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La Camera approva una mozione per condizionare i respingimenti verso la Libia al rispetto da parte di Tripoli dei diritti dei rifugiati

Emiciclo della Camera dei Deputati
© Parlamento Italiano

La Camera dei Deputati, nella seduta del 9 novembre 2010, ha adottato, con un voto a maggioranza trasversale agli schieramenti politici, una mozione che impegna il governo, in vista della attuazione e revisione del trattato di amicizia italo-libico, a chiedere "con forza" alla Libia la ratifica della Convenzione sullo status dei rifugiati e la ripresa dell’operatività nel paese dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Rifugiati delle Nazioni Unite, e a condizionare a tali atti il proseguimento della politica italiana di respingimenti di migranti verso tale paese.

Il “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista” è entrato in vigore il 19 febbraio 2009 a seguito della legge di ratifica e esecuzione del 6 febbraio 2009, n. 7. La legge è stata approvata dal parlamento italiano con un’ampia maggioranza, ma non all’unanimità.

Il Trattato ha reso possibile la conclusione di un certo numero di ulteriori accordi bilaterali tra Italia e Libia in materia industriale, economica, culturale, ecc. I punti più controversi, su cui si era concentrato a suo tempo lo scontro politico, riguardavano l’impegno italiano ad investire cinque miliardi di euro in vent’anni per la costruzione di infrastrutture in Libia, in cambio dell’abolizione delle restrizioni finora poste agli investimenti privati italiani nel paese e, soprattutto, le norme riguardanti la collaborazione tra i due stati nel pattugliamento delle coste per contrastare l’immigrazione clandestina e reprimere il traffico di persone. Sulla base delle norme del trattato, il governo italiano ha adottato alcuni discussi provvedimenti che hanno reso possibile il respingimento verso la Libia di persone intercettate in mare e dirette verso l’Italia per entrarvi irregolarmente, tra le quali possono figurare anche potenziali rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951.

Alcune mozioni poste alla discussione del Parlamento nelle sedute dell'8 e 9 novembre si ponevano in termini apertamente critici verso il trattato e sono state respinte. La principale mozione approvata in materia (la n. 1-484) parte invece da un generale apprezzamento nei riguardi del trattato (primo firmatario Antonione, del Popolo delle libertà). Essa impegna il governo ad approfondire il partenariato con la Libia, nonché “a svolgere un ruolo di stimolo, avvalendosi dell'esperienza maturata nei rapporti con la Libia e dell'eccellente stato delle relazioni bilaterali, sulla tematica del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali”. Il testo inoltre impegna l’esecutivo  “a proseguire nella collaborazione con Tripoli in materia di lotta all'immigrazione clandestina e di contrasto alle attività delle organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani, lungo le linee direttrici delineate in questi ultimi mesi che hanno consentito un radicale ridimensionamento nell'afflusso di clandestini sulle coste italiane”.

Nel corso della discussione in aula, l’on. Mecacci (Partito democratico) proponeva un emendamento al testo presentato dai parlamentari del PDL e della Lega Nord, che aggiungeva un ulteriore impegno per il governo, quello cioè “a sollecitare con forza le autorità di Tripoli affinché ratifichino la Convenzione Onu sui rifugiati e riaprano l'ufficio dell'Unchr a Tripoli, quale premessa per continuare le politiche dei respingimenti dei migranti in Libia”.

Il governo, interpretando il senso dell’emendamento, proponeva di sostituirlo con una formula meno perentoria, ovvero con l’espressione “sollecitare le autorità libiche a proseguire la collaborazione in materia migratoria, nel pieno rispetto delle norme e degli standard internazionali; ad assicurare la piena operatività dell'Ufficio UNHCR a Tripoli e a ratificare la Convenzione ONU sui rifugiati”.

Sull’emendamento Mecacci è sorta una vivace discussione durante la seduta del 9 novembre, con la partecipazione di alcuni tra i maggiori esponenti dei diversi gruppi parlamentari, nonché del ministro degli esteri Frattini. La nuova formulazione della mozione 1-484, infatti, comprensiva dell’emendamento Mecacci, non appariva accettabile agli stessi firmatari della mozione originaria, che infatti la ritiravano. Essa veniva però fatta propria dal gruppo parlamentare “Futuro e libertà” (finiani), potendo così essere messa ai voti. Su di essa convergeva a questo punto il sostegno anche di tutti i partiti di opposizione. La discussione si faceva dunque particolarmente aspra, con gli esponenti del Pdl e della Lega Nord che evidenziavano come la mozione si prestasse, nella nuova formulazione, a sconfessare l’intero regime dei “respingimenti”, tassello essenziale nella politica di lotta alla clandestinità. Si innestavano inoltre considerazioni di ordine politico interno, che evocavano la polemica tra i gruppi parlamentari fedeli al governo e quelli che, pur dall’interno della maggioranza, lo appoggiano in modo selettivo. Alcuni oratori facevano notare che in effetti la mozione non necessariamente sconfessava la politica dei respingimenti, ma si riprometteva di impegnare la Libia non solo nell’accettare le persone respinte dall’Italia come immigrati irregolari, ma anche a procedere essa stessa all’accertamento della eventuale presenza, tra i migranti irregolari, di individui che hanno i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato.

Il Ministro degli esteri nel suo intervento ha citato un recentissimo memorandum tra Libia e Unione Europea, dove si offre collaborazione allo stato africano per sostenere la sua azione in favore dei richiedenti asilo. Ha anche fatto osservare che la Libia, pur non avendo ratificato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, tuttavia è parte della Convenzione dell’Unione Africana del 1969 sugli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati in Africa. (Quest’ultima però è strettamente complementare alla Convenzione di Ginevra, e non contiene quasi nessuna delle disposizioni sulla condizione personale del richiedente asilo e del rifugiato che invece sono dettagliatamente comprese nella Convenzione del 1951, così che la ratifica della Convenzione dell’Unione Africana, in mancanza di adesione a quella di Ginevra, produce ben pochi effetti pratici.)

Alla conta dei voti, la mozione 1-484, integrata con l’emendamento Mecacci, ottiene la maggioranza. Sui 552 presenti e 551
votanti, hanno votato sì in 281
 (la soglia di maggioranza era 276) e hanno votato no in 270.

Il voto ha ssunto, nel corso della discussione, un crescente significato politico nel quadro delle controversie interne alla maggioranza che sostiene il governo, cosa che ha rischiato di oscurare la portata della mozione sul piano della politica internazionale del nostro paese. La mozione della Camera potrà dimostrarsi un importante strumento nelle mani dell’esecutivo italiano per indurre la Libia a fermare le pratiche di diffusa violazione dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo che attraversano il suo territorio in direzione dell’Europa, e ad offrire, tramite l’azione dell’UNHCR, un aiuto effettivo a quanti fuggono da persecuzioni e guerre.

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