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Fondazione Leone Moressa: pubblicato il rapporto 2019 sull’economia dell’immigrazione

Fondazione Leone Moressa, Rapporto 2019 sull'economia dell'immigrazione

La Fondazione Leone Moressa ha pubblicato il IX rapporto sull’economia dell’immigrazione, dedicato nel 2019 a: “La cittadinanza globale della generazione millennial”. Il rapporto affronta le tematiche del valore dell’immigrazione, il profilo degli immigrati in Italia, il declino demografico dell’Italia, la fuga dei giovani e relativo costo ed il gap tra giovani italiani e i coetanei europei.

Secondo il rapporto, in Italia, negli ultimi anni, la presenza straniera è rimasta stabile: gli stranieri residenti in Italia sono 5,2 milioni pari all’8,7% della popolazione. Il saldo migratorio, la differenza tra il numero di immigrati e quello di emigrati, è rimasto positivo (+245.000) ma sembrano cambiate le motivazioni dei nuovi arrivi: sono prevalsi i ricongiungimenti familiari, seguiti dagli arrivi per motivi umanitari, pochi gli ingressi per motivazioni lavorative.

In percentuale, è apparsa di poco maggiore la presenza delle donne (52%) rispetto alla presenza maschile. Gli stranieri arrivano prevalentemente dall’Est Europa (45% del totale). Tra le prime nazionalità la Romania rappresenta il 23% sul totale degli stranieri, l’Albania l’8,4% ed il Marocco l’8%; la maggior parte degli immigrati è presente sul territorio italiano da oltre dieci anni. Sempre nel corso dello scorso anno i lavoratori stranieri sono stati 2,5 milioni, quindi il 10,6% sul totale degli occupati e la ricchezza prodotta dai lavoratori stranieri è stata pari a 139 miliardi di euro (9% del PIL); nell’ordine i settori che hanno visto più stranieri occupati sono: agrario, costruzioni e commercio, alberghi e ristoranti.
Il contributo economico dell’immigrazione è stato prodotto da oltre 700 mila imprenditori nati all’estero e, da un punto di vista fiscale, da 2,3 milioni di contribuenti, che hanno versato 13,9 miliardi di contributi previdenziali e assistenziali versati.

L’Italia, negli ultimi anni, ha registrato un declino demografico: massiccia la presenza di anziani, si registrano meno nascite e aumentano i giovani italiani che decidono di emigrare all’estero. Allo stesso tempo, da un decennio, sono state chiuse le porte agli immigrati regolari nell’illusione che i disoccupati italiani possano svolgere le professioni manuali dimenticando che gli oltre 5 milioni di stranieri residenti in Italia oggi rappresentano una forza vitale per il paese. Nascono sempre meno bambini, 1,32 per ogni donna, mentre aumentano gli anziani. Ciò significa, secondo quanto stimato dall’Istat, che nel 2038 gli over 65 saranno un terzo della popolazione e ciò sarà determinante per gli squilibri economici: più disoccupati e più pensionati.

In circa dieci anni 500 mila italiani, di cui 250 mila giovani compresi in una fascia d’età tra il 15 e 34 anni, si sono spostati all’estero determinando un costo di 16 miliardi di euro: questo il valore aggiunto che i giovani emigrati potrebbero realizzare se occupati in Italia. Tra le cause delle partenze, sicuramente la scarsa offerta di lavoro in Italia. Infatti il tasso di disoccupazione, registrato nella fascia d’età compresa tra i 25 ed i 29 anni, è il terzo più alto in Europa, in coda a Grecia e Spagna. Nella stessa fascia d’età, il tasso NEET, cioè di chi non studia e chi non lavora, è pari al 30,9% molto più alto della media europea che è del 17,1%. Ancora più preoccupante è il livello di istruzione dei giovani italiani, decisamente basso: nella stessa fascia d’età solo il 27,6% è laureato, con 12 punti in meno rispetto alla media UE.


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