Consiglio dell'Unione Europea: "dialogo annuale sullo stato di diritto"
Andrea Cofelice, ricercatore del Centro Studi sul Federalismo, ha recentemente pubblicato un comment riguardante le prime valutazioni del Consiglio Affari generali dell’Unione Europea sul “dialogo annuale sullo stato di diritto”. Esso consiste in un meccanismo di natura politica, istituito nel dicembre 2014 in seno al Consiglio, con l’obiettivo di promuovere tra gli stati membri la diffusione di una cultura del rispetto dello stato di diritto, attraverso il dialogo, la collaborazione e la condivisione di buone pratiche, in un’ottica essenzialmente preventiva (e non sanzionatoria).
Si è proposto di trasformarlo in un meccanismo di “revisione tra pari” (peer review), che consenta di verificare periodicamente il rispetto dello stato di diritto nell’UE non per grandi temi, come fatto finora, ma con riferimento al comportamento di ciascun paese. Il Consiglio, non avendo avuto una reazione positiva da parte dei propri membri, ha deciso di proseguire con l’attuale dialogo sullo stato di diritto a modalità invariata, rinviando ogni valutazione sulla possibilità di trasformarlo in un meccanismo di peer review alla fine del 2019.
A fronte di un Consiglio diviso e una Commissione riluttante ad attivare nuove procedure, il Parlamento europeo ha assunto un ruolo di honest broker. Dopo aver approvato a maggioranza assoluta una risoluzione presentata dal gruppo ALDE (Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa) con l’obiettivo di adottare misure sistematiche per il monitoraggio del rispetto della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti fondamentali negli stati membri, il Parlamento ha chiesto alla Commissione di presentare, entro settembre 2017, una proposta per la conclusione di un Patto dell’Unione sulla democrazia, lo stato di diritto e i diritti fondamentali ("Patto DSD") sotto forma di accordo inter-istituzionale che stabilisca le modalità di cooperazione in materia tra le istituzioni europee, gli stati membri e i parlamenti nazionali.
Tuttavia, tenuto conto dell’attuale clima politico e della acclarata riluttanza di Commissione e Consiglio a creare nuovi meccanismi, secondo il ricercato Cofelice, il Parlamento europeo potrebbe istituire una propria Commissione di monitoraggio, incaricata di dialogare con i parlamenti nazionali, o attribuire tale funzione alla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, contribuendo in tal modo a plasmare una cultura condivisa dello stato di diritto quale valore fondamentale degli stati membri e delle istituzioni europee. Per altro procedura già consolidata in altre istituzioni parlamentari internazionali, come per esempio quando nel 1997, con la Risoluzione 1115, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa istituì uno specifico Comitato di monitoraggio con il mandato di verificare periodicamente l’adempimento, da parte di tutti gli stati membri, degli obblighi assunti in materia di diritti umani. L’acquisizione di tale funzione di monitoraggio ha rappresentato una iniziativa autonoma da parte dell’Assemblea, che non aveva ricevuto alcuna autorizzazione da parte degli stati o di altre istituzioni dell’organizzazione.