e i disertori-operatori di pace costituiranno un corpo non-armato e nonviolento col compito, tra gli altri, di garantire l’agibilità di scuole, ospedali, chiese e di tutelare la sicurezza fisica e la libertà di tutti coloro che hanno rifiutato l’uso delle armi. Quest’ultima funzione dovrà essere esercitata in stretto coordinamento con la rete delle donne e delle madri attiva nelle varie Repubbliche e Province.

D) Azione diplomatica complessiva

Obiettivi:

1. elaborare un progetto di sistemazione territoriale definitiva che tenga conto, tra gli altri, dei seguenti elementi:

a) rispetto del diritto di autodeterminazione dei popoli, nel pieno rispetto di tutti gli altri diritti umani e dei diritti delle minoranze;

b) costituzione di entità territoriali indipendenti non-armate (sovranità non-armata);

c) costituzione di zone territoriali transnazionali con statuto internazionale speciale (aree con forte presenza multietnica);

d) impegno delle istituzioni europee – fondamentalmente CSCE e Comunità europea – a creare un sistema di sicurezza europeo (quale parte essenziale della Casa comune europea) agganciato al sistema di sicurezza delle Nazioni Unite debitamente democratizzato;

2. fare negoziare le parti in causa per la nuova sistemazione territoriale e politica della ex Jugoslavia;

3. indurre al disarmo le forze in campo e sovrintendere al “conferimento all’ammasso” e alla distruzione delle armi.

Ci attiviamo presso la Helsinki Citizens’ Assembly (Presidium e Segretariato internazionale a Praga) affinché prenda l’iniziativa di costituire la Forza civile di pacificazione attiva, nel quadro della strategia già avviata con il primo incontro di società civile svoltosi a Belgrado nel luglio 1991 e la Carovana per la pace realizzata da Trieste a Sarajevo nel mese di settembre 1991.

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